Il silenzio di Vermeer

di Donatella Bassanesi

 


Donna alla finestra con brocca

 


La luce di Vermeer (1635-1652) non è d'interno. È luce esterna, pur non provenendo, essenzialmente, dall'esterno. I vetri, di una finestra quasi sempre visibile nei quadri, più che costituire sorgente di luce rimandano riflessi. Il riflesso di un volto in un vetro, in uno specchio, diventa segno, ricerca di uno spazio-luogo che va ancora più in là rispetto allo spazio del quadro. Un altrove che appare di sbieco, quasi assorbito dalla materia, estraneo.

La luce si produce come una luce d'ombra, appartiene ad ombre, figure che ritornano, revenant, evocazioni, fantasmi.
Così gli abiti, gli oggetti, i volti sono corpi di luce, e insieme linee d'ombra. La loro luminosità è di quella specie che noi ritroviamo nei corpi quando hanno perso l'ombra, come sollevati dal loro peso, divenuti corpi che provengono dall'ombra, che illuminano l'ombra.

 


La lattaia


La ricerca di Vermeer sta nei rapporti tra luci ed ombre. Scrive Ungaretti (in: Invenzione della pittura d'oggi, in: L'opera completa di Vermeer, Milano, 1967): "difatti cercava la luce. Si veda com'essa vibri, per lui dai vetri, com'essa muova l'ombra, ombra della luce, ombra quasi impalpabile di ciglia mentre lo sguardo amato si socchiude, sguardo quasi - nel suo protrarsi nella memoria e nel desiderio - imitasse il segno dell'ombra".

La ricerca della luce è ricerca dell'ombra che attraversa e diventa luce. La distanza dalla vita quotidiana avviene attraversandola, silenziosamente. Per questi silenzi la vita sospesa trapassa il suo tempo.

In una lettera a E. Bernard, Van Gogh annota la tavolozza e le mescolanze presenti in Vermeer: "La tavolozza di questo strano artista comprende l'azzurro, il giallo limone, il grigio perla, il nero e il bianco (…) riunire il giallo limone, l'azzurro spento e il grigio chiaro è in lui caratteristico".

 


La ragazza che legge una lettera

 

Anche Ungaretti nota i colori. È colpito da quelli violenti, accecanti (i gialli, i rossi, gli azzurri, degli abiti, di un tappeto…). Come fossero sorgenti di luce. Meglio, sono colori che emergono purissimi, dallo spettro dell'iride. In questa coincidenza di luce e colore la vita sembra irrompere, ma è trattenuta in un tempo assoluto. Che sembra riassumersi in un colore assoluto, nell'assolutezza del colore: "Vermeer più che la luce ha trovato altro, ha trovato il colore, un colore vero, dato nella sua assolutezza di colore". Il giallo è "sulfureo", "si tratta di giallo invadente, di prepotenza del giallo": un giallo luce dirompente che si sprigiona dal colore degli abiti, dagli oggetti, non dalle atmosfere. Il rosso è "un rosso scarlatto, un rosso sangue, un rosso fuoco. Sono piume, lievi, furenti, piume che s'inquietano e s'agitano al minimo soffio".


L'attimo còlto, attraversa, silenziosamente, queste luci-colori. Ferma il tempo in un tempo infinito e infinitamente piccolo (il momento quotidiano, il gesto abituale, gli oggetti comuni). Ancora Ungaretti: "L'idea dell'infinità, di una familiarità con il silenzio, solida, indissolubile e infrangibile".