Una partigiana all’Alfa Romeo

Valeria Fieramonte



"Fiamma partigiana all’Alfa Romeo" è un libro singolare: in parte diario (di Antonietta Romano, appunto la partigiana Fiamma), e in parte saggio, dove Valter Molinaro ricostruisce la storia della Resistenza nelle officine dell’Alfa Romeo Portello. Prodotto dall'ANPI per la Glifo Associati editore, (il diario di Fiamma è ricostruito da Tatiana Bertolini), esordisce così:

«oggi abbiamo giovani senza ricordi:

giovani astorici.

Generazioni rapinate del dono della memoria;

perciò incapaci, o almeno inadatte,

a credere perfino in un loro definito avvenire»

E’ una frase poesia di Padre Turoldo, messa all’apertura del libro.

Antonietta era entrata all’Alfa a sedici anni, e grazie alla sua conoscenza del tedesco, era entrata in contatto con una segretaria di direzione collegata alla Resistenza.

Anche in virtù di questo legame era entrata nei Gruppi di Difesa della Donna, nel Movimento dei Comunisti Cristiani, e nella 111 esima Brigata Garibaldi come sappista. (Le Sap erano le Squadre di Azione Patriottica).

Il diario è inframezzato da lunghi periodi di ‘silenzio’ dovuti a motivi di sicurezza, ma ci sono note anche su momenti decisivi, come gli scioperi e i boicottaggi delle produzioni belliche del 44, che videro molti operai arrestati e inviati nei campi di sterminio di Mauthausen e Gusen, da cui, secondo l’accurata ricostruzione, nome per nome, di Molinaro, furono ben pochi quelli che tornarono. Nessuno allora sapeva nulla dei campi di sterminio. Degli operai che sparivano – la direzione diceva che erano stati mandati in prima linea a scavare trincee.

Il 20 ottobre del 1944 Fiamma descrive il terribile bombardamento dell’Alfa, la vita nei rifugi, la conta dei vivi, dei morti e delle case distrutte all’uscita...Quel 20 ottobre lei era rimasta in ufficio e dalla finestra aveva contato “36 aquiloni che risaltavano maggiormente nell’inconsueto limpido azzurro del cielo milanese. “

Tenta di andare al rifugio, e a metà scala “sentiamo che sganciano, poco distante, tutt’intorno è diventato molto fosco, le scale danno l’impressione del crollo, tutto attorno a noi vola: scrivanie, pareti, orologiere, ...un grappolo di bombe caduto poco distante ci dà l’impressione del ciclone. Lo spostamento d’aria fa crollare il portone d’entrata, l’orologio a pendolo si stacca dal muro e così le cartelliere, che per poco non ci colpiscono, Al buio raggiungiamo un corridoio, arriviamo così presso la porta che dà alla cantina. Sto per valicarla quando un violento colpo alle spalle mi fa fare un volo di 12 gradini proiettandomi contro il Direttore. ..continua il bombardamento e noi attendiamo nel sottoscala con la gola arsa dalla terra e dall’odore di zolfo.

Tornata la calma comincia la processione dei feriti che vengono ricoverati nel rifugio per ricevere i primi soccorsi: entra un frate che impartisce la benedizione. Dò la prima occhiata intorno: il luogo non sembra più lo stesso: vedo volti attoniti, rossi di terra, capelli bianchi completamente, abiti laceri...sotto le macerie c’è un uomo..lavoriamo per liberarlo. E’ morto: la faccia composta a quiete mostra un rivolo di sangue lungo la tempia.

Notiamo prima di uscire dalla ditta molti preti che entrano a dare gli ultimi conforti: La terra attorno è coperta di polvere rossa e quasi a ogni metro sono esplose bombe (sia pure di piccolo calibro).

Molti passanti nel vederci ci fermano, ma noi restiamo chiusi nel silenzio. E doveva essere ben tragica la visione del nostro gruppo: quattro individui dal volto color terracotta, capelli bianchi – per le macerie o perché hanno cambiato colore – uno ferito alla testa, l’altro zoppicante, una collega con volto e mani sanguinanti, io che trascinavo a fatica un piede…

Arrivo a casa, mio padre non c’è. Ecco che verso sera ritorna, più morto che vivo per la paura di trovarsi di fronte il cadavere di sua figlia...»

E’ il diario scritto da una diciannovenne, di fresca immediatezza anche se in un italiano ancora scolastico. Vale la pena di leggerlo, fa capire molte cose della quotidianità della guerra.

Il 25 aprile del 1945 Fiamma sarà la prima a entrare in fabbrica col tricolore del CLN. In seguito, dopo la grande delusione seguita alla chiusura del suo minuscolo Partito dei Comunisti Cristiani, girerà le scuole per parlare della guerra e del valore della democrazia.

Il successivo saggio di Valter Molinaro fa una accurata ricostruzione di quel che è stata l’Alfa Romeo negli ultimi anni di guerra, riccamente corredata da documenti dell’epoca. Molto interessante è il rapporto tra operai e direzione, in tutte le sue sfumature. Si parla della fame, della borsa nera, vi è registrato intero l’intervento del generale tedesco Zimmermann di “saluto agli operai.”

E’ ricostruito anche il contesto storico tra il 25 luglio del 1943 e la Liberazione.

All’arresto di Mussolini non si procede a allontanare dai posti chiave dello stato i fascisti né sono indette libere elezioni. Il governo italiano si arrende senza avvisare formalmente i tedeschi, da un giorno all’altro diventati nemici. I militari sono lasciati senza direttive in una sorta di “ si salvi chi può”. Il Re fugge lasciando Roma in balia dei tedeschi. Badoglio per non essere penalizzato alla fine della guerra, si decide solo dopo un mese, il 13 ottobre del 1943, a dichiarare guerra alla Germania. Nasce la Resistenza armata. Napoli si libererà da sola alla fine di settembre...

Un libro da leggere, avvincente più di un romanzo.

 



Tatiana Bertolini e Valter Molinaro
‘Fiamma partigiana all’Alfa Romeo. Il diario di Antonietta Romano e la Resistenza al Portello,

Editore: Glifo Associati
Data di Pubblicazione: giugno 2021
Pagine: 216, Euro 15.

 

 

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