Nunzia Augeri, La resistenza in Europa 1939-1945 Valeria Fieramonte
Che cosa sappiamo davvero della resistenza in Europa negli anni dal 1939 al 1945 ?
Questo libro proprio ci voleva, perché sulla seconda guerra mondiale sono stati scritti tomi e tomi, ricchi di dettagli e notizie – ma nessuno a mio avviso aveva affrontato il tema dei movimenti di resistenza in tutta Europa in modo così esauriente e preciso, anche nel linguaggio. L’autrice conosce infatti otto lingue, ha girato, assieme al marito diplomatico, mezzo mondo, e dunque è stata in grado di leggersi i documenti nelle lingue originali e di ricostruire esattamente titoli e documenti dalle non sempre facili lingue originali. Il tutto condensato in circa 280 pagine, in uno stile giornalistico non pedante e molto leggibile. Esordisce, nelle prime pagine interne, anche con una foto ora dimenticata : quella dei soldati della Wehrmacht che rimuovono la barra di confine con la Polonia il 1° settembre 1939. L’inizio della seconda guerra mondiale. Una tragedia che è costata ufficialmente 50 milioni di morti – più dell’intera popolazione italiana del periodo – ma nei fatti molti di più: solo i militari hanno le piastrine, i civili no, e dunque bastava non essere rivendicati da nessuno per scomparire del tutto, per esempio nel caso di bombardamenti. Senza contare i campi di concentramento, dove si ha un numero approssimativamente esatto solo degli ebrei, e non dei molti più milioni di internati dei vari paesi europei, specie gli slavi, classificati come sottouomini da ridurre in schiavitù ed eliminare. Quel fatidico 1° settembre i tedeschi pensavano a una guerra lampo: e nei fatti poco potè fare la leggendaria cavalleria polacca contro i panzer e i cannoni tedeschi. In tre settimane Hitler si impadronì del paese. Questo il programma delineato da Martin Bormann, segretario del partito nazista e braccio destro del Furher: « Gli slavi sono tenuti a lavorare per noi. Coloro di cui non abbiamo bisogno possono anche morire. Pertanto, la vaccinazione obbligatoria e i servizi sanitari tedeschi sono superflui...L ‘istruzione è pericolosa. Sarà sufficiente che sappiano contare fino a cento. Ogni persona istruita è il nostro futuro nemico. Lasceremo loro la religione come diversivo. Quanto ai viveri, non ne avranno più dello stretto necessario. Noi siamo i padroni.» Il trattamento riservato alla Polonia vinta fu un esempio di quel che sarebbe stato il dominio nazista in tutta l’ Europa orientale. I polacchi e gli slavi venivano considerati ‘untermenschen’, ovvero esseri inferiori e subumani il cui destino era di essere sfruttati sino alla morte. Per quanto riguarda l’Europa occidentale, in Spagna, Portogallo e Italia c’erano da tempo governi amici, mentre la Grecia, Romania Ungheria e Bulgaria, come stati di contenimento della rivoluzione sovietica, erano di fatto stati satelliti. Inghilterra e Francia avevano sperato che Hitler dirigesse la sua offensiva verso est, contro l’Unione Sovietica comunista ed erano rimasti in una situazione di stasi: ‘drole de guerre’ ,che strana guerra, la definirono i francesi, ma mal gliene incolse, perché Hitler era deciso a una guerra totale, e dopo aver invaso la Danimarca e la Norvegia, dove insediarono il filonazista Vidkun Quisling, il cui nome è rimasto nella storia come simbolo di tradimento, il 10 maggio del 1940 lanciarono l’offensiva sul fronte occidentale. Invasero Belgio, Olanda e Lussemburgo, calpestandone la neutralità, e arrivarono fin sulla Manica a Dunkerque, e il 14 giugno entrarono a Parigi. I francesi furono costretti a firmare la resa a Compiègne, nello stesso vagone ferroviario dove ventidue anni prima era stata firmata la resa della Germania sconfitta nella Prima guerra mondiale. La Francia fu divisa in due, il nord sotto i tedeschi e il sud sotto il governo di Vichy, con a capo l’anziano generale Philippe Pétain. Ansioso di condividere le vittorie tedesche, Mussolini il 10 di giugno del 1940 dichiarò anch’esso guerra alla Francia, precipitando così anche l’Italia nella seconda guerra mondiale. Non pago, e non volendo essere da meno dell’alleato, il 28 ottobre attaccò anche la