Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin. Il costo della virilità

 


di Valeria Fieramonte


 


Questo singolare libro rovescia in modo definitivo la narrazione ancora largamente corrente della donna come costola dell’uomo, ovvero come dettaglio più o meno rilevante del sé maschile, qualcosa di incorporato come piccola parte di sé e che dunque diventa inutile nominare come soggetto.

Grazie alle scienze statistiche e matematiche e a un occhio attento alla macroeconomia, le due autrici, Ginevra Bersani e Lucile Peytavin, smentiscono la vulgata dominante che fa apparire le donne simili all’uomo, o per lo meno quasi simili, in ogni genere di comportamento asociale e delinquenziale.

Così non è, ma ci volevano economiste esperte di statistica per dimostrarlo con dati inoppugnabili.

In Italia ( ma immagino anche nel resto del mondo) gli uomini sono responsabili della grande maggioranza dei comportamenti antisociali: rappresentano l’85 % delle persone incriminate dalla giustizia, l’83% dei responsabili di incidenti stradali mortali, il 92% degli imputati di omicidio, il 100% dei pedofili, il 98,7% degli stupratori(?), il 90% degli appiccatori di incendi , il 90% dei rapinatori e estorsori, il 93% degli spacciatori di stupefacenti, il 92% degli evasori fiscali, eccetera ( vedi tabella).

Non sono dati intuitivi, dato che la propaganda maschile per attribuirci il ruolo di streghe cattive è sempre proseguita indefessa.

I problemi, pare, siano iniziati sin dal paleolitico ( tra i 3 milioni e i 12mila anni fa): tra gli ominidi non sapiens non è affatto detto che ci fossero bestioni che si portavano le femmine nelle caverne prendendole per i capelli, confinandole alle cure domestiche e dei figli, questa è una iconografia nata nell’800, le femmine all’epoca erano molto più robuste di adesso ( solo molto tempo dopo gli sono state preferite, e selezionate, quelle più graciline), tanto che ci sono stati gustosi equivoci di scheletri molto adorni e dunque in ruoli apicali, attribuiti a uomini mentre poi le prove genetiche hanno dimostrato trattarsi di donne ricche e importanti.

La svolta a favore dei maschi è avvenuta del neolitico, è in questo periodo che ha preso corpo la nozione di virilità, e con l’avvento delle armi metalliche gli appartenenti al genere’ homo‘ hanno iniziato a imporsi oltre che concretamente anche simbolicamente. Gli studi sulle ossa confermano questa versione, perché si riscontrano sullo scheletro delle femmine tracce di violenza molto più sistematiche, e anche patologie da denutrizione. Si assiste a una riduzione della robustezza dello scheletro femminile, dovuta in primo luogo a una penuria alimentare destinata soprattutto alle femmine, che , quasi sempre in stato di gravidanza e poi di allattamento, avevano minori possibilità di procurarsi autonomamente il cibo.

Qualche ruolo ce l’hanno probabilmente anche gli ormoni, in particolare il testosterone, ma la scienza non è mai stata in grado di dimostrare che la maggiore aggressività maschile derivi da questo.

Sia come sia, il resto lo fa l’educazione, è stato dimostrato che le madri agiscono in modo diverso con figlie o figli. per esempio lasciando i maschi più liberi di poppare e di fermarsi quando lo desiderano, mentre impongono la propria cadenza nella presa del biberon se a poppare è la figlia femmina. Anche le rappresentazioni che i genitori elaborano circa i figli sono diverse per sesso, e questo avviene spesso in modo inconscio, tanto che se glielo si fa notare alcuni genitori si stupiscono.

La virilità poi col tempo è diventata una costruzione ideale, ecco come la definisce la Treccani:’ la qualità propria dell’uomo forte, sicuro di sè e risoluto, coraggioso, che si manifesta con le sue azioni’. Il fatto che tutto questo ‘coraggio’ si manifesti poi soprattutto con l’infierire sui più deboli non pare rilevante. Non si sa che ne pensino i bambini soldato, ma è un fatto che nel mondo le armi uccidono ( o è meglio dire uccidevano?) 90mila persone in conflitti e 16 mila in attacchi terroristici ( negli USA muoiono 30mila persone l’anno a causa della libera circolazione di armi.)

