IL TEMPO DELLA PAROLA ALLE DONNE
Il gruppo donne della Comunità cristiana di base di Oregina

 

Da che pulpito vien la predica!

             Con quale autorità e in base a quali conoscenze o esperienze vari vescovi e cardinali, proprio loro che, per scelta, sono tutti celibatari e misogini, si permettono di dettar legge sulle tematiche relative alla maternità e paternità, sull’interruzione della gravidanza, sulla fecondazione assistita e sulle unioni civili tra conviventi? A quale “fonte” morale, che non  sia sessista, ci richiamano?

             Noi donne delle Comunità Cristiane di base consideriamo le gerarchie ecclesiastiche organismi maschilisti, autoritari e sessisti: essi non sono stati voluti da Gesù Cristo, il quale indicava alle sue amiche ed ai suoi amici che tra loro non dovessero esservi “né padri, né maestri” (v. Matteo 23,8-12). Il movimento di Gesù era un movimento profetico alternativo e di rinnovamento all’interno d’Israele che predicava la via del servizio e della cura tra fratelli e sorelle in un discepolato di eguali. Le prime comunità dopo Cristo furono un movimento missionario religioso dentro il mondo greco-romano che praticavano uno stile di vita comunitario. (vedi Elisabeth Schussler Fiorenza “In memoria di lei, una ricostruzione femminista delle origini cristiane” Claudiana, 1990)

            Gli apparati ecclesiastici oggi esistenti, nati in seguito alla trasformazione delle comunità in chiese organizzate e di potere, non sono rispondenti all’impostazione paritaria delle primitive comunità cristiane.

            Il clero e la sua organizzazione sono stati creati, dall’epoca costantiniana in poi, per imporre, insieme al potere politico un governo autoritario sui popoli, per condizionare le coscienze degli uomini e delle donne credenti e per di più, accumulando nel tempo ricchezze, beni e proprietà con l’esclusiva funzione di consolidare e perpetuare le stesse condizioni di potere,  determinano e irrobustiscono una struttura antidemocratica creatrice di forte disparità interna alla chiesa soprattutto a danno delle donne.

            Le gerarchie, reciprocamente sorrette dalle strutture di potere economico, sociale e politico della dominanza, sono state e sono tutt’ora istigatrici di violenza sulle donne, violenza coercitiva sui comportamenti femminili e maschili nell’ambito delle famiglie, espressione di un forte connubio con ideologie conservatrici e con i partiti politici al governo da cui hanno ottenuto ed ottengono evidenti ed ingiusti privilegi.

            Valga per tutte l’insegnamento su cui si basano da millenni i racconti della Genesi e le letture astoriche e letterali dei messaggi della Bibbia, che concepita e scritta nell’ambito del patriarcato da soli maschi, ha segnato profondamente le differenze di genere nella società occidentale e creato ed imposto, la storica subalternità della donna all’uomo, ha definito l’incontro sessuale “peccaminoso”, la maternità come punizione “dolorosa” e l’impurità della donna con conseguente denigrazione, separazione ed allontanamento dal “sacro”.

            Numerosissime sono state le donne uccise dalle gerarchie ecclesiastiche perché ritenute fonte di deviazione e peccato a causa del loro genere, della loro testimonianza di vita in libertà e per la loro significativa forza attrattiva e coinvolgente femminilità: alle migliaia di donne streghe si uniscono milioni di donne nel mondo maltrattate e violentate in tutti i millenni, questo è il più grande crimine dell’umanità sempre sottaciuto e di cui sono complici le chiese. (vedi  Elisabeth Green “ Lacrime amare – Cristianesimo e violenza contro le donne”  Claudiana, 2000).

 

Diversità ci consolano e ci spronano a continuare.

 

            Per la verità, sappiamo anche che, nonostante tutto ciò, nella storia delle comunità cristiane nei secoli, molte donne hanno cercato e sono riuscite  a praticare una diversa visione e comportamento di vita aderente ai principi di fraternità e sororità indicati esemplarmente da Maria e Gesù di Nazareth e dai loro primi discepoli e discepole: a riguardo le testimonianze delle donne sono ancora oggi le più fedeli interpreti del cristianesimo in tutti i campi pur senza il “riconoscimento” delle gerarchie!