Grecia. Nonostante la retorica (spezzeremo le reni alla Grecia, con seguito di armata sagapò) l’esercito era molto male equipaggiato, i soldati avevano fame, freddo, fucili risalenti alla prima guerra mondiale, i greci non gradirono il tentativo di stupro e opposero una resistenza tale che dopo sei mesi di guerra le perdite italiane ammontarono a 60mila uomini, molti dei quali peraltro morti di fame e di freddo. I tedeschi furono costretti a andare in aiuto degli italiani, ormai ridotti alla subalternità, ma questo li costrinse a ritardare l’attacco all’URSS, cosa che ebbe conseguenze molto gravi per loro sul risultato finale della guerra. In maggio comunque i tedeschi conquistarono la Grecia e issarono la svastica sul Partenone, mentre la Jugoslavia, anch’essa occupata e sotto il controllo del croato Ante Pavelic, il quisling locale, era già alle prese con la diffusa guerriglia partigiana del comunista Josip Broz, detto Tito. Alla metà del 1941 il terzo Reich aveva raggiunto il suo apogeo: dominava sull’intera Europa, dalla Francia alla Polonia, dalla Norvegia alla Grecia. Aveva resistito solo l’Inghilterra, sotto la guida di Winston Churchill, nonostante diluvi di bombe che causarono, solo a Londra, oltre 30mila morti. I principi fondamentali del Nuovo Ordine erano già stati delineati nel Mein Kampf, libro che Hitler pubblicò nel 1925, circa otto anni prima della presa del potere. Vi veniva proclamata la superiorità della razza tedesca e dei popoli ariani ( alterando completamente il concetto di razza come semplice differenziazione tra specie), e proclamato che ebrei, slavi e comunisti erano dei sottouomini da ridurre in schiavitù ed eliminare. La superiore razza ariana aveva bisogno del suo spazio vitale e il diritto di derubare gli altri popoli, ( e gli oppositori ideologici). A cominciare dal saccheggio economico: il grano ungherese, il burro danese, i legumi olandesi, il ferro lorenese, il petrolio rumeno, il carbone polacco, il rame jugoslavo, il legno norvegese, i prodotti alimentari e minerari della ricca ucraina, eccetera. Senza contare il saccheggio sistematico delle opere d’arte, lo sfruttamento finanziario e il drenaggio di risorse umane tramite il servizio di lavoro obbligatorio. Un tale sistema non poteva essere imposto che con il terrore e la reintroduzione della tortura, ufficialmente cessata nell’Europa occidentale dagli inizi del ‘900. A partire dal 1933 vennero organizzati i primi 18 campi di concentramento, con un numero molto maggiore di sottocampi che resero l’ intera Europa centrale, alla fine, una grande campo di concentramento e sterminio. Nel 1942 fu decisa la soluzione finale, ovvero la totale eliminazione del popolo ebraico ( allora in Europa erano 11 milioni: 6 milioni perirono nei lager) Ma il principale obiettivo di Hitler era soprattutto l’Unione Sovietica e le sue grandi ricchezze. I russi oltre che slavi e dunque sottouomini erano anche comunisti: era del tutto chiaro che si trattava di una guerra di sterminio e annientamento. IL 22 giugno del 1941 ebbe inizio l’operazione Barbarossa: tre milioni e mezzo di uomini, con migliaia di aerei e carri armati ( Mussolini contribuì con l’ARMIR, circa 230mila uomini), invasero la Russia seguendo tre direttrici: Nord (Leningrado), centro (Mosca), e sud (Stalingrado). La guerra avrebbe dovuto durare tre mesi. In molti erano convinti che la Germania sarebbe penetrata nella Russia ‘come un coltello caldo nel burro’. Non fu così, come è noto (o per lo meno dovrebbe, in giro circolano molte fake) i tedeschi furono definitivamente fermati a Stalingrado, e a partire dal luglio del 43 l’iniziativa passò nella mani dell’ Armata Rossa, fino alla conquista di Berlino, nel maggio del ‘45. Nel frattempo le città tedesche erano state distrutte dai bombardamenti alleati, mentre l’avanzata sovietica si combinava con l’operazione ’Overlord’, e con lo sbarco in Normandia il 6 giugno del 44, la più grande operazione militare di sbarco della storia. La Germania pagò la sua avventura con più di 7 milioni di vittime, Gran Bretagna , Stati Uniti e Italia ebbero poco meno di 500mila caduti, circa 560mila i francesi, l’ Unione