Per venire all’oggi nelle scuole i ragazzi sono all’origine della quasi totalità delle violenze, occupano la maggior parte dello spazio nei cortili di ricreazione con giochi di pallone e di rissa , mentre le ragazze, oltre a essere confinate in spazi più piccoli, si sentono spesso minacciate dai loro giochi.

Nella costruzione della virilità pare che sia centrale il confronto gerarchico con l’altro, le autrici sostengono che nessuna supremazia esiste senza un inferiore da disprezzare o addirittura umiliare.

Dato che le donne sono circa la metà della popolazione, la cristallizzazione della ‘violenza virile’ ne degrada fortemente la vita. Nel solo 2020, per venire a anni recentissimi, si sono contate 116 donne uccise, duemila bambini lasciati orfani e le vittime di violenze, specie per le casalinghe, quasi sempre da parte del coniuge o dell’ex, sono state oltre 32mila.

Il 70% delle ragazze dichiara di aver subito molestie nei luoghi pubblici, e con le nuove tecnologie il 41% ha subito un’umiliazione tramite dei post pubblicati dai loro contatti social.

Poi non ci si deve stupire se, agli inizi dell’avvento dell’informatica le donne erano pari o di più degli uomini, mentre oggi sono un’esigua minoranza.

Il 98,7% delle vittime di violenza sessuale sono donne. Il restante 1,3% è ipotizzabile siano transessuali, omosessuali e uomini che non si conformano ai canoni voluti della virilità. I ragazzi derisi perché manifestano una qualche forma di differenza dai canoni dominanti sono tuttavia di più: circa il 30%, segno che questo modello di virilità tossica danneggia anche loro.

Gli adolescenti non hanno nessuna vera educazione sessuale, che dovrebbe basarsi sull’empatia e sul rispetto dell’altro, (che per fortuna possono apprendere da soli, se riescono a staccarsi da modelli imposti) . Il loro contatto con la sessualità spesso si riduce alla pornografia, specie ora che posso accedervi più facilmente tramite le reti. Questo porta a una ulteriore svalutazione del corpo femminile, e, nei maschi, contribuisce a dissociare sempre di più il sesso dai sentimenti. Per ironia della sorte, le bambine invece sono incentivate a sognare inesistenti principi azzurri e rapporti romantici.

Talora le violenze sono ‘giustificate’ dal ‘bisogno naturale’ degli uomini di avere una sessualità più attiva, ma si tratterebbe di una fola. Non è vero che gli uomini hanno più esigenze sessuali delle donne, anzi è vero spesso il contrario, perché questi ultimi, impegnati come sono nella competizione tra di loro, possono mancare di desiderio sessuale più delle donne. Resta però il fatto che , essendo la sessualità femminile quasi un tabù, spesso le donne stesse non riescano a riconoscere la loro eccitazione sessuale e occorra loro più tempo per mettere a fuoco il desiderio fisico. Invece dietro le aggressioni sessuali maschili, (da non confondere con una possibile esuberanza sempre invece ipocritamente sanzionata dall’informazione, proprio perché innocua) non ci sono desideri irrefrenabili, ma decisioni pianificate e razionali. Lo dimostra del resto anche l’aggregazione di gruppi di uomini che teorizzano e giustificano l’odio verso le donne e premeditano azioni collettive.

Un’altra componente importante del paradigma della virilità sono i comportamenti a rischio: i dati disponibili sull’insieme di infortuni indicano che sono molto più coinvolti in incidenti gravi. Nei paesi OCSE, per esempio, i ragazzi di meno di 14 anni presentano il 70% di rischio in più di morire in un incidente. Nonostante il proverbio ‘donne al volante pericolo costante’ sempre secondo le statistiche il 41% degli uomini è stato in torto nel creare incidenti rispetto al 16% delle donne. Le donne sono meno responsabili degli incidenti ma ne muoiono di più, perché il tipo di auto che guidano, in genere più piccolo e leggero, oltre al tipo di incidenti, le espone a maggior rischio.

Le autrici ritengono che persino lo sport sia un potente vettore di apprendimento della dominazione: quelli praticati soprattutto da maschi, come il calcio, il rugby, il wrestling o la boxe, sono simboli di mascolinità potente e aggressiva: dato che sono valori in genere apprezzati dalla società, ora si accetta più volentieri che anche le ragazze si cimentino in queste tenzoni così poco adatte al loro corpo. Può sembrare che sia un passo avanti, ma a me non lo sembra: sembra piuttosto la solita riproposizione della ‘costola’.