            Sappiamo anche che nel clero sono stati e sono presenti molti uomini, ovviamente non solo preti, ed anche Vescovi, esemplari, semplici, onesti, di cuore sincero che aderiscono agli insegnamenti evangelici e testimoniano con comportamenti di dedizione alle persone e di cura, la loro appartenenza al movimento di Gesù e Maria di Nazareth: molti di questi sono in aperto contrasto con le gerarchie, molti preti sono costretti a subirne i dettami per non rischiare di essere estromessi da una struttura che garantisce comunque anche a loro un sostentamento economico e di vita.

            Conosciamo molti preti che, per esempio, hanno deciso di scendere in piazza o fare scelte politiche dalla parte delle popolazioni oppresse, che hanno speso la vita per la liberazione delle oppresse e degli oppressi, per esempio nei paesi più poveri dell’Africa e dell’America Latina, ma anche nei paesi occidentali più ricchi, ove esplicitano scelte di vita, consapevolmente assunte e in maggiore libertà, per esempio schierandosi contro la prostituzione e contro il mercato del corpo femminile, ed anche contro l’ingiusta legge del celibato ecclesiastico (anch’essa frutto delle imperante misoginia e dell’avidità del possesso dei beni economici del clero), o verso la contraccezione, o la valorizzazione delle scelte omosessuali, per il riconoscimento  dei Patti Civili di solidarietà come unioni civili, che proprio perché diverse dal matrimonio potranno consentire tra l’altro, si badi bene, di legittimare i rapporti di molti preti con donne conviventi e con i loro figli o figlie.

            Molti preti assieme alle comunità ecclesiali di base stanno percorrendo cammini di liberazione e di corresponsabilità e costituiscono un esempio tangibile della possibilità di vivere il cristianesimo in modo autentico e aderente alle reali esigenze di spiritualità delle donne e degli uomini del nostro tempo, prescindendo dall’appartenenza alle strutture clericali ed esclusiviste ecclesiastiche.

            Molte donne poi, nelle realtà di base, comunità, gruppi, associazioni e  movimenti stanno continuando la loro ricerca di decostruzione e ricostruzione del divino, una profonda rilettura della Bibbia e della tradizione, vogliono l’affermazione di principi di condivisione dei ruoli nella comunità, vivono in pieno funzioni sacerdotali, di insegnamento teologico e biblico, la piena valorizzazione delle differenze di genere che costituiscono la premessa per definitivamente sconfiggere il potere dominante e assicurare l’affermazione dei rapporti paritari e di mutuo e reciproco scambio dei sessi.

           

 Ri-affermazione di libertà

 

            Nelle lotte delle donne per la loro affermazione  sono ovviamente presenti gli obiettivi di autodeterminazione sanciti già in molti stati di diritto: dalla parità dei diritti nella famiglia e nella società, nel mondo del lavoro e nelle strutture politiche ed istituzioni, alla scelta consapevole della maternità responsabile, alla difesa verso la violenza maschile, all’uso delle tecniche e tecnologie mediche che facilitano in ogni senso l’essere donna e madre (contraccezione, procreazione assistita, interruzione di gravidanza). Tutti questi strumenti di valorizzazione delle donne e delle loro condizioni sociali e culturali fanno ormai parte di una condizione di vita  e di un processo di liberazione acquisito che non si può nascondere o  sopprimere e da cui ben difficilmente si potrà tornare indietro.

            Ecco ciò che fa paura alle strutture autoritarie e di potere che sentono sfuggire da sotto i loro piedi un mondo femminile e maschile di cui non potranno avere più la soggezione ed il governo; ecco il perché di questa strenua ricerca di difesa dell’impossibile!

