Che sia femmina non guasta, ma certo non basta

Paola Zaretti

 

Il recente scenario offerto dalla frenetica  corsa  di alcune donne verso le “Stanze degli uomini” - roccaforti d'insediamento del potere patriarcale maschile - suscita, per lo stile, i modi, la trivialità dei toni e l’idioma da caserma,  un lieve Sconcerto.
Moralismo? No. Non ho mai pensato che essere “femministe” dovesse necessariamente coincidere con:  licenza all’insulto,  sadismo, sarcasmo, odio per le proprie simili anche se al mito delle  “sorellanza”, a dire il vero, non ho mai creduto.
Anni di storia, di pensiero, di pratiche femministe e femminili sepolti  e di colpo inesistenti.

Ciò cui stiamo assistendo in questo assalto maldestro e sconsiderato di alcune donne alle Stanze del potere, è l’ennesimo e squallido perpetuarsi  di modelli di comportamento maschi, di logiche guerrafondaie che trovano il loro naturale nutrimento-compiacimento nella violenza, nella contrapposizione duale - roccaforti di un patriarcato che lungi dall'essere estinto, sopravvive ammuffito ma rinverdito proprio grazie alla complicità di quel "genere" di donne che dopo aver rinunciato a una sana “conversione al proprio genere” (Irigaray), in preda a un’identificazione mimetica con il maschio e del tutto inconsce a se stesse, di se stesse e dei loro comportamenti - si fanno paladine di una “politica delle donne”, di “patti di genere” smentiti dalla realtà di una frammentazione di gruppi senza precedenti e di altre amenità. Devo dare ragione, mio malgrado, e controvoglia, a quanto scrive in proposito Guido Vitiello quando dice che:

il patto di genere non è un patto di genere “per la contradizion che nol consente”, non foss’altro perché taglia fuori le donne con idee sgradite, preferendo tappar loro la bocca come farebbe un fallocrate qualunque. E il patto di genere non è un patto di genere perché il corpo (elettorale) delle donne non è stato scrutinato, e quel “tutte per una” è un’annessione abusiva, una finzione retorica perfino più marchiana della “rete” e dei “territori”. Ergo, il patto è degenere, e ha a che fare semmai con fazioni, cordate ideologico-editoriali, rendite di posizione, posticini al sole da difendere, private ambizioni politiche….

Si tratta, invero, di formule non nuove  e malamente rispolverate che se rimandavano, un tempo, a una certa ricchezza di contenuti, di analisi, di nuove prospettive etiche e politiche, di processi decostruttivi e ricostruttivi di un simbolico malato in quanto monosessuato, si ripresentano oggi sulla scena per essere malamente riutilizzate - svuotate di una loro antica dignità nel tempo di una miseria - prima che comportamentale - culturale e  ideativa.

Non appoggerò donne come queste nella loro scalata a un potere che intristisce, deprime, svuota, impoverisce, sottrae risorse, energia, Bellezza restituendo, in cambio, bruttezza, brutalità, arroganza, prepotenza, presunzione. E non è misoginia, potete contarci, è che amo troppo le mie simili - e i miei simili - per assistere a questo scenario alienante che le fa spasimare per un potere tanto distruttivo e autodistruttivo.

Il problema non è Zanardo  -  tanto per nominare, com’è giusto che sia, la persona contro cui ci si accanisce accusando, non senza ragione, il suo video di “primitività” culturale - ma riguarda il culto idolatrico di cui alcune figure di uomini o di donne, al di là dei loro meriti, vengono a un certo punto - e per delle ragioni in apparenza incomprensibili e complesse che andrebbero indagate caso per caso - improvvisamente investite.

La storia passata e recente del nostro Paese mostra che questi fenomeni idolatrici sono possibili e ci avverte del rischio della ripetizione - sia pure su scala diversa e ridotta - di certi eventi e dei disastri prodotti da alcuni di essi  non senza morti sul campo di cui faremmo bene a conservare memoria.
Quel che la storia insegna è che popolarità e successo nascono spesso da una serie di condizioni  che prescindono dalla qualità e dal valore delle persone che - sostenute da quell’ipnosi collettiva di massa descritta da Freud in Psicologia delle folle a analisi dell’Io - finiscono per beneficiarne.

Ecco, credo che l’attenzione e l’analisi su certi fenomeni “neo femministi” (?) cresciuti nel cuore del berlusconismo debbano restare non alte, altissime.

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20-07-2012

 

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