La tenda dell'azione collettiva

di Angela Azzaro

 


Un momento della festa per il trentennale

 

Nata nel 1987 è un punto di riferimento del femminismo italiano che ha messo a tema, con grande anticipo, le questioni più scottanti dell'oggi: la guerra, le biotecnologie, il rapporto con le donne di altri paesi e altre culture. Ora sta per fare un nuovo salto in avanti.
 

Virginia Woolf, in Una stanza tutta per sé, rivendica per le donne la necessità di avere un loro  spazio per leggere, scrivere. 

Se la sorella di Shakespeare non diventa una grande  drammaturga come il celebre autore elisabettiano, la ragione è in questa mancanza storicamente data. Una stanza tutta per sé è allora il luogo reale e simbolico di una rivendicazione fondamentale, oggi come allora: uno spazio in cui le donne pensano e ripensano, scrivono e riscrivono i saperi consolidati. Quei saperi che spesso le cancellano, negano la sessuazione dei soggetti, per imporre un solo ordine: quello maschile.

A Milano, nel 1987, un gruppo nutrito di donne con anni di lotte alle spalle non ci sta, davvero non ci sta. Prendono in parola Virginia Woolf e anzi fanno di più: invece di una sola stanza danno vita a una università intera, la Libera università delle donne.

Quando l'esperienza inizia, forse neanche loro hanno idea dell'importanza che quello spazio avrebbe assunto, nella loro vita, nella vita di tante donne. A Milano, ma anche nel resto d'Italia, sono tante che guardano a questa realtà con interesse, spesso considerandola un punto di riferimento. Alle spalle, c'è tanto, tantissimo.

Il femminismo o meglio i femminismi nella loro ricchezza, i corsi di 150 ore per sole donne, le esperienze dei consultori, come linea guida un atteggiamento critico che non è mai venuto meno: la pratica dell'autocoscienza del partire da sé per guardare il mondo. Cambiarlo.

La Libera università delle donne, che ha sede in corso di Porta Nuova 32, si struttura attraverso corsi, seminari, gruppi di lavoro. Il materiale prodotto è enorme. Decine e decine di dispense, diversi libri tra cui Verifica d'identità (a cura di Paola Melchiori), Donne del Nord/Donne del Sud, ultimamente è stato pubblicato Cocktail d'amore.

Al centro i grandi temi del presente, spesso messi in evidenza con forte anticipo rispetto al dibattito pubblico. La riflessione sulla guerra, sulle biotecnologie, il rapporto con le donne non italiane, con i femminismi del mondo: sono i leit-motiv di una scalata verso la materia politica più intricata, cogente, verso una realtà rispetto a cui si vuole, si deve prendere la parola.

La forma economica di sovvenzione è l'autofinanziamento. Qualche tentativo di ricevere (come di diritto) i soldi pubblici si è presto scontrata con la disattenzione delle istituzioni. Ma è diventata anche una scelta: di libertà, di una ricerca che vuole costantemente mettere e mettersi in discussione.

Una storia bella, una storia di passioni. Ora si tratta di fare un salto in avanti superando due cardini del lavoro precedente: quello del rapporto insegnante-allieva (sulla base del rapporto madre-figlia e del rapporto tra donne), quello di una pluralità e di una eterogeneità che spesso è difficile portare all'esterno. La volontà è quella di dare vita a un luogo di saperi molteplici che abbiano la forza e l'obiettivo di intervenire all'esterno, di prendere parola sulle questioni politiche dell'oggi. Un esempio? I referendum sulla fecondazione assistita. Come metodo di relazione la circolarità e la messa a tema di linee di lavoro, nel rispetto delle singole competenze e delle singole scelte di ricerca.

Una scommessa non da poco, che parla della Libera università delle donne di Milano, ma che parla anche dei nuovi orizzonti del femminismo italiano. La domanda è grande: come rendere tanta forza, tanta consapevolezza accumulata, tanti saperi critici, parola con cui intervenire nel mondo, con cui far pesare la propria posizione? Le donne della Lud non ci rinunciano. Sanno che è difficile, ma che si tratta di un appuntamento che non si può mancare.

Per chi ha visto nascere l'università è un impegno e un dovere anche rispetto alla propria storia. Per le giovani che ora si affacciano alla politica delle donne è un'opportunità da non mancare.

Non è semplice mettere su un'impresa del genere, farla vivere nel rispetto di tutte le diversità. Ma loro, ci vogliono provare. Vogliono andare avanti. La chiamano assunzione di responsabilità politica. Vista da fuori è una bella realtà da prendere ad esempio. Con tutti i problemi che si possono misurare vivendola dall'interno, l'osservatrice esterna non può che guardare alla Libera università con attesa, speranza che questa storia non si fermi, vada avanti. Che la tenda nomade diventi sempre più grande e più visibile.

 

 

 

Questo articolo è apparso in Queer, inserto domenicale di Liberazione, del 20 marzo 2005