Non furono Petrarca o Boccaccio o Rossini a consolidare la sua fama. Zenobia
era già leggenda in antico. Di
lei si sa pochissimo, e le scarse fonti contrastano tra loro nel racconto
dei fatti storici. Era già leggenda tra gli antichi. Correvano
voci di un suo coinvolgimento nell'assassinio del marito Odenato, forse
reo di aver troppo assecondato il volere di Roma, ma mai di lei si sospettò.
Al marito si sostituì con un consenso quasi unanime, e tutto il
popolo la seguì nel cambio di fronte, l'alleanza con la Persia.
Perché sapeva farsi rispettare e amare, possedeva quel misto di
femminilità e androginia capace di conquistare uomini e terre.
Prima la Siria, poi l'Egitto e l'Asia Minore. Fino a che l'imperatore
Aureliano decise di affrontarla, colpirla al cuore stesso del suo potere.
Antiochia, Emesa, Palmira caddero una dopo l'altra. E la regina, prigioniera,
fu portata a Roma per il trionfo, bellissima anche in catene, catene d'oro.
Così il suo fascino di amazzone colpì Roma e si fissò
nelle pagine degli storici. Che concordano, a parte qualche eccezione,
nel celebrare la donna bellissima e austera, coraggiosa e determinata,
emblema di un Oriente di sabbia ricco, colto e raffinato. Ma non ne descrivono
l'aspetto, Zenobia è bellezza senza volto. Abbiamo, è vero,
le immagini impresse nelle monete da lei coniate ad Antiochia e Alessandria
(sfidò l'impero anche in questo), ma ritraggono la regina alla
maniera di Roma, non sono veritiere.
E allora piace vederla come le dame di molti ritratti funerari palmireni,
austere e solenni nell'ostentare manti raffinati e gioie preziose. Oppure
come quella che pubblichiamo e che accoglie il visitatore della bella
mostra su Zenobia allestita a palazzo Bricherasio a Torino: più
dolce ma ugualmente signorile compassata, elegantissima. Uno dei rilievi
funerari palmireni donati da Federico Zeri ai Musei Vaticani, collezionati
per ragioni personalissime (Zeri vantava una discendenza siriana, dall'antica
Emesa) e in virtù di un'attenzione particolare per la novità
e la vitalità dei linguaggi figurativi dell'epoca tardo antica.
Nel rilievi palmireni c'è la città intera, la ricchezza
dei suoì mercanti e il loro spaziare da oriente a occidente. Fissità
dei volti tutta orientale e naturalismo classico. Volumi disegnati da
linee geometriche che non creano ombre ma luminosità, complice
anche il giallo caldo del calcare locale, la pietra del sole e del deserto.
E' bello ammirare in mostra i rilievi funerari abbracciati dalle gigantografie
della grandiosa via colonnata della città. Pare quasi di passeggiarvi,
immaginando i rilievi come statue, alcune tra le mille oramai perdute
che ornavano le colonne. Statue di ricchi e potenti palmireni che accoglievano
trionfalmente l'ospite in città come in un grande salotto. Perché
le vie colonnate dell'Oriente antico erano proprio questo, un esterno
che pare un interno. E non stupisce allora che chi, già padrone
dei deserti e conoscitore del mondo, seppe pensare la città intera
come propria casa, abbia vagheggiato poi di ampliare la casa all'infinito,
al mondo intero.
Zenobia. Il sogno di una regina d'oriente
Torino, Palazzo Bricherasio
in mostra fino al 26 maggio 2002
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