            Non stupisce quindi  il fatto che tali organismi per bocca di portavoce, singoli cardinali o vescovi, si pronuncino con “sicurezza” e vogliano imporre una unica visione, su questioni d’interesse pubblico che incidono sulle scelte personali e prendano posizione su quelli che definiscono principi religiosi, auto-legittimati in ciò da un cosiddetto “potere divino superiore” (vedi recenti dichiarazioni di Ratzinger sul diritto proveniente da Dio)  a cui tutti, credenti e non, dovrebbero rifarsi.

            Ma è evidente che essi, con la loro boriosa e presunta superiorità, con i loro imperiosi ordini, offendono prima di tutto il Dio a cui si richiamano e poi proprio i cristiani e le cristiane a cui si appellano, la loro ormai acquisita e consapevole scelta e corresponsabilità nelle comunità di credenti; le gerarchie in questo modo ingiustamente calpestano, la dignità delle donne e degli uomini, la loro libertà di coscienza e trovano facile sponda ed alleanze con la  compagine politica conservatrice e reazionaria.

           

Giochi a carte scoperte

             C’è tra noi chi pensa che in questo modo si appalesi molto chiaramente la loro “appartenenza”, i giochi si svolgano a carte scoperte e sia più facile per gli occhi di tutte e tutti vedervi i segni della loro parzialità e del limite: ciò è vero, tuttavia occorre rilevare che molte sono ancora oggi le persone e soprattutto le donne che sono condizionate dai dettami clericali; riteniamo quindi che si renda maggiormente urgente una presa di posizione, proprio in quanto donne credenti, dichiarando apertamente la nostra posizione laica  a difesa dell’autodeterminazione delle donne, per effettuare chiarezza, per smascherare una manovra fortemente conservatrice che vuole ricacciare le donne nelle condizioni di subalternità ed inferiorità del passato, per togliere i veli che offuscano la visibilità di manovre politiche autoritarie.

            Inoltre ci pesa molto il fatto che in una società cosiddetta democratica e pluralista, nella quale crediamo di vivere, il pronunciamento dei prelati sia l’argomento n° 1 in tutti i telegiornali o giornali nazionali e che si faccia a gara, da parte dei politici, a posizionare il proprio pronunciamento a ruota o in contrapposizione a quello dei vari cardinali e vescovi.

            Ci pesa molto che la società per opera di politici, sempre rigorosamente maschi, ministri, esponenti istituzionali e non, dia largo spazio alle posizioni oscurantiste delle gerarchie ecclesiastiche assecondando atteggiamenti di supremazia sulle coscienze con la solo finalità elettoralistica: siamo convinte che l’appello alle coscienze autenticamente cristiane non può che portare all’affermazione di principi di libertà per tutti e tutte, alla conferma di rapporti di uguaglianza di fronte alla legge al di là delle singole appartenenze filosofiche, religiose e soprattutto non può che richiamarsi alla indispensabile affermazione di una etica laica di responsabilità e condivisione della socialità. Siamo nella linea di una autentica tradizione “non ufficiale” dei cristiani e delle cristiane.

             E’ bene dire queste cose con riferimento ai partiti della sinistra e maggiormente per quelli  del centro-sinistra che a nostro giudizio, incerti della fiducia del loro stesso elettorato, hanno finito con il dare eccessivo peso alle gerarchie, ricercando il confronto solo con  loro, identificando con le gerarchie la Chiesa tutta e definendo “cattolico” il pronunciamento gerarchico, senza dare invece spazio e voce a donne, soprattutto, ma anche a uomini credenti, convinti assertori e difensori dello stato laico e radicalmente impegnati a conservare i diritti civili e di laicità: in poche parole vogliamo ritornare ad essere noi credenti, donne e uomini della  vasta comunità cristiana, ma impegnati in quella che viene definita “la diaspora”, gli unici e “sparsi” interlocutori dei partiti, privilegiando, anche noi a carte scoperte,  i partiti della sinistra e del centro sinistra!

