Partendo da Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel

Manuela Pennasilico

 

Il gruppo di lettura guidato da Laura Lepetit sta affrontando il testo di Carla Lonzi “Sputiamo su Hegel.”
Leggiamo, ci meravigliamo dell’acutezza del testo, commentiamo scambiandoci esperienze e riflessioni.


E’ giovedì 21 marzo , siamo alle pagine 37-44 dell’edizione del 1977. Riporto le mie riflessioni. Lonzi riprende il tema dell’uguaglianza tra gli uomini e le donne.

Scrive Lonzi

“Per Lenin la donna poteva svilupparsi in modo da raggiungere l’eguaglianza effettiva con l’uomo, quando, nelle società comunista, si fosse liberata dal lavoro domestico improduttivo per affrontare il lavoro produttivo”.

L’utopia rivoluzionaria assimila la questione sessuale della differenza tra i sessi e della sottomissione della donna da parte dell’uomo, con la questione sociale. E’ quello che ho fatto nella giovinezza. Se rifiutare il ruolo di brava ragazza mettendomi dalla parte dei movimenti egualitari, rifiutando la sessualità patriarcale riproduttiva (verginità, matrimonio, fedeltà …), sempre indipendente economicamente, era la rivendicazione ad essere come i maschi, questo non mi ha emancipata interiormente. La dicotomia natura/ cultura, la separazione tra corpo - che doveva piacere nella vita privata - e mente - che poteva non assecondare il potere - persisteva intatta; tant’è vero che il famoso gesto femminista che mostrava simbolicamente una vagina, l’indicibile, a rivendicare un’unità mente-corpo, a mettere all’esterno l’interno, a esporre ciò che non si vede, mi imbarazzava.

La differenza sessuale non è dialettica, dice Lonz,i non c’è una sintesi superiore. C’è l’umano e una differenza all’interno dell’umano uomo-donna, dove un termine ha soggiogato con crudezza l’altro. Questa differenza è ontologica, si radica nella realtà vitale. Si tratta di riconoscere il problema femminile come problema umano. Per riuscirci Lonzi dice, da qualche parte, bisogna ”smaltire il mito dell’uomo” e contrastare l’oggettivazione della donna. Il sapere femminista fa questo e per questo la critica femminista alla cultura mi trova attenta e curiosa; anzi molte domande sul senso del mio vissuto e di scelte fatte trovano risposta consapevole.

Tra questi saperi, la decostruzione della psicoanalisi tradizionale mi solleva. Come dice Lepetit: “Attente ai miti dell’uomo che parlano delle donne”. E di questo non siamo mai abbastanza in guardia. E tra questi miti c’è quello della pro-creatività femminile come piacere adulto.

Freud parla della sessualità femminile come conquista della rinuncia all’attività fallica (dopo aver invidiato il pene con relativo risentimento per la madre che non gliel’ha dato e disprezzo verso la stessa considerata castrata) la donna conquista l’equivalenza simbolica tra pene e bambino, sublima la sua invidia, pronta al piacere genitale eterosessuale e alla maternità. L’eterosessualità è adultità. Io l’ho sempre creduto perché mia madre me lo ripeteva un giorno si e un giorno no ”essere madre è bellissimo”, perché D. H. Lawrence lo scriveva, perché una donna senza marito e figli non è a posto. Oggi la corretta interpretazione è che è lesbica.

A favore di Freud c’è il fatto che per lui, l’eterosessualità