Noi femministe del sud, il nostro guadagno, la nostra piazza

 di Stefania Cantatore, Simona Ricciardelli, Ersilia Salvato*

 
Milano, 14 gennaio 2006

Sono usciti dal silenzio, loro, i nostri amministratori, i nostri politici, le massime cariche regionali della Campania. E’ stata approvata in tutta fretta una legge regionale sul parto (su cui le donne delle associazioni e delle istituzioni avevano lavorato da più di 8 anni); si sono visti pubblici convegni sull’autodeterminazione anche in realtà di provincia; il termine “legge 194” è stato usato con disinvoltura; siamo state invitate a discussioni sulle tematiche del Cartello in scuole ed assessorati.

E’ di ieri l’impegno autorevole del governatore Bassolino alla sperimentazione della pillola Ru486 in Campania.

Cosa è accaduto nelle ultime tre settimane, e non solo a Napoli? Si sono mossi tutti: collettivi, associazioni, singole un po’ defilate, donne intellettuali, donne di sindacati, partiti, istituzioni. Superate le distanze, trovati i modi per stare insieme, senza rinunciare alla propria radicalità; ci sono state anche assenze, defezioni, rincorse.

Tutto questo ha smosso l’impegno delle istituzioni. Certo alle parole devono seguire i fatti; le contraddizioni ed i conflitti di interesse non mancano. Ci attende un grande lavoro!

Come faticosissimo è stato il lavoro preparatorio della manifestazione di oggi, nel quale è servita anche una bella dose di disobbedienza. Le censure e le svalutazioni si sono fatte sentire in queste tre settimane. Il tentativo di arrestare (o attestare) il femminismo, come pensiero e pratica delle donne, a Roma, c’è stato.

La riduzione del movimento meridionale ad un ambito minore, come la difesa della legge e della salute della donne (che tra l’altro minore non è) è ancora in corso; solo la manifestazione potrà dire. Noi però, le donne del femminismo storico, quelle che hanno attraversato il pensiero della differenza ed agito le pratiche della relazione, quelle già inserite nei meccanismi del potere e quelle che ci vogliono fare i conti, quelle della nonviolenza e le giovani dei centri sociali, quelle che siamo, il nostro guadagno ce lo siamo preso.

E non è l’unità tra di noi che pure è stata alla base del successo di una autorganizzazione; né la riscoperta delle nostre reti o di come possiamo ancora lavorare insieme; o la necessità per le donne dei partiti di smarcarsi dall’ordine burocratico e patriarcale; tutte cose sacrosante.

Ma il guadagno di questi mesi è piuttosto il percepire attraverso l’altra le cose che abbiamo fatto e quelle che non siamo più disposte a tollerare; l’evidente bisogno di un riavvio della elaborazione teorica, per la quale Napoli ha tutte le carte in regola, e la chiarezza del percorso e della radicalità femminile nelle lotte che caratterizzano l’oggi.

Della manifestazione che oggi alle 14 si muoverà da piazza del Plebiscito a Napoli, la piazza dei grandi eventi che sarà per un giorno la piazza della protesta femminile e della richiesta di nuove forme di libertà e di autodeterminazione, i numeri non sono dicibili.

Così fu anche a Milano; il successo era nell’aria ma non come è stato, grande, imponente e ricco, al di là di ogni immaginazione. Usciamo dal silenzio dicevamo a Milano e qualcuna pensava che il nostro silenzio fosse sordità maschile.

In Campania si parla già da un po’ al femminile; si è parlato con un programma della “tavola delle donne dei partiti” al candidato Bassolino per la Regione, si è parlato di direttiva Bolkenstein, di beni comuni, di lavoro e di cura dai coordinamenti dalle associazioni; si parla sulla politica internazionale dalle Donne in Nero, dei principi fondanti dello Statuto regionale dalla Consulta Femminile; si è parlato molto nel referendum sulla fecondazione assistita della salute, della ricerca.  

Ma col silenzio degli uomini e delle istituzioni dovevamo fare i conti. Miracolosamente sono usciti dal silenzio. E dunque la lotta paga; perciò non abbiamo fatto distinzione, senza temere di perdere identità; perciò la manifestazione accoglie soggetti e tematiche differenti.

Il desiderio femminile è all’origine della vita; su questo ormai non c’è più nulla da dire.

La libertà delle donne è garanzia di pace, lavoro, sviluppo, cultura.

E la legge 194? E’ un livello minimo: non solo perché c’è e non sarebbe facile o addirittura possibile sostituirla, cambiarla, manometterla; è il confine, la linea entro cui muoversi, il messaggio accessibile a tutti. Ma è anche ormai la legge delle donne e ripropone dunque quello che Alessandra Bocchetti definì «l’unico segno scritto della cittadinanza femminile nei nostri ordinamenti».  

Sul palco con le artiste, ci sarà Luz Estela Castro e dopo lo spettacolo, alle 19 alla Libreria Evaluna le Donne in Nero parleranno con lei dell’uccisione continua e costante delle giovani messicane di Ciudad Juarez.

Domenica alle 10 sempre ad Evaluna il gruppo “Città Vicine” incontrerà donne e uomini interessati ad uno sguardo differente sulla città, sull’urbanistica e sulla convivenza. Ma le iniziative da portare avanti piovono e l’agenda si fa nutrita.  

 

*Donne Laiche di Sinistra per il Cartello sull’Autodeterminazione della Campania  

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 11 febbraio 2006