Il lifting alla storia

di Lea Melandri

 


Kathe Kollwitz

 

 

"Il programma di 10 anni fa non è invecchiato: antico ed eterno come l'aspirazione più antica dell'uomo: la libertà. Abbiamo cercato la libertà, ci battiamo per la libertà, questo è il filo di Arianna che guida Forza Italia". C'è un modo illusorio, ma di sicuro effetto, per evitare che una forza politica si debba confrontare con i risultati concreti del suo progetto: trasformare la celebrazione di un decennale in una rinascita, abolire la storia e sacralizzarla come luogo di valori intramontabili. La scenografia scelta da Forza Italia per dire che niente è cambiato dal giorno della "provvidenziale" "discesa in campo" di Silvio Berlusconi, ha corrisposto essenzialmente a due imperativi: fermare il tempo e sostituire una realtà spiacevole con la costruzione visionaria di un mondo "meraviglioso".

Se il colore azzurro dominante chiudeva sapientemente il cerchio tra l'acqua, "elemento primo della vita umana", e il cielo, suo traguardo ultimo, a dar corpo all'illusione hanno contribuito soprattutto le arti più antiche dell'inganno, la cosmesi e la retorica, quelle con cui i Sofisti, a detta di Platone, insidiavano la probità dei cittadini ateniesi. Il dimagrimento e il lifting hanno sicuramente hanno avuto l'effetto di sovrapporre e confondere le due immagini del leader, quella del'94, ritrasmessa in apertura, e quella attuale, mandando un messaggio di incorruttibilità: la perenne "primavera" di Forza Italia e il tetro "inverno" dei suoi oppositori.

Ma il più forte disconoscimento della storia che ha segnato gli anni del governo Berlusconi è venuto per il tramite della parola, convinta della propria autosufficienza e del proprio potere, infantile e sacro, di creare realtà, far vivere idee e sogni, riunire in sé, come in un indistinto corpo mistico, la molteplicità delle presenze e delle voci. Tutte le forme di totalitarismo si reggono su un indebolimento delle differenze e sul predominio di un modello unico. Mai, come in questa occasione, il "noi", più volte usato da Berlusconi, è sembrato fondersi con la sua storia particolare, per dar vita immaginariamente a una creatura terza, perfetta e armoniosa, il Silvio Berlusconi descritto da se stesso in terza persona ed esaltato dai suoi cerimonieri come "evento spirituale", "salvezza" e "speranza" per tutti, artefice della "nuova Italia". In questa ostentata personalizzazione della politica -l'Italia chiamata a far propria l'"impresa collettiva", l'"avventura", il sogno, la ricchezza del più potente dei suoi concittadini- , c'è tuttavia un aspetto inedito, irriducibile alla crisi dello Stato e delle sue istituzioni. Le differenze che vengono cancellate non sono più solo quelle garantite dalla costituzioni democratiche, ma anche quelle su cui si è retto per millenni l'ordine dei padri:il maschile e il femminile.

Non è solo il "sovrano" che avanza, ma la figura di un mitico androgino, "divinità duplice", ricongiungimento armonioso di ciò che la civiltà ha diviso: il sogno e la attualità, la libertà dell'individuo e l'equità sociale, la competizione e la solidarietà, le arti femminili della seduzione e la virile battaglia contro il nemico. La femminilizzazione dela politica non è tanto lo spostamento sulla scena pubblica di una sfera di affetti riservata alle donne -il cuore, le lacrime, gli abbracci, il trucco, ecc.-, ma l'integrazione nella figura di un potere autoritario di elementi accattivanti, tali da renderlo in larga misura sopportabile.

(Carnet- marzo 2004)