La valutazione e i "soggetti deboli"  
           
          di Bice Fubini e Flavia Zucco   
          
               
             
            Bice Fubini e Flavia Zucco  
             
       
       
            Chiunque 
        abbia partecipato a qualsivoglia processo di valutazione – concorsi per 
        borse di studio, posti, fondi, ecc. – non può non essersi reso 
        conto che la prima principale alternativa di giudizio contro cui ci si 
        scontra sta nell’antinomia merito o appartenenza. 
        
      
  1. 
        L'appartenenza 
       Nel 
        concetto di appartenenza includiamo un insieme di legami che vanno dal 
        far parte del medesimo gruppo di ricerca (famiglia accademica, "scuola"), 
        della medesima squadra di calcio, all’appartenere al Rotary o alla massoneria. 
        In altri termini : gli "old boys network".  
        Non è difficile intuire come le donne, soggetto 
        debole per eccellenza, siano sfavorite dal giudizio in base all’appartenenza, 
        per motivi che vanno dalla mancanza di network a quello di non aver mai 
        fatto parte della massoneria et similia (e questo è, ovviamente 
        giusto motivo di orgoglio di genere).  
        Quando il criterio dell’appartenenza diventa sistema, 
        e di conseguenza non sono i migliori ad essere prescelti, "i soggetti 
        deboli" si sentono personalmente offesi, anche se la scelta non li coinvolge 
        direttamente. L’effetto è scoraggiamento, mortificazione ed auto-esclusione. 
         
        Si rafforza così la selezione di quegli individui, 
        ben attrezzati all’autopromozione, che hanno accettato ed introiettato 
        i modelli di cooptazione in base all’appartenenza e che, quindi, sono 
        in grado di riprodurli.  
        Va inoltre sottolineato che questi luoghi di appartenenza 
        non coincidono con le sedi istituzionali, costituendo delle vere e proprie 
        sedi di poteri occulti (non trasparenti). Fa parte dell’abbattimento dei 
        meccanismi di appartenenza anche il ricondurre decisioni e ruoli nelle 
        sedi istituzionali appropriate. 
       2. 
        Il merito 
       L’atteggiamento 
        mentale, più volte definito tipicamente femminile, per cui se uno 
        fa bene il suo lavoro, questo verrà prima o poi riconosciuto, è 
        quindi assolutamente perdente, se non si ritorni a invocare il merito. 
        Questo è un criterio, al tempo stesso, banale ed eversivo, basato 
        sull’importanza di giudicare le persone in base al merito e le proposte 
        di ricerca in base alla validità scientifica.  
        Tale criterio diventa tanto più rilevante 
        in un rinnovato assetto universitario che prevede la valutazione estesa 
        a varie strutture e livelli: sono evidenti i vantaggi di perseguire tale 
        criterio fin dal primo reclutamento. Se il criterio di merito si mantiene, 
        questo permetterà nei migliori di sviluppare le proprie potenzialità 
        e di procedere nella carriera, sia in loco che in altre università 
        e centri di ricerca. Siccome il reclutamento e l’addestramento passano 
        attraverso molte posizioni a termine, deve essere garantita la certezza 
        che un buon lavoro, gravoso come quello della ricerca, verrà debitamente 
        riconosciuto. Naturalmente esso va valutato anche in base alle risorse 
        umane e finanziarie cui si è avuto accesso.  
        E’ infatti devastante, specialmente per le donne, 
        che negli stessi anni del "precariato" si trovano anche coinvolte nel 
        lavoro, talora conflittuale, della coppia e della famiglia, svolgere con 
        coraggio e dedizione il proprio lavoro di ricerca per poi vedere i posti 
        liberi indebitamente occupati dai "più potenti". Senza tener conto 
        poi del fatto che questa politica si autoalimenta portando ad ingrandire 
        i gruppi potenti, mentre progressivamente si estinguono i gruppi piccoli 
        e/o anomali, più spesso "abitati" dalle donne.  
        Un altro risultato è che, nel campo della 
        ricerca scientifica, mancano, fatte alcune eccezioni, donne in posti decisionali, 
        in commissione di esperti, insomma in situazioni di potere, con un certa 
        visibilità. Mancano, quindi, alle giovani donne che si affacciano 
        al mondo della ricerca dei "role models" di riferimento. 
         
        Si apre così un problema di rivendicazioni: 
        più posti di potere alle donne? O modificazioni drastiche nell’organizzazione 
        del mondo della scienza?  
        Perché l’uno e l’altro di questi obiettivi 
        possano, in qualche modo, essere perseguiti si può pensare di introdurre 
        nei criteri di valutazione il riconoscimento di caratteristiche che sono 
        prevalentemente femminili, ossia dei "parametri di genere". Senza 
        l’ambizione di individuarli correttamente ed esaurientemente rispetto 
        alle varie discipline, vogliamo qui mettere in evidenza alcune caratteristiche 
        positive per la ricerca, riscontrate più frequentemente tra le 
        donne che non tra gli uomini. 
       
        -  La 
          predilizione per ricerche interdisciplinari. Finora queste sono 
          state emarginate sistematicamente, pur rappresentando uno sforzo notevole 
          di conoscenza, per chi le intraprende, ed un indice di curiosità 
          ed abilità, che andrebbero valorizzati.
 
        -  Lo 
          svolgimento di ruoli di coordinamento con spirito di servizio, 
          e non come pura occupazione di una posizione con investitura a vita. 
          In altri termini, significa perseguire pragmaticamente dei risultati, 
          piuttosto che la promozione di sé.
 
        -  L’attenzione 
          e la cura nel lavoro di formazione, non solo nel senso più 
          immediato di cura della didattica e della ricerca, ma nel senso di formare 
          la generazione successiva a cui passare il testimone. L’atteggiamento, 
          fin troppo noto, di: "dopo di me il diluvio" è tipicamente maschile 
          e dominante nelle nostre istituzioni, con grave danno delle stesse. 
          Spesso dietro un formatore uomo ci sono donne delegato a farlo, bravissime, 
          ma in secondo piano. Bisogna trovare il modo di riconoscere debitamente 
          il loro contributo.
 
        -  L’attenzione 
          a tempi, fondi e modi del fare ricerca adeguati a svolgere la medesima e non all’accentuazione dell’attività di promozione del singolo, 
          a scapito di quella di esecuzione di un progetto.
 
        -  La 
          ricerca di forme di organizzazione del lavoro che esaltino le capacità 
          di collaborare, rispetto alla tradizionale competizione.
 
       
      Bisogna 
      trovare dei parametri di valutazione, in grado di rilevare correttamente 
      queste caratteristiche, spesso totalmente trascurate nei giudizi d merito. 
      Esse sono molto impegnative anche in termini di tempo di lavoro e quindi 
      i parametri dovrebbero essere in grado di valutare correttamente sia il 
      valore qualitativo che quantitativo di esse. 
      3. 
        La valutazione come metodo 
       Vale 
        la pena sottolineare come nel mondo accademico si individuano due correnti 
        di pensiero sull’attuazione pratica della valutazione: 
       
        -  Una 
          corrente considera la valutazione un’arte: si definiscono di 
          volta in volta criteri e procedure, in modo che siano veramente attinenti 
          al caso in esame. Questa scelta, in realtà, riflette la volontà 
          di avere le "mani libere" e risponde alle forme di potere degli "old 
          boys network".
 
        -  La 
          seconda corrente di pensiero definisce la valutazione una scienza: 
          essa assume le forme di un sapere costituito, dotato quindi di scuole, 
          docenti, testi, associazioni, etc. Si costituisce dunque una corporazione 
          di "esperti autoreferenziali", unici abilitati a sostenere questo ruolo 
          e quindi a detenere le forme di potere con esso collegate.
 
       
      Ambedue 
      le forme ci appaiono tipici approcci maschili, il cui obiettivo non è 
      garantire la qualità (efficienza ed efficacia) dell’azione che si 
      svolge a fini istituzionali (cioè la selezione di persone qualificate 
      al compito da svolgere), ma la conservazione del potere nelle mani di chi 
      lo ha.  
      Le ricercatrici debbono rifiutare queste impostazioni 
      e segnalare che si tratta semplicemente di individuare un metodo (regole, dunque, trasparenti e condivise, suscettibili di cambiamento e 
      probabilmente diverse a seconda, almeno, delle aree tecniche ed umanistiche) 
      che garantisca la qualità del compito svolto, l’indipendenza della 
      valutazione da fattori estranei al merito e l’assunzione diretta di responsabilità 
      da parte di chi valuta. 
      4. 
        La definizione di un buon metodo 
       Un 
        qualsiasi metodo, destinato a selezionare, deve rispondere a due criteri 
        fondamentali, perché il suo uso venga riconosciuto come valido: 
        l’attinenza allo scopo e l’affidabilità. 
       L’attinenza 
       L’attinenza 
        fa riferimento alla significatività ed utilità del metodo 
        per lo scopo che si è prefissati. Innanzitutto, quindi, va definito 
        il contesto entro il quale si vuole operare la selezione. Nel caso della 
        ricerca scientifica, bisogna fornire definizioni adeguate di "chi fa bene 
        ricerca" e della "buona ricerca".  
        E’ evidente che, a questo proposito, dal punto di 
        vista delle donne, vanno smantellati quegli stereotipi 
        e meccanismi del "fare ricerca" che hanno 
        favorito gli uomini. Al tempo stesso vanno fornite delle indicazioni che, 
        inevitabilmente, portano alla costruzione di modelli aggiornati e più 
        complessi della ricerca scientifica e di coloro che vi operano; modelli 
        il cui livello di risoluzione deve essere necessariamente più raffinato. 
        Alcune delle componenti di tali modelli ci derivano dalla struttura stessa 
        della ricerca contemporanea: 
       
        -  Una 
          gran parte della ricerca è pubblica;
 
        -  La 
          qualità della ricerca è l’aspetto fondamentale, ma non 
          più sufficiente;
 
        -  È 
          orientata per grandi obiettivi, di interesse socio-economico;
 
        -  Deve 
          essere produttrice di innovazione;
 
        -  Viene 
          fatta per équipes.
 
