Barbara Mapelli traccia un passaggio

di Donatella Bassanesi

Il libro di Barbara Mapelli Dopo la solitudine a partire dal titolo invita a una riflessione tra un prima di solitudine e un dopo.
Prima è la solitudine dell’uomo. Si colloca in un sé Doppio e fondativo che si conclude con l’uccisione di una parte (così si fondano le città, Romolo e Remo). Così si pone la legge più generale della città a ragione della quale sempre c’è un vincitore e un vinto (asservito che regge sulle sue spalle chi lo ha vinto). Questo significa che, con la figura del Doppio, il maschile si costituisce, proprio nella duplicazione e successiva uccisione, come eliminatore dell’altro (non c’è altro da sé, l’Io domina, il potere si fa tirannico, paradossalmente, proprio a ragione di un’amputazione).

A partire da lì si costituisce il vivere sociale che ingloba storicamente le donne (costrette in ruoli subordinati, che tuttavia di quel Doppio devono tenere conto).
Prima è anche solitudine in presenza dello specchio stregato e deformante (che Barbara riesamina riferendosi a V. Woolf). Costituito da una donna che, cadendo inconsapevolmente nella trappola di un ruolo socialmente accettato ingigantisce l’uomo riducendo se stessa a figura-immagine, alle due dimensioni, uno spettro che è ombra e traccia di una menzogna.

Dunque una società chiusa che deriva e produce la solitudine di un sistema insieme difensivo-offensivo amputato.
Questa la legge generale. Eppure infra si intravede un passaggio che sta tra il prima e il dopo: la solitudine come passaggio.
Quando il pensiero fattosi critico si stacca dal prima (che è accettazione del dato), verso un dopo di cui sappiamo poco (fabuloso) ma di cui intravediamo qualcosa, un percorso che desidereremmo fosse pur non sapendo realmente cosa potrebbe essere, un dopo che si distacca dal prima, e non è semplicemente una questione temporale sta in mezzo frammentariamente nel presente come parte nascosta (il suo ‘silenzio’ è la domanda).

É l’indeterminatezza di un percorso non tracciato ma che passi vanno tracciando in una solitudine necessaria che non è isolamento (essere fuori dal mondo), al contrario pongono sulla soglia, il luogo dove sta chi scrive, testimone e guardiano del libro che è il suo doppio, dove apre un varco, incontra l’altro e perciò si stacca dall’uno. Solitudine questa che si colloca (in un certo modo sta nel titolo di questo libro) tra un prima (implicito) e un dopo; ossia in quella fessura tra dato e possibile che non-è ma-è anche tra passato e futuro, il luogo più appropriato del pensiero. Solitudine dunque come luogo di riflessione e di passaggio, ascoltando storie, quelle che qui ritroviamo e ci spostano facendoci procedere da un mondo chiuso e immobile verso una possibilità “forse” di “inventarne un altro”, scrive Barbara nell’introduzione.

Perché è “una storia di solitudine, inizialmente”, ci porta a riflettere intorno al silenzio e a interpretare i silenzi, andando verso ciò che abbiamo rimosso, abbiamo cercato di non vedere, che tuttavia forse fa parte di quel silenzio per il quale i pensieri prendono forma, consistenza, vengono al mondo e possono diventare azioni, ossia ci permettono di “stare in questo mondo e pensarne, progettarne un altro”, ma anche ci lasciano vedere fino in fondo questo mondo e le sue trappole, i suoi inganni e gli orrori che producono, con i quali quotidianamente conviviamo (anche e specialmente la doppia immagine che risulta dallo specchio stregato e deformante, segno di un potere che si regge sulla falsificazione, privato e deprivante, teso a distruggere la realtà) che se non ‘visti’ rimangono ‘eterna’ inconciliabilità, conflitto permanente non solo tra maschile e femminile, ma ancora più profondamente tra sé e sé, tra sé e mondo.

 

Barbara Mapelli
Dopo la solitudine.
Pedagogia narrativa tra donne e uomini
Mimesis edizioni, 2008, Euro 14,00

 

22-02-2008