Sovietica contò alla fine circa 27 milioni di morti, di cui otto milioni di militari, oltre 70mila villaggi distrutti e 25 milioni di senzatetto, centinaia di migliaia di bambini orfani di guerra . Ancora negli anni ‘60 nella popolazione sovietica c’era un rapporto di 7 donne per 4 uomini. In questo quadro devastante, che ridimensionò e indebolì definitivamente il ruolo dell’Europa, quale fu l’apporto delle resistenze europee? Gli Inglesi, unico paese che era stato in grado di resistere all’avanzata tedesca, già nel luglio del 40, quando ormai quasi tutta Europa era sotto il dominio hitleriano, avevano fondato il SOE (Special Operation Execcutive) un ufficio che aveva il compito di fomentare scioperi, sabotaggi e azioni di guerriglia contro i tedeschi. In Italia il SOE era noto come Radio Londra: divennero abituali le comunicazioni cifrate e le parole d’ordine segrete, le trasmissioni furono affidate a Ruggero Orlando, allora corrispondente da Londra dell’EIAR. Ascoltare questa Radio era proibito, ma furono moltissimi quelli che disobbedirono. Il successo più clamoroso del SOE fu comunque in Norvegia, dove una squadra di agenti sabotatori riuscì a distruggere la scorta di acqua pesante che doveva permettere ai fisici tedeschi di realizzare la bomba atomica. Ma i popoli non ebbero bisogno della spinta del SOE per organizzare la resistenza: bastò loro la sperimentazione diretta del nuovo ordine nazista. Le forme di resistenza furono le più svariate: recentemente si è scoperta la storia di Pippa, l’agente del SOE Phyllis Latour che in Francia girava in bicicletta vendendo sapone. Per trasmettere le informazioni in Gran Bretagna le traduceva in un codice segreto inserito nella fascia lavorata a maglia che le tratteneva i folti capelli.. Fermata, perquisita e denudata dai tedeschi, nessuno fece caso alla fascia gettata negligentemente per terra e fu rilasciata. Resta il fatto che i soldati di tutti gli eserciti consideravano le donne bottino di guerra, milioni di donne vennero stuprate, tedeschi e giapponesi organizzarono bordelli con le prigioniere nelle retrovie, e si calcolò che circa il 4% dei bambini nati subito dopo la guerra fossero frutto di stupri. In Italia le donne italiane riconosciute come resistenti sono state 35mila, ma questa fu solo la punta dell’iceberg e molte contribuirono con semplici gesti quotidiani. Dopo la guerra il punto di arrivo fu l’attribuzione del diritto di voto alle donne in tutti i paesi europei. A Leningrado, dove in seguito all’assedio morirono di fame oltre 600mila persone e per la disperazione si erano ridotti a bollire e tentare di mangiare le cinture di cuoio, nel 42 una orchestra di esili fantasmi spettrali con appena la forza di reggere gli strumenti, suonò la settima sinfonia di Dimitri Sostakovic, composta per tirare su di morale la popolazione. La musica arrivò fino alle postazioni tedesche e un soldato scrisse in una lettera alla famiglia: ‘ quel giorno compresi che avevamo perso la guerra’: ‘Fischia il vento, urla la bufera, scarpe rotte eppur bisogna andar’ cantavano i partigiani italiani in cronica carenza di armi e di mezzi. I lanci degli alleati furono effettuati con molta parsimonia, perché il SOE voleva evitare di rifornire le formazioni comuniste, cioè la maggior parte dei partigiani. Molti militari italiani rimasti privi di ordini e sbandati si unirono però alle formazioni partigiane .Pochi sanno che perfino numerosi soldati tedeschi abbandonarono la Wehrmacht (circa 100mila): se ne trova qualche esempio nell’autobiografia del famoso comandante partigiano Alessandro Vaja e studi recenti ( Mirko Carrettieri e Iara Meloni) sostengono che furono più di 10mila i soldati della Wehrmacht che si unirono alle formazioni partigiane italiane! In Norvegia, oltre alla distruzione dell’impianto di acqua pesante di cui si è già parlato, l’impresa più importante dei locali partigiani fu l’attacco al motopeschereccio tedesco Krebs, che permise agli inglesi che agivano assieme a loro di impadronirsi di un esemplare della macchina Enigma, ( l’anno successivo il gruppo di Turing riuscì infine a decifrare i messaggi segreti tedeschi, dando