Anna Paola Moretti (cura) Boschi cantate per me

Valeria Fieramonte


Che le poesie potessero essere anche una forma di resistenza estrema, per me è stata una scoperta:questa antologia poetica dal lager femminile di Ravensbruck, un centinaio di poesie provenienti dal più grande campo di concentramento femminile d’Europa, non è solo una descrizione di sentimenti vissuti, ma arte vera, e di alto livello.

Quello che stupisce è il modo come queste poesie sono arrivate fino a noi: custodite e memoria e poi ritrascritte, cucite negli orli dei vestiti, nascoste, con mille pericoli, in barattoli di vetro sepolti, per ognuna di esse ci sono state decine di mani femminili amorevoli che in qualche modo sono riuscite, a rischio della vita, giacché scrivere era vietato, a tramandarle tenendo fede a una promessa: come ricordo di un’amica eliminata, come restituzione a liberazione avvenuta, come affermazione di un’identità soggettiva persino nel misero nulla numerato dei campi della morte.

Se ne sono conservate circa 1200, composte da più di 140 prigioniere di oltre 15 nazionalità, cosa che ha comportato anche un importante lavoro di traduzione. Ma furono sicuramente molte di più, perché spesso venivano distrutte dalle guardiane, oppure dalle stesse detenute per sottrarsi alle sempre tremende punizioni.

La poesia come simbolo di un eroismo silenzioso e sotto traccia, fatto di gesti e accorgimenti minimi, di piccoli segnali di solidarietà e amicizia, di un modo per continuare a sentirsi vive, di fedeltà a una promessa mantenuta a tutti i costi. E di espedienti ingegnosi e rischiosissimi, specie nel caso dei tentativi di protezione dei bambini, la cui sorte nel lager era persino peggiore di quella degli adulti: impossibile dimenticare la festa di Natale organizzata per loro nel dicembre 1944, quando ormai era evidente la vittoria degli alleati, (arrivati comunque, in seguito, sempre troppo tardi in relazione alle aspettative): bambole e giocattoli ricavati da cocci e pezzi di metallo raccolti per terra, qualche fetta di pane e di burro in più per ogni bambino, addobbi ricavati da rami di abeti, favole ideate per l’occasione e canzoncine di Natale da ogni paese...

Anna Paola Moretti, che ha curato questa eccezionale e bellissima antologia presentata per la prima volta in Italia, ha dedicato a ciascuna autrice una scheda biografica, in relazione alle notizie che è stato possibile accertare: persino ritrovare il cognome di nascita non è stato semplice, dato che molte venivano registrate solo con il cognome da sposate.

Tutte le poesie sono presentate col testo originale a fronte, ce n’è persino una ‘tradotta’ dal friulano. Le internate italiane a Ravensbruck sono state circa un migliaio, tante se si pensa che iniziarono a arrivare tutte dopo l’8 settembre del 1943, e vennero viste all’inizio anche con molta diffidenza, dato che si sapeva che Mussolini era complice di Hitler: ci volle un po' a capire che una Resistenza si era sviluppata anche da noi. E’ commovente, dopo aver letto i testi, scoprire dalle schede biografiche che cosa è successo in seguito alle autrici. E anche capire l’incredibile, minuzioso e attentissimo, lavoro di raccolta di vite e di poesie fatto dalle curatrici: come un coro di sottofondo senza rottura di continuità.

Il libro non nasconde neanche le difficoltà che hanno avuto le poche sopravvissute a reintegrasi nel mondo ‘di prima’ una volta tornate a casa: non nasconde nulla, e la poesia in questo caso si mostra potente nel rimandare le esatte condizioni di vita nel campo, trasformando anche l’indicibile in qualcosa di detto.

Come nel caso di una delle torture principali, gli appelli interminabili: ore ferme in piedi, sotto qualsiasi tempo, sotto pioggia e neve:

Per una piccola violazione,

Per un letto rifatto male,

Per un appello indisciplinato

per un fazzoletto mal legato,

in piedi per ore,

al vento, alla pioggia, al gelo

la sera o la mattina.

E’ quasi paradossale che queste trame di annientamento, calcolate per di più in modo ‘scientifico’, abbiano dato vita a una sorta di contrario : è come se la soggettività femminile, nel tessuto sotterraneo di relazioni disperate e minimali, di morti e selezioni quotidiane, di malattie provocate, di appelli mostruosi in piedi per ore al gelo, di consunzioni da fame e da lavoro, di estremi limiti del vivere e del morire, sia stata sfidata a dare il meglio di sé nella resistenza: quasi a testimonianza, nonostante il ruolo delle kapò, di una sorta di irriducibilità femminile alle logiche concentrazionarie.

Quelle stesse logiche che sembrano invece risultare, per gli uomini, come una soluzione scelta e praticata (come modalità d’azione, e non solo nel caso della seconda guerra mondiale) in molte situazioni di crisi grave quando sembra sfuggire il dominio sulla realtà.


Boschi cantate per me, a cura di Anna Paola Moretti,

enciclopediadelledonne.it, pag 410, 23 euro.

8-02-2025


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