            Non può essere considerato un fatto negativo che i cristiani si siano situati, col tempo e specialmente dopo la disfatta del partito unico, all’interno delle diverse organizzazioni politiche e partitiche ed abbiano quindi testimoniato nei fatti la loro collocazione politica pluralistica non solo è auspicabile ma concretamente possibile e giusta: non vogliamo assolutamente che si ricostituisca il partito unico dei cattolici come stanno cercando di fare alcuni esponenti nostalgici della vecchia DC!

            Come donne poi, ancora di più accomunate con tutte le altre donne dalla condizione di genere e dalla necessità di valorizzazione della nostra differenza e di parità in tutti i campi, vogliamo che questo sia il tempo per ridarci pienamente la parola sui temi di cui noi per prime siamo “esperte” e portatrici d’interesse, esclusivi luoghi d’esperienza .

            Non vogliamo che la società perda i connotati di democrazia e pluralismo e contrastiamo fortemente la manovra politica avviata da parte di soggetti clericali, un connubio tra la destra e i fondamentalisti cristiani. Questi temendo di divenire “perdenti”, si arroccano su posizioni punitive e repressive verso i soggetti che ritengono  più deboli, ancora una volta, le donne.

            In questo senso esprimiamo il nostro convinto disappunto e giudizio politico su chi ha avviato la campagna di diffamazione sull’operato dei consultori e vuole affossare la legge per la tutela della maternità sociale e per l’interruzione della gravidanza, legge che difendiamo proprio perché ha dato nel tempo significativi frutti nella lotta contro l’aborto clandestino, ottenendone una forte  diminuzione.

 

La difesa della vita ci appartiene

             Sì, perché la difesa della vita dal suo concepimento è un principio a  cui come credenti ci richiamiamo, ma non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle condizioni più disperate delle donne che vedono fortemente compromessa la loro vita da una gravidanza inaccettabile.

            Ci sono le donne che scelgono di abortire per gravi condizioni di salute e, per grave rischio di vita loro o del nascituro, o perché la gravidanza indesiderata compromette la condizione socio-economica o familiare; pensiamo alle donne  emigrate, sfruttate nei giri della prostituzione, in stato di povertà assoluta e sottomesse agli sfruttatori.

            Parallelamente denunciamo le gerarchie ecclesiastiche, in particolare della chiesa cattolica, per la loro miopia di fronte alla contraccezione: le loro chiusure ed insegnamenti bigotti, l’assoluta insensibilità di fronte alle grandi scelte innovative della  scienza, sia nel campo della contraccezione sia nel campo della fecondazione assistita. Gerarchie prepotenti: continuerebbero a farci credere che l'atto sessuale è esclusivamente preordinato alla procreazione. Questa posizione tutta teorica e ben lontana oggi dal sentire delle giovani generazioni, va continuamente smascherata ed insieme a ciò l’ipocrita impedimento dell’uso del preservativo, sia nella pratica contraccettiva, sia come protezione dalle malattie sessuali ed in particolare dall’AIDS.  

            Succede anche che, succubi degli insegnamenti ottusi delle gerarchie, ovvero coscientemente e malignamente perpetuanti il potere maschile sulle donne,  i legislatori non abbiano voluto modificare alcune parti della legge sulla fecondazione assistita che sono oltremodo lesivi dei diritti delle donne. E’ noto, per esempio, che la Legge 40 obbliga l'impianto di tutti i gameti fecondati, tra l'altro limitandone il numero di produzione, con una evidente forzatura, a danno, principalmente delle salute della donna che deve ricevere l'impianto, e questo al fine di evitare la “dispersione” dell’embrione. Salvo poi ipocritamente consentire l’uso della legge 194 per l’interruzione di gravidanza in presenza di feto malato!

            E poi perché mai si dovrebbe fare a meno di usare la pillola Ru 486 quando è ormai certo che questa è il mezzo oggi meno invasivo e doloroso per permettere l’interruzione di gravidanza? L’uso della pillola avviene solo nella misura in cui la donna che ha già scelto tale strada, ne faccia richiesta o ne concordi con le strutture ospedaliere l’uso, e pertanto la pillola diventa il mezzo più sicuro e meno doloroso.