agli inglesi un grandissimo vantaggio strategico.) Molti furono gli episodi di sabotaggio e affondamento di navi tedesche, ma a prevalere fu la resistenza ‘passiva’. Migliaia di cittadini presero parte al ‘fronte del ghiaccio’, cioè all’isolamento dei soldati tedeschi, con cui nessuno parlava, né accettava di sedersi vicino sui mezzi pubblici: tanto che a un certo punto il rifiuto di sedersi accanto a un tedesco sui mezzi pubblici divenne un reato. La resistenza norvegese terminò con un saldo di 6000 morti e oltre 7000 deportati, di cui ben pochi fecero ritorno, su una popolazione allora di tre milioni di abitanti, Il regno di Danimarca aveva sottoscritto nel maggio del 39 un patto di non aggressione con la Germania. Meno di un anno dopo, un poliziotto che faceva il suo giro di perlustrazione in città si imbattè con stupore in un marinaio tedesco in uniforme. Poco più tardi le truppe tedesche varcarono la frontiera a Toder: l’invasione era cominciata. I tedeschi non volevano imperversare su un popolo che consideravano anch’esso ariano, e si limitarono a sfruttarlo selvaggiamente: la fame era costante, perché le derrate alimentari venivano spedite in Germania, come pure i prodotti industriali: e dunque aumentarono le azioni di sabotaggio che da 12 che furono nel 1941, balzarono a 816 nel 1943. Nel gennaio di quell’anno si svolsero perfino delle elezioni cui partecipò il partito nazista danese, che prese il 2% dei voti. Nell’agosto del 1943 tuttavia la Wehrmacht prese direttamente nelle sue mani il governo del paese, disarmò l’esercito e i duemila agenti della polizia danese furono deportati nel lager di Buchenwald. I 7000 ebrei danesi riuscirono quasi tutti a salvarsi perché, avvisati, fuggirono il giorno prima che scattasse il rastrellamento. Tra di loro c’era il famoso fisico Niels Bohr. Verso la fine della guerra ci fu perfino un fenomeno inatteso: migliaia di civili tedeschi lasciarono la Germania e si rifugiarono in territorio danese...dove furono comunque accolti. In Polonia la resistenza fu una lotta disperata per la difesa dell’identità nazionale, per conservare la lingua e la cultura polacca. Si crearono anche università clandestine, con rischio di morte per chi vi partecipava. Nel 1939 finirono in campo di sterminio 183 docenti dell’antica università jagellonica di Cracovia, attirati dai nazisti a un convegno su ‘ La posizione dei nazionalsocialisti nei confronti di scienza e cultura’. Furono circondati dalle SS, picchiati e arrestati. I partigiani furono molto attivi con sabotaggi a ferrovie, fabbriche e rifornimenti. In Polonia si contarono due dei più drammatici episodi di resistenza di tutta la guerra: la rivolta del ghetto di Varsavia e l’insurrezione della città nell’agosto del 1944, in attesa delle truppe sovietiche ormai attestate a poco distanza, che però non intervennero. La città fu praticamente rasa al suolo dai tedeschi. L’ultimo messaggio radio degli insorti diceva: ‘Siamo stati liberi per 63 giorni. Ora saremo di nuovo prigionieri, ma i tedeschi non conquisteranno mai Varsavia, perché la città non esiste più’. Il bilancio fu tragico: morirono 200mila persone, un altro mezzo milione fu fatto prigioniero e avviato ai campi di concentramento. Varsavia fu liberata il 17 gennaio del 1945, e dieci giorni dopo i sovietici entrarono ad Auschwitz, trovando in vita ancora 3000 prigionieri, dei 4 milioni che erano passati di lì, e rivelando al mondo per la prima volta gli orrori dei campi di sterminio. Il costo pagato dalla Polonia ammontò a sei milioni di morti, circa il 20% della popolazione. E’ però impossibile riassumere qui tutto il complesso quadro della resistenza in Europa. Il libro ha una bella prefazione di Gianfranco Pagliarulo che conclude parlando delle lettere dei vari condannati a morte delle resistenza europee, poste da Nunzia Augeri alla conclusione dei vari capitoli del libro a ricordo del fatto che parlano ancora al nostro presente come monito contro gli attuali nuovi venti di guerra.
Nunzia Augeri, La resistenza in Europa 1939-1945 edizioni Nulla Die, saggi Nuovo Ateneo, pp.286, euro 20
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