Una giornata particolare

di Angela Azzaro


Milano, 14 gennaio 2006

Sono uscite dal silenzio (siamo uscite dal silenzio). Hanno invaso Milano portando in piazza duecentocinquantamila donne e anche tanti uomini.

Sono uscite dal silenzio occupando piazza Duomo con le loro ragioni. Un’invasione pacifica ma determinata, forte, decisa, di chi chiede e vuole ottenere. Da oggi nessuno potrà più parlare a cuor leggero sul corpo delle donne: dettare leggere, stabilire norme, imporre una morale che sia di Stato o della Chiesa.  

La manifestazione di ieri a Milano rappresenta un evento storico: forse dagli anni Settanta non si vedeva un corteo così numeroso in nome dell’autodeterminazione e della libertà delle donne.

Per molte giovani è stata la prima volta. Per loro essere in piazza non è riconoscimento di debolezza ma un’emozione, è il segno di quanto la determinazione delle donne vada oltre gli anatemi del Papa, le ingiurie dei politici. E’ il segno che insieme si è più forti. Che insieme si può vincere.

Ma di chi è la vittoria e su quali temi? Per capire bisogna risalire a circa due mesi fa, quando a Milano un gruppo di donne, tra cui Assunta Sarlo, giornalista di “Diario”, e Lea Melandri, intellettuale femminista, hanno dato appuntamento per un’assemblea che dicesse basta allo straparlare della politica e del Vaticano sul corpo delle donne. Erano in duemila. Da lì a poco la manifestazione del 14 gennaio ha costruito consenso, ha mobilitato donne in tutte le parti d’Italia, è sfociata in un corteo che neanche le stesse organizzatrici pensavano così partecipato.

Un successo. Un successo del femminismo, di chi - dopo un lavoro di tanti anni, capillare, paziente e sapiente - è uscita dal silenzio portando duecentocinquantamila cittadine e cittadini in piazza.

Il femminismo, parola a lungo considerata negletta, si è ripreso la scena della politica, ha dimostrato quanto ha prodotto in termini di esperienze, di cultura, di relazioni, quanto è in grado di parlare un linguaggio che riguarda tutte e tutti.

La radicalità del femminismo fa però ancora paura. Non è un caso che ieri i commenti dei politici si rivolgessero (soprattutto per attaccare) quasi esclusivamente alla manifestazione di Roma sui Pacs o che al Tg3 e nei diversi giornali on line l’evento milanese sia stato attribuito ai diversi partiti dell’Unione, che erano presenti ma come ospiti.

La verità è un’altra, sta scritta in quella prima convocazione: nella mobilitazione del femminismo. La conferma viene dai temi portati in piazza: una critica radicale alla politica del governo di centrodestra e a chi nel centrosinistra si fa portavoce del Vaticano, ma anche un discorso rivolto alla sinistra tutta per porre una questione centrale: la trasformazione della politica a partire dal rapporto uomo-donna.

La difesa della legge sull’interruzione di gravidanza e la difesa della laicità dello Stato sono punti centrali della mobilitazione delle donne, ma che derivano da una domanda ancora più alta di cambiamento che chiede un nuovo rapporto tra le donne e gli uomini come misura di civiltà, come misura dello stato di democrazia del Paese. Non si tratta di un fatto occasionale, né marginale.

La libertà di scegliere se abortire o meno, se procreare o meno, la libertà di amare una persona dello stesso sesso, non sono un di più della politica. Sono la politica. Le femministe su questo non intendono più fare sconti. A nessuno. Neanche agli organi di informazione che dovranno prima o poi confrontarsi con questa realtà: il femminismo c’è, ha ripreso la parola in maniera collettiva e intende fare della diversità dei linguaggi una ricchezza.  

E’ solo l’inizio. Lo si è detto prima del 14. Ora si può dire che è un inizio speciale. Una giornata particolare. Da questo momento la forza espressa in piazza si deve declinare in tutti i luoghi in cui le donne sono presenti, deve diventare capacità quotidiana di trasformazione.

E’ una domanda che riguarda tutte e tutti. Gli uomini presenti alla manifestazione di Milano lo dimostrano. Tanti, tantissimi. Convinti della necessità di manifestare perché la libertà delle donne è anche la loro libertà da una politica che cancella i desideri, nega i diritti, tenta di stabilire che cosa è giusto e che cosa è sbagliato nella sfera personale.

Da oggi non è più cosi. Non sarà più così. Neanche per il dibattito dentro il femminismo. La quantità e la qualità della manifestazione di ieri fa chiarezza anche su questo punto. Le donne che avevano dubbi sulla necessità di andare in piazza, che pensavano fosse un segno di miseria femminile, che considerano la piazza come un vetusto strumento della politica maschile sono state messe fuori gioco.

A Milano eravamo in tante, gioiose, determinate, per nulla subalterne alla politica degli uomini. Una nuova pagina è stata scritta. Ora si tratta solo di continuare con lo stesso desiderio.
 

 questo articolo è apparso su Liberazione del 15 gennaio 2006