            Non si hanno più dubbi sulla sicurezza del farmaco e sulla sua utilità tesa ad evitare l’invasività dell’intervento chirurgico. E’ giusto che vengano impiegati questi metodi d’aiuto a tutte le donne che decidono l’interruzione di gravidanza secondo i criteri e la disciplina giuridica vigente. Il servizio pubblico sanitario e di assistenza alle donne è un servizio medico giusto che non può essere in nessun modo condizionato dalla visione arcaica, miope e confessionale che le gerarchie invocano.

 

Ci collochiamo comunque nel patriarcato?

             Ricordiamo e riaffermiamo con ciò il principio che ci ispira e cioè che la pratica dell’aborto dovrà essere sconfitta, con tutti i mezzi e quindi anche con la legittimazione della interruzione di gravidanza nei casi di corrispondenza ed applicazione della legge,  perché ben altri ed alti sono gli ideali per i quali le femministe confermano la loro appartenenza: il superamento della violenza di genere, la ricerca ed accettazione dei ruoli materni nella società, la piena possibilità di sviluppo e vita della propria sessualità, il riconoscimento di valori femminili intrinseci nelle relazioni interpersonali (tra donne e con e tra gli uomini) e tutto ciò a partire da una opera di decostruzione del patriarcato e delle millenarie deformazioni culturali e mentali imposte nel mondo con le tre religioni monoteiste e abramitiche del “libro”.

            Le strumentali citazioni di Eva peccaminosa e di Maria redentrice, non ci appartengono: esse vorrebbero contemporaneamente gettare infamia su tutte le donne ed esaltare Maria rendendola un essere distante dalle altre donne, unico esempio irraggiungibile di maternità ideale. Non è così Maria fu, come Eva (questa senz’altro meno tangibile e più remota antenata), una donna provata che attraversò difficili scelte di vita come quella dell’accettazione di una maternità anomala, o dell’uccisione di uno dei suoi figli sulla croce e che solo successivamente nei canoni ecclesiastici venne sublimata. Maria come altre donne diventa per noi, donne delle comunità di base,  esemplare nella misura in cui, come espressione della lotta di liberazione, essa proclama il Magnificat e prevede la cacciata dei potenti dai troni e l’esaltazione degli umili.

             Inoltre come donne credenti riteniamo  molto riduttivo vedere le questioni che riguardano la maternità, la sessualità, la gravidanza, la scienza medica e “l’etica del vivere e del morire” solo come una disputa tra laico e clericale, tra chiesa e stato o peggio un generico richiamo alle coscienze individuali!

            Ma notiamo anche una certa parzialità da parte degli intellettuali  e politici di sinistra, magari convintamene laici, che tuttavia  non verificano le tematiche dal punto di vista dell’espressione culturale del patriarcato e non collocano, e trascurano il fatto che vengano minate proprio quelle basi dei diritti delle donne che sono state il frutto volutamente conquistato, anche con il dolore,  di “uno spazio altro”, di una società dell’accettazione, della condivisione e della cura della condizione femminile e dei soggetti più deboli della famiglia come i bambini o gli anziani!

            Mi riferisco in particolare alle nostre lotte degli anni ’70 per la legislazione del nuovo diritto di famiglia, per l’attuazione di una disciplina sulla interruzione di gravidanza, per il divorzio ecc… tutte leggi che hanno scardinato nel profondo le ipocrisie delle gerarchie cattoliche e da queste sono state avversate.

            Inoltre è inammissibile, per noi donne credenti, che le gerarchie vaticane spingano i loro pronunciamenti verso il futuro, cercando di ipotecarlo, fino ad un giudizio drastico sull’operato di rappresentanti politici, pretendendo che la loro veduta sia l’unica a cui  le leggi dello stato italiano si debbano uniformare, o che  la critica sia da loro interessatamente orientata ancora una volta a condizionare fortemente le scelte dei legislatori dei cittadini e cittadine italiani: non vogliamo nel futuro, essere invece ricacciate indietro e non lo vogliamo nemmeno per le nostre figlie e nipoti.

