A proposito di Emma Wedgwood
Valeria Fieramonte
Gli studiosi di Darwin hanno inflitto una cattiva fama a sua moglie Emma Wedgwood (1808-1896): presentata come una donna bigotta, limitata, che sarebbe stata un freno al ‘genio’ del marito.
Ora una biografia scritta da Chiara Ceci, dopo oltre quattro anni di ricerche accurate negli archivi e sul posto – fa giustizia della frettolosa e superficiale vulgata maschile.
Emerge che per quei tempi – più o meno quasi l’intero secolo diciannovesimo –i Darwin furono tutto sommato una coppia felice e ben assortita.
Emma era figlia del più importante produttore di ceramiche inglese, a sua volta erede della fortuna lasciatagli dal padre, che aveva saputo innovare profondamente le tecniche della fabbricazione delle terraglie, o pottery, con l’introduzione del basalto e del diaspro.
Era dunque vissuta in un ambiente ricco, in una bellissima villa, e a soli 16 anni aveva per nove mesi girato l’Europa nel tradizionale ‘grand tour’ delle ricche famiglie di allora e appreso bene anche l’italiano e il francese.
Era la più piccola di casa, ultima di sette figli.
I Darwin erano amici di famiglia dai tempi dei nonni, fin da quando Erasmus, rispettato medico dell’elite dell’epoca, aveva preso in cura e amicizia il nonno di Emma.
Entrambi nel 1787 avevano poi aderito alla ‘Society for the suppression of the slave trade.’
Il giovane Charles, nipote di Erasmus, da adolescente piuttosto svogliato a scuola, cui preferiva la caccia e le scampagnate per raccogliere… insetti, a 23 anni e alla fine dei suoi studi universitari, dopo molte trattative riuscì infine a imbarcarsi sul Beagle, come accompagnatore non pagato del comandante Robert Fitzroy (lo stesso degli ammutinati del Bounty, tanto per capire il carattere del personaggio), in un viaggio attorno al mondo che sarebbe durato 5 anni.
Al ritorno dal viaggio, nel 1836, preceduto ormai da una certa fama per i suoi studi e i campioni naturalistici raccolti, Emma, che aveva ormai 28 anni, si accorse che il cugino era diventato un uomo interessante.
Ma ci vollero ancora due anni prima che si decidessero a sposarsi.
Charles ci aveva pensato molto e redatto anche un documento in cui elencava i pro e i contro del matrimonio, concludendo che preferiva sposarsi per avere qualcuno con cui divertirsi e invecchiare: ‘comunque sia, sempre meglio di un cane’.
Non pare che Emma se la sia presa più di tanto, dunque era anche una donna di spirito.
Del resto Charles aveva concluso le sue riflessioni scrivendo: ‘guardatevi attorno. Ci sono tanti schiavi felici’.
Comunque – alla fine si sposarono. Lei aveva 30 anni e lui 29. Entrambi i loro padri avevano concluso che Charles ‘aveva vinto alla lotteria’
Ed era vero, da quel momento in poi Emma si sarebbe presa cura del marito, quasi sempre malaticcio, forse in seguito a qualche strana infezione contratta in viaggio, con grandissima abnegazione.
Emma era credente e Charles con un forte orientamento materialista (anche se non ateo come il fratello maggiore Erasmus). Ma non fu mai un vero problema tra di loro.
Dieci figli e 20 anni dopo, quando la pubblicazione, nel 1859, di L'origine delle specie cominciò a creare molto trambusto nella loro vita fino ad allora abbastanza tranquilla, Emma commentò, di nuovo con humour, che le risultava ‘davvero così strano che qualcuno che mi appartiene produca tanto frastuono nel mondo’.
Da poco tempo era morto di scarlattina il loro decimo figlio, Charles Waring, che Emma aveva avuto a 48 anni ed era affetto dalla sindrome di down (Tra il 1850 e il 1900 il tasso di mortalità sotto i 4 anni era del 15%).
Dalla pubblicazione del libro in poi, la loro vita non fu più la stessa.
Può essere interessante sapere che Darwin non conobbe mai le teorie del monaco ceco Gregor Mendel (1822-1884), e le sue osservazioni sui caratteri recessivi e dominanti delle piante, fatte osservando i piselli che coltivava nel monastero di Brno.
Aveva invece formulato la teoria della pangenesi, secondo la quale la trasmissione dei caratteri era legata a microscopiche particelle chiamate ‘pangeni’, presenti nelle cellule uovo e negli spermatozoi.
I Darwin frequentavano però quel notevole gruppo di intellettuali che influenzò tutto l’800, da Huxley a Shelley, da Wallace al Haeckel, da Tennyson a Dickens, e persino, ma in forma epistolare, gli italiani Dante Gabriele Rossetti e Tito Vignoli (che nel 1893 divenne direttore del Museo di Storia naturale di Milano).
Ancora, può essere interessante sapere che le poste conobbero la loro principale evoluzione proprio nell’800.
Nel 1830 mandare due fogli tra una città e l’altra costava quanto la paga di un giorno di un operaio: uno scellino. Con l’introduzione dei francobolli – invenzione italiana dovuta alla famiglia di Torquato Tasso – già a partire dal 1840 fu possibile inviare la posta al prezzo di un solo penny, ovvero qualche centesimo.
In pochi anni le lettere spedite passarono da qualche migliaio a parecchi milioni.
Si capì poi che le poste avevano dato un potente contributo all’alfabetizzazione di massa.
Fu il desiderio di leggere le lettere dei propri cari lontani o non raggiungibili a indurre molte persone a imparare a leggere e a scrivere.
Ma allora le poste funzionavano: pensate che nel 1860 gli inglesi potevano contare sul fatto che una lettera all’interno della stessa città poteva essere ricevuta entro un paio di ore dal suo invio!
Pensate adesso!
Darwin morì nel 1882, all’età di 73 anni.
Dopo aver pubblicato altri libri che fecero tutti scalpore. Emma gli sopravvisse per altri 14 anni, circondata da figli e nipoti. Morì a 88 anni nel 1896.
Chiara Ceci, Emma Wedgwood Darwin,
Sironi editore, 2013, 18 euro
26-02-2013
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