THE
QUEEN
di Gemma De Magistris

The Queen non è un capolavoro ma rispetta
ciò che promette. Intanto non è sempre semplice narrare
una figura che c'è ancora, poi il regista (Stephen Frears)
ha giustamente utilizzato un periodo circoscritto per analizzare una serie
di meccanismi che riguardano l'istituzione monarchica inglese e la sua
stessa sopravvivenza.
Il film è tutto concentrato, infatti, nella settimana della morte
della ex principessa Diana, nelle reazioni della Casa Reale, di
un Tony Blair eletto da poco, nella reazione del popolo partecipata,
commossa ed enfatizzata dai mezzi di comunicazione. Non si sofferma sulla
figura di Diana, non è un film su Diana, è un film su Elisabetta
e le sue decisioni e comportamenti sono emblematici dei suoi anni di regno
e del rapporto con i suoi sudditi.
Già l'interpretazione di Helen Mirren rende il film degno
di essere visto con un po' di attenzione che purtroppo non ho notato in
sala. Helen Mirren incarna quella Elisabetta che è parte dell'immaginario
non solo degli inglesi ma di tutto il mondo (o sicuramente quello occidentale)
che talvolta si meraviglia un po' distrattamente della esistenza di un
regime monarchico in piena Europa. Il principe consorte (un bravissimo
James Cronwell) rappresenta la faccia della medaglia che non cambierà
mai, mentre è Elisabetta a cedere alle pressioni, a capire, a rispettare
quel giuramento di "mettersi al servizio del popolo" che aveva
fatto giovanissima appena salita al trono.
E la regina decide di rendere omaggio ad una ex nuora con la quale ha
condiviso molto poco, sicuramente per ragioni politiche (i sondaggi, i
titoli dei giornali) ma anche e soprattutto per accontentare un popolo
che sa anche un po' manovrato.
Senza togliere nulla alle azioni, al coraggio, alle scelte trasgressive
e soprattutto libere di Diana, il regista si concentra però sulla
autorevolezza di Elisabetta e non sulla autorità.
Blair mi è sembrata una figura un po' buffa (le sue scelte
successive e guerrafondaie lo sono state molto di meno) nella sua finta
modernità e desiderio di cambiamento, ed Elisabetta con la sua
lunga esperienza di primi ministri sa già che in fondo lui, al
contrario di altri, non potrà insegnarle nulla sulle esigenze di
una nazione che sta cambiando, e quello che inizialmente può sembrare
snobismo si rivela, nel corso del film, lungimiranza.
Il film è asciutto, il regista non ha bisogno di molte scene né
di molte parole per indicare quello "strano" desiderio di corona
che anima buona parte degli inglesi. Da riflettere e bene sul ruolo dei
mass-media. Anche qui il regista non dà lezioni e mi sembra una
lodevole eccezione in un momento in cui spesso i registi vogliono spiegare
tutto e sempre. Pochi comunicati, accenni a sondaggi, prime pagine lette
con disprezzo da politici, public-relation man, sbirciati dalla regina
ci comunicano il senso della manipolazione ed è manipolazione grave
perché è sui sentimenti, le emozioni ed i conseguenti comportamenti
di una folla un po' commossa, un po' curiosa, un po' trascinata come di
solito è una folla.
Insomma si tratta della narrazione e della riflessione su un avvenimento
ancora molto vicino che sembra comunque un pretesto per concentrarsi non
tanto sulla monarchia quanto su di lei, sulla regina Elisabetta, tanto
che viene da chiedersi cosa succederà quando la regina sarà
morta.
In definitiva mi sembra un film che apparentemente sembra circoscritto
e superficiale ma che merita invece una seconda attenta riflessione perché
c'è dentro molto più di quello che si percepisce nell'immediato
della narrazione.
25-9-06
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