            Osserviamo anche che da parte della sinistra o meglio del centro sinistra, si finisca per dare eccessivo spazio mediatico ad una azione reazionaria e conservatrice e non venga  esercitata invece con coraggio una scelta politica molto più avanzata, un bel balzo in avanti, una scelta radicalmente laica a difesa dei diritti di tutte e di  tutti i cittadini. Occorre smascherare le azioni del vaticano, occorre che si capisca e si riconosca apertamente la parzialità del pensiero e del ruolo delle gerarchie ecclesiastiche, dando ad esse lo spazio del “potere temporale” necessariamente  limitato ed esiguo che gli spetta!  

            Ben venga, a parere nostro, la revisione del Concordato,  per relegare sempre di più le gerarchie ecclesiastiche, per costringerle e confinarle in un ambito totalmente diverso da quello che oggi è concesso! Ed alle gerarchie gettiamo la sfida, utopicamente sorretta dalla fede, molto più cristiana e rivoluzionaria, di una radicale conversione, di una trasformazione dell’organizzazione, della cessione volontaria, per esempio, di tutti i loro beni alla collettività perché tutti possano goderne, (per esempio dei beni artistici), della rifusione e ridistribuzione delle loro ingenti ricchezze a cominciare dai luoghi più poveri, e della rifondazione di comunità di fede a partire dagli ultimi e dalle ultime della terra,  liberandosi dai fardelli del potere e riconquistando l’autenticità del messaggio di liberazione di Maria, di Gesù, di Maria di Magdala,  di Cefa, di Giuda (perché no?)  e di tutti i testimoni della resurrezione!

            La comunità di fede che si identifica nelle donne e negli uomini di buona volontà, che apertamente testimoniano il loro essere in cammino, alla ricerca di maggiore aderenza al vangelo, che sentono un’appartenenza ad un movimento rivoluzionario e liberatorio, non vuole e non può, né potrà assumere atteggiamenti discriminatori, d’esclusione, atti e comportamenti  punitivi, giudizi e repressioni su scelte di vita individuali delle persone ed anzi essi saranno affianco di tutti coloro che soffrono, degli oppressi e per prime delle donne, le più oppresse tra gli oppressi, come ben documentano tutti i rapporti statistici, sociologici ed economici a livello mondiale, ed in particolare proprio di quelle donne che sono costrette alla interruzione della gravidanza o delle donne portatrici del virus dell’AIDS.  

            Bisogna avere il coraggio di affermare che il divino a cui tendiamo come donne, a partire da noi e dal nostro corpo, è dunque un dio/dea  accogliente e simbolicamente rappresentato come un grembo materno; parole a riguardo sono state dette e scritte dalle donne, dalle teologhe in particolare, e sta diventando ormai di dominio pubblico il pensiero della teologia femminista.

            Occorre aver ancora più coraggio e diffondere da un parte il dubbio di ciò che ci è stato insegnato, esercitando la lettura storico-critica del passato, dall’altra relativizzare i dettami e dottrine nel contesto in cui sono nate e vederne i connotati di genere fortemente impregnanti il linguaggio maschile e la teologia tradizionale. Partire quindi per un viaggio di ricostruzione di obiettivi di speranza e di finalità raggiungibili e tener viva la luce di questi miraggi speciali a cui come donne dobbiamo tendere. Sia chiaro senza scostarci dalla realtà di tutti i giorni anzi proprio a partire da questa per  evolvere verso “la nuova coscienza” e dimensione della nostra piena affermazione come donne, per realizzare il nostro futuro arcaico. (v. Mary Daly. “Quintessenza, realizzare il futuro arcaico” - Edizioni le Civette di Venexia” 2005).

 

Il gruppo donne della Comunità cristiana di base di Oregina –

Genova 10 dicembre 2005