Francesco Hayez la ritrae in tutta la sua aristocratica   bellezza, sensuale e insieme algida: abito nero, lunghe mani affusolate, spalle   nude di abbagliante candore, sguardo fiero con qualcosa di segretamente   seduttivo. Eccola, Cristina  Trivulzio di Belgiojoso, ovvero l' altra metà del cielo   risorgimentale. Ingiustamente dimenticata e rimossa dalla storiografia   ufficiale, oggi recuperata, per quanto non come meriterebbe, anche grazie al   film di Mario Martone "           Noi credevamo" , dove ha il doppio volto della splendida   giovinezza di Francesca Inaudi prima e della carismatica maturità di Anna   Boniauto poi. 
          
          Non come meriterebbe perché ancora pochi sanno chi sia e quale   ruolo fondamentale abbia giocato nel processo di liberazione e di unificazione   del nostro paese questa patriota milanese, musa cospiratrice dei carbonari,   raffinata intellettuale liberale, aristocratica cosmopolita accesa dall' utopia   socialista, regina dei salotti mondani e letterari parigini. Per i reazionari   del suo tempo una puttana, per i giovani rivoluzionari che sostenne una musa.   «Se il suo nome è poco noto le ragioni sono due - spiega lo storico Lucio   Villari, autore del recente Bella e perduta. L' Italia del Risorgimento (Laterza) - In primo luogo del Risorgimento  si sa poco o nulla: è avvolto   nelle nebbia di un' ignoranza di fondo. A questo si aggiunga che la sua figura è   troppo complessa: lo era per il suo tempo, ma lo è anche per il nostro. In lei   si concentrano la lotta politica, l' impegno sociale, l' autonomia femminile:è   la donna nuova che avrebbe dovuto nascere dal movimento romantico e   rivoluzionario». 
          
          Cristina Trivulzio nasce a Milano il 28 giugno 1808. La madre   sposa in seconde nozze il marchese Alessandro Visconti d' Aragona, la piccola   ereditiera cresce nell' alveo dell' aristocrazia lombarda e a sedici anni   diventa moglie del principe Emilio Barbiano di Belgiojoso. Un matrimonio   infelice rispetto al quale Cristina prenderà la prima delle tante posizioni   giudicate scandalose: non potendosi separare, pretenderà la libertà rifiutando   il compromesso delle apparenze. Da quel momento la sua vita avventurosa diventa   degna di un romanzo: si unisce ai cospiratori mazziniani, si allontana da   Milano, vive in fuga e in viaggio schedata dalla polizia austriaca, finanzia i   moti rivoluzionari, fonda e dirige riviste politiche, si stabilisce a Parigi   dove, amica di Lafayette, il suo salotto è frequentato da artisti come De Musset   (perdutamente innamorato di lei), Listz, Bellini, Heine, scrive, traduce, tesse   rapporti e relazioni, protegge gli esuli. 
          
          Rientrata in Italia nel 1840, nelle   sue proprietà di Locate fonda un asilo e una scuola ispirandosi a Fourier dove   lei stessa insegna, mentre le vengono attributi amanti di ogni tipo e il   moralista Alessandro Manzoni la umilia pubblicamente impedendole di assistere la   madre Giulia Beccaria sul letto di morte. «Non faceva nulla per rendersi   simpatica - prosegue Villari - una donna che combatte al fianco degli uomini per   difendere la libertà contro l' oppressione straniera non poteva che essere   disprezzata dai benpensanti piccolo borghesi intrisi di spirito clerico   reazionario». 
          
          Allo scoppio delle Cinque Giornate, Cristina è a Napoli, da dove   si imbarca con un gruppo di volontari per tornare in tutta fretta a Milano. «Si   immagini questa donna che entra a cavallo in città seguita da 150 patrioti:   altro che scandalo», osserva Villari. Dopo Milano, Cristina è in prima linea al   fianco di Mazzini nell' insurrezione romana del 1849, dove si spende   organizzando l' assistenza ai feriti. Fallita anche questa rivoluzione, è   costretta ad allontanarsi dall' Italia: viaggerà con la figlia tra Malta, la   Grecia e l' Albania, per poi rientrare a Milano, dove muore nel 1871. 
          
          «Una   figura straordinaria», secondo lo scrittore Antonio Scurati che, nel suo romanzo   Una storia romantica (Bompiani) le ha dedicato molte pagine - il suo ruolo di   patriota sorge su un terreno di profonda liberazione sessuale. Questo la mette   all' avanguardia rispetto ai suoi tempi ma anche ai nostri». 
          
          E non è un caso che   le sue memorie, Ricordi dell' esilio, siano state tradotte dal francese solo   nove anni fa. Bella, intelligente, spregiudicata, autonoma, appassionata,   Cristina Belgiojoso continua a creare imbarazzo. «Basta pensare al modello di   femminilità veicolato dalla televisione, per capire quanto sia eterogenea alla   nostra cultura - conclude Villari - se in questo paese ci fossero ancora le   femministe dovrebbero sceglierla come icona». 
         da Repubblica, 19 novembre 2010  
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