«Non è vero e non ci credo». «La nostra epoca ridà legittimità alla guerra, nella famiglia fioriscono violenza e sopraffazione». «La nostra cultura è patriarcale». Non è immediatamente facile trovare spiegazioni al dato reso noto una settimana fa dal Consiglio d'Europa: la prima causa di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni, nel mondo, ma anche in Europa, è l'aggressione violenta da parte dei loro compagni di vita. Lo afferma una ricerca del neonato "Osservatorio criminologico e multidisciplinare sulla violenza di genere".
Gli uomini non
sanno stare in coppia
Proviamo a dare una risposta schematica: gli uomini uccidono le donne perché sono fisicamente più forti. Perché, stricto sensu, possono permetterselo. Il ragionamento in teoria funziona, ma non rende ragione di un fenomeno che per molti aspetti trascende il mero "stato di natura" e chiama in causa lo sviluppo storico e l'organizzazione delle civiltà complesse. Aggiungiamo allora un
elemento culturale: gli uomini uccidono le donne perché lo hanno sempre
fatto, legittimati da una società concepita e governata dai maschi, i
cui tempi venivano scanditi dal metronomo dolente della discriminazione,
dall'esclusione sistematica dai luoghi del potere o della semplice
discussione. In tal senso, i violentatori di oggi non sono altro che i
figli dei loro padri, i degni pronipoti dei loro brutali antenati. Solo
una questione di retaggio, di crudeli eredità dunque? Vivere questa reciprocità non è un fatto scontato soprattutto per chi crede che la morosa di turno sia un'allegra protesi della propria persona, un oggetto di cui disporre a piacimento o addirittura una trasfigurazione coniugale della figura materna. Se i rigidi codici della
famiglia patriarcale e del matrimonio religioso garantivano a loro modo
uno "squilibrato equilibrio", oggi quel compromesso è saltato in aria,
soppiantato da un modello domestico che prevede uguaglianza di diritti e
di doveri. Le donne se ne sono appropriate da decenni, gli uomini no.
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