       
      I 
      soggetti che fanno ricerca devono dunque, presumilmente: 
      
        -  Avvertire 
          responsabilità nei confronti della società;
 
        -  Avere 
          competenza scientifica non ristretta al proprio campo professionale;
 
        -  Avere 
          obiettivi a lungo termine, che vadano oltre le scadenze dei singoli 
          progetti;
 
        -  Avere 
          capacità di comunicazione e cooperazione;
 
        -  Avere 
          capacità di motivare se stessi e gli altri;
 
        -  Avere 
          capacità i risolvere problemi, anche di carattere tecnico/amministrativo.
 
       
      Altre 
      componenti non possono che essere il risultato di un consenso ampio sul 
      ruolo della ricerca scientifica nelle società avanzate e non, sulle 
      attese dei soggetti che in essa operano. 
      L’affidabilità 
       Una 
        volta stabilito il contesto di riferimento si deve mettere a punto un 
        metodo di valutazione che sia affidabile. In altri termini il protocollo 
        di valutazione che si adotta, deve essere in grado di funzionare con la 
        stessa accuratezza (riproducibilità, anche se utilizzato in situazioni 
        e tempi diversi.  
        Nel caso della valutazione della ricerca, si tratta 
        di definire procedure che riescano efficacemente a selezionare (per gli 
        scopi stabiliti) i progetti/le persone adeguate in maniera 
        più oggettiva possibile.  
        Accanto a criteri cosiddetti freddi, si devono poter 
        adottare criteri caldi, destinati veramente a valutare la qualità 
        di una persona e della sua attività scientifica. 
         
        Applicare queste caratteristiche del metodo di selezione 
        (attinenza ed affidabilità) alla valutazione nella 
        ricerca scientifica e tecnologica può significare che, intervenendo 
        sul primo aspetto, possiamo modificare la definizione stessa di qualità 
        della ricerca e dei suoi soggetti, mentre, agendo sul secondo, possiamo 
        correggere ingiustizie e scorrettezze nei confronti delle donne. 
       5. 
        Le procedure di validazione 
       Viene 
        chiamata validazione la procedura che porta all’accettazione di un metodo, 
        verificandone appunto sia l’affidabilità che l’attinenza. Questi 
        sono, come si è visto, due criteri diversi, assolutamente necessari, 
        ma non sufficienti se presi singolarmente.  
        Ogni metodo di valutazione dovrebbe essere validato. 
        Potrebbe essere d’aiuto seguire per la valutazione le logiche alla base 
        di procedure di validazione di metodi, protocolli, saggi in settori applicativi 
        della ricerca: 
       
        -  un 
          gruppo di studio mette a punto una procedura di valutazione (avendone 
          precedentemente definito lo scopo) e poi sottopone a questa una serie 
          di progetti/curricula disponibili, in un test cieco, in cui cioè 
          alcune informazioni che potrebbero influenzare la selezione vengono 
          occultate.
 
        -  Una 
          volta operata la selezione, le informazioni occultate vengono rese disponibili, 
          in modo da verificare se il metodo adottato ha operato la selezione, 
          in maniera accurata, in termini di sensibilità e specificità: 
          quanto cioè sia stato in grado di distinguere quelli veramente 
          pertinenti allo scopo e, tra questi, quelli più adatti. Nel campo 
          della valutazione della ricerca, si potrebbe immaginare, ad esempio, 
          il numero delle pubblicazioni come un parametro molto sensibile, mentre 
          l’I.F. potrebbe essere considerato molto specifico. L’uso dei due parametri 
          andrebbe calibrato in modo da evitare inclusioni od esclusioni improprie/penalizzanti.
 
        -  Sulla 
          base della predittività e dell’accuratezza del metodo, verificate 
          nella fase precedente, il protocollo di valutazione può essere 
          rivisto e riaggiustato per correggere aspetti che non lo hanno fatto 
          funzionare in maniera ottimale. In genere questa è una fase di 
          "refinement", che, a sua volta dovrebbe prevedere un’ulteriore verifica 
          cieca con un numero più vasto e con campioni più diversificati 
          del precedente.
 
       
      E’ 
        inutile sottolineare che il gruppo che prepara il protocollo da saggiare 
        deve essere distinto da quello che prepara i campioni. Solo nella fase definitiva 
        i due gruppi confluiscono per ottimizzare in via definitiva il metodo/protocollo. 
           
          Occorre inoltre sviluppare procedure diverse per i 
          tipi e le tematiche delle domande. Una procedura potrebbe essere quella 
          di avere "giudizi" sulla domanda da parte di persone qualificate, ma al 
            di fuori del nostro paese (quindi non in competizione e slegati dalle consolidate 
            reti di potere, come per esempio fanno la NSF e l’NIH in USA). 
           
            
      Ottobre 2012   |