Ricavare acqua dall'aria: una tecnologia a firma femminile

Lucia Cattani e Valeria Fieramonte

 

L’acqua ricopre circa il 71% della superficie terrestre, tuttavia gran parte di essa è salata: si stima, infatti, che solo il 2.5% dell’intero ammontare sia dolce. Inoltre, di quest’ultima percentuale, i 4/5 (il 2% del totale) sono contenuti nelle calotte polari, mentre il restante quinto (0.5% del totale) si trova perlopiù racchiuso nel sottosuolo (falde e giacimenti profondi) e solo in piccola parte nei fiumi e nei laghi. Occorre sottolineare che tali fonti non sono distribuite in maniera uniforme e, parallelamente, subiscono fenomeni di inquinamento.

A causa di quanto detto, attualmente si stima che circa una persona su dieci non abbia accesso all’acqua potabile. Inoltre circa 1.5 miliardi di esseri umani sviluppano malattie legate all’inquinamento della stessa.

Il problema è destinato a peggiorare per il progressivo aumento dell’antropizzazione.

Il mondo scientifico da anni sta cercando di dare un contributo per risolvere la crisi proponendo sia tecniche sempre più avanzate di purificazione e sanificazione dell’acqua, sia cercando fonti alternative della preziosa sostanza. In questo contesto nacquero, a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, i primi studi per l’estrazione intensiva del vapore dall’atmosfera. L’aria, infatti, contiene sempre una certa percentuale di acqua, in forma gassosa.
Fin dai tempi più antichi l’uomo ha cercato di estrarla, si pensi, a tal proposito, ai pozzi di rugiada, di cui un celebre esemplare è quello di Teodosia 500 a.C. Tuttavia solo sul finire del secolo scorso si è pensato di applicare la tecnica per riprodurre in maniera artificiale il fenomeno della rugiada, anziché limitarsi ad invenzioni per massimizzare la raccolta di quella naturale.

Per comprendere bene il principio e, conseguentemente, le tecniche adottate per sfruttarlo, può essere utile una semplice similitudine. Si pensi all’aria come ad una spugna. A parità di pressione atmosferica, la temperatura può essere associata alle dimensioni della spugna stessa e l’umidità relativa a quanto essa, in percentuale, si trova satura di acqua. Maggiori saranno i valori raggiunti da tali grandezze fisiche, più acqua sarà presente nel volume di aria e viceversa.

Al fine di estrarre liquido da una spugna, occorre strizzarla, vale a dire far diminuire il suo volume. Dapprima si raggiungerà la saturazione del mezzo assorbente, poi, continuando a schiacciare, si inizieranno a vedere cadere le gocce di liquido. Analogamente, quindi, per estrarre l’acqua dall’aria occorre abbassare la temperatura di quest’ultima. Si raggiungerà dapprima la saturazione, il cosiddetto punto di rugiada, di poi si cominceranno a vedere le gocce di condensa. Per strizzare una spugna, però, c’è bisogno di applicare una certa energia. Questa sarà proporzionale alla quantità di liquido che si vuole ottenere ed al grado di saturazione iniziale del sistema. In maniera analoga, anche l’estrazione dell’acqua dall’aria necessiterà di energia ed essa sarà proprio funzione dello stato di partenza dell’aria e della quantità di acqua che si vuole ricavare.

Per strizzare l’aria, come detto, occorre abbassarne la temperatura. Per far ciò è necessario toglierle del calore. Una ditta della Svizzera italiana, a tal fine, impiega un ciclo inverso a compressione. Tale tipo di ciclo termodinamico è alla base di molti comuni elettrodomestici di casa, quali: il frigorifero, il condizionatore, la pompa di calore. Per comprendere il principio si può ricorrere ad una similitudine idraulica e pensare ad una pompa. Tale organo meccanico, a fronte di una spesa energetica, è in grado di spostare del liquido da un serbatoio che si trova ad un livello più basso ad un altro che si trovi ad un livello più alto. In maniera analoga un dispositivo che implementi un ciclo inverso a compressione è in grado di spostare il calore da un corpo che si trova a temperatura inferiore ad uno che si trovi a temperatura maggiore, sempre con una spesa energetica.

Nelle macchine costruite da questa società viene applicato detto principio in maniera intelligente in quanto esse sono state appositamente studiate per poter utilizzare in maniera efficace tutti gli effetti positivi che esso implica. Infatti, quando l’aria viene trattata tramite il suddetto ciclo si ottengono tre diversi contributi interessanti: da un lato l’acqua di condensa, dall’altro un flusso di aria fresca deumidificata (quella “strizzata”) ed in ultimo del calore (estratto dall’aria per ottenere l’acqua).
Le macchine sono state realizzate in modo da consentire all’utente finale di impiegare tutti e tre i prodotti. Innanzi tutto sono equipaggiate con un impianto molto avanzato per la raccolta e trattamento dell’acqua condensata. Inoltre sono dotate di un sistema per convogliare l’aria fresca e consentire un semplice collegamento con impianti di condizionamento esistenti. Infine hanno un dispositivo che permette di trasferire il calore estratto dall’aria ad un fluido termovettore, tipicamente acqua di impianto, per consentire l’impiego fruttuoso dell’energia termica, ad esempio per il riscaldamento. Sono macchine progettate per consentire la massima integrazione con impianti esistenti per interventi di riqualificazione energetica. In questi casi impiegando gli effetti utili, si ottengono risparmi notevolissimi.
La filosofia del sistema si potrebbe riassumere in: paghi 1 (in energia) e ottieni 3 (acqua, aria fresca e calore)!

Occorre ricordare che l’aria, pur essendo, come fonte, largamente meno inquinata di altre tradizionali quali fiumi, laghi e prime falde, non è di certo priva di sostanze nocive. La condensa ottenuta da essa, quindi, non è né microbiologicamente né chimicamente pura. Un altro problema ad essa legato è che il tenore di sali disciolti è estremamente basso pertanto tale liquido risulterebbe totalmente insipido ed insalubre. Si ricorda, infatti, che l’acqua alimentare rappresenta una importantissima fonte di sostanze essenziali per l’organismo umano. Per tali motivi sì è studiato non solo un sistema di filtrazione e sanificazione, ma anche un metodo di mineralizzazione ad hoc, per trasformare il semplice condensato in un’acqua pulita, sana, ottima al gusto e con proprietà organolettiche di altissimo livello tali da rendere l’aggettivo “potabile” pienamente meritato. Il mix di sali, che viene aggiunto con apposite pompe dosatrici, è anche calibrato in modo da ottemperare anche alle leggi mondiali più restrittive. L’acqua ottenuta è dunque sapida e realmente dissetante. Essa non è destinata al consumo umano diretto, bensì all’utilizzo industriale e sta anche mostrando un’altissima compatibilità con impieghi di tipo farmaceutico ed ospedaliero.

 

19-06-2016


 

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