Giornate di marzo 2020 a Milano

Adriana Nannicini

 

 

Uscire di casa una mattina di marzo, la settimana dopo un 8marzo diverso da tutti, camminando nel sole, come meta un piccolo supermercato di prodotti naturali. Viali gentrification. Diretta verso il viale lungo un‘area quasi abbandonata di sosta, quella dove sono sempre parcheggiate delle roulotte, diverse negli anni, un numero maggiore in estate. Le persone sono fuori chiacchierando in circolo, alberi e cespugli alle loro spalle, dove si laveranno le mani, quando nella giornata magari vorranno “#restareacasa”? in linea d’aria dal mio terrazzo, saranno duecento metri, d’estate sento spesso musica e canti, li sento e li ascolto talvolta come ad uno spettacolo. Dove si laveranno le mani? Nel canale sotto? Verrà qualcuno per loro nel caso stessero male? Sorrisi e saluti a distanza come ogni volta, vicini di casa.

Attraversare il viale ad un semaforo deserto, come tre giorni prima, accorgersi di essere l’unica persona sul marciapiede. Come fossero le due del mattino. Non è vero, alle due c’era ancora gente in giro prima. Più avanti qualcuno, un paio di persone cinque minuti una dopo la prima, e ogni volta subito, automaticamente, volto il viso nell’altra direzione, come stessi guardando qualcosa che richiede immediata attenzione. I respiri non si intersecano, penso.

Come nei giorni torridi dell’estate passata quando mi giravo verso l’ombra. Sotto la pelle eccolo Sirene, il libro di Laura Pugno che “racconta la fine del mondo degli umani, costretti a vivere al buio e in città subacquee, la luce è diventata nemica”, la sensazione del calore del sole sulla pelle del viso era lo stesso di pericolo di quel racconto letto un’altra estate fa a casa di Sandra a Pisa, finendo di scrivere insieme le storie di amicizia e d’impegno del gruppo dei nostri genitori da giovani. La passione per la fantascienza, come regalo di un’adolescenza non troppo diligente, che poteva mostrarmi un mondo futuro, in qualche caso da evitare in altri da abbracciare, adesso ritorna.

Sulla parete di lato un murale, o graffito che sia, una grande faccia maschile coperta fino agli occhi da una maschera con due respiratori, uno per lato. Deve essere stata fatta come monito per l’inquinamento della città, e oggi diventa attuale, quando l’aria è quasi pulita dal vento e dall’assenza di auto, quando l’inquinamento delle polveri sottili di certo è diminuito. Sarà bene non dimenticare il doppio monito di quella maschera. Aria pulita da respirare, persone da voler reincontrare, presto.

La luce della primavera mi sorprende poco prima del tramonto, e mi sorprendo della sorpresa che si rinnova ogni anno per me, questa volta di più: mi emoziono per la trasparenza dell’aria, la nettezza dei contorni dei palazzi, le sfumature di verde intorno ai rami degli alberi sui viali dalla finestra. Restare a casa è un impegno, un obbligo accettato. Grata per quanto spazio si vede dalla finestra. La 90 passa ancora sulla circonvallazione, per ora.

Aldo al telefono dice delle passeggiate la sera intorno a piazza Duomo, dove abita, racconta delle strade vuote nel cuore di Milano, “sembra il coprifuoco”, ormai così da più di dieci giorni. Non c’è il rumore di fondo della città, si sentono le campane suonare, un rintocco dopo l’altro. Intorno a casa almeno due chiese, un sacco di campane. Non importa che siano meccaniche, suonano. Paesaggio italiano.

Scrivere una lettera (in realtà mail) ad un amico che alla radio commenta ogni giorno le notizie sul virus. Spesso in disaccordo politico con lui sin da Genova 2001, voglio fargli sapere che apprezzo le informazioni dettagliate, i consigli, le richieste a favore della Sanità Pubblica che day by day dice con toni tranquilli. Un’altra la mando alla libreria che ha annunciato la sua chiusura temporanea, una lettera per porgere ringraziamenti “quel venerdi sera (la fine di febbraio) di festeggiamenti nella libreria per i vostri dieci anni è stata una serata così ricca, bella, di persone, vino e stuzzichini, di storie su quell'altro libraio che è stato Primo, di capannelli fuori sul marciapiede...che bella, forse anche di più quando mi riappare nella memoria. L'ultima sera di gioia a Milano, in cui libertà (per ignoranza, è vero, ma nel ricordo è così e ancora non lo sapevamo) e allegria si intrecciavano e sovrapponevano”. Desiderio di ringraziare, di mostrare apertamente riconoscenza. Risulta che sia stata un’idea apprezzata da tutti loro. Scriverne altre? Tipo un sms alla medica di base “sto bene, stia tranquilla”? No, forse meglio di no. Invece telefonare in giro piuttosto che mandare sms, aprire Skype invece di telefonare. Tenersi tutti vicini nella distanza, un giorno dopo l’altro.

Annotare le uscite per fare la spesa sulle pagine della Quo Vadis, aprendo l’agenda si dispiega tutta la settimana, cominciando da ieri e procedendo a ritroso fino a martedi 25 febbraio, il giorno seguente il rientro dalla Toscana. Ricordare ogni uscita: un pranzo un lunedi e un caffè un martedi, una visita a casa mia di giovedi, anzi due, fino a una cena tra vicini di casa una domenica, una passeggiata un sabato di sole, fino ad una libreria. Annotare le uscite per monitorare tutte le mie infrazioni? nessuna lo è stata, solo forse imprudenze. La cautela di un metro di distanza, una volta appresa, si replica facilmente, quasi un gesto istintivo. Cercare di riempire di note le pagine dell’agenda per sottrarre i giorni alla percezione che siano indistinti, il tempo dilatandosi allunga lo scorrere delle settimane nella mente, è solo la terza settimana neanche conclusa. Sembrano mesi quelli passati da prima.

 

14-03-2020

 

 

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