E’ un fatto che questi stessi sport beneficino di quasi il 75% dei bilanci pubblici destinati al tempo libero dei giovani – al contrario, cosa facciamo per includere in questi spazi anche le donne, che spesso sono indotte a vivere lo spazio pubblico come una zona di pericolo?

La dissennata valorizzazione della velocità presso i bambini non ha anch’essa un ruolo determinante nei reati stradali con incidenti gravi?

Per le donne invece è la valorizzazione della bellezza a diventare spesso una prigione: diventano sovraesposte a standard di bellezza insostenibili ai quali si adeguano spesso a scapito della loro salute. Alla nascita il cervello umano dei due sessi è predisposto all’empatia, dato che siamo tutti interdipendenti gli uni dagli altri, ma mentre l’empatia, un comportamento così utilmente e naturalmente sociale, nelle donne è coltivata, negli uomini è disincentivata, inducendoli così, secondo Ginevra e Lucile, a un rapporto patologico con le loro stesse emozioni.

La virilità è dunque diventata la prima causa di delinquenza e criminalità: e costringe lo Stato -anch’esso peraltro dominato dagli uomini - a dedicare colossali risorse finanziarie per arginare questo fenomeno.

Questi costi sono stati calcolati dalle autrici, e ammontano a 99 milioni di euro all’anno solo in Italia, che si potrebbero spendere molto meglio per il benessere di tutti, invece che per riparare i danni dovuti a una virilità probabilmente anche un po' caricaturale…

Dato che la stragrande maggioranza dei crimini è commessa da uomini, le attività dei Ministeri della Giustizia e dell’Interno sono ampiamente dedicate a loro. Forse per questo, tuttavia, i dati scorporati per genere dei vari tipi di reati non sono facili da trovare.

Resta il fatto che il 95% dei detenuti carcerati sono uomini. Sono anche i primi responsabili di violenze contro le forze dell’ordine, di pressioni, ricatti e corruzioni varie.

Più banalmente, negli stessi spazi pubblici sono quasi sempre loro a insultare, sputare, degradare e urinare ( in questo caso in concorrenza coi cani, unici a non essere sanzionati), e anche per mancanza di urinatoi pubblici, ormai aboliti e che forse occorrerebbe ripristinare a causa del forte aumento di senza tetto e persone senza casa.

Non c’è alcun dubbio, viste le statistiche, che il primo criterio che caratterizza i comportamenti criminali non è la provenienza dal Sud o dal Nord, non è l’essere stranieri o italiani, ma appartenere appunto al sesso maschile. In confronto, e nel mondo intero, la criminalità femminile è quasi inesistente. Anche la miseria è un fattore molto meno determinante del sesso.

Non è stato facile, Ministero per Ministero, calcolare i dati dei costi della delinquenza maschile, perché nei dati Istat la ripartizione delle responsabilità per genere è molto meno menzionata della ripartizione di responsabilità per nazionalità e fascia d’età, ma alla fine le autrici ci sono riuscite. Ometto la spiegazione dei metodi di calcolo, peraltro dettagliata, perché è la parte più lunga e più complicata da spiegare.

In questo mondo sempre più fuori controllo, con sempre più guerre e che avrebbe bisogno di un ricovero psichiatrico con somministrazione di qualche calmante collettivo, - va bene, qui scherzo un po', - non è facile indicare soluzioni. Nei paesi del Nord Europa per esempio, hanno tentato un’istruzione più neutrale tra i sessi, ma la cosa non sembra aver funzionato. Per dire, la percentuale di donne vittima di violenza è del 17% in Finlandia rispetto al 12% in Francia e Germania, ma può darsi che sia anche perché nel Nord le donne denunciano di più le violenze…

I costi delle guerre qui non sono stati calcolati, anche perché non sono calcolabili davvero e non era il compito del libro. Non è stato calcolato neppure l’impatto della virilità sui cambiamenti climatici e l’ambiente. Ma qualcosa bisognerà pur fare per modificare uno stato di cose ormai pericoloso per la sopravvivenza stessa della nostra specie sul pianeta: per esempio, insegnare l’empatia anche agli uomini.

 


Ginevra Bersani Franceschetti e Lucile Peytavin, Il costo della virilità

Quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne

Il Pensiero Scientifico Editore, 2023, pagg.192, € 20,9


9-11-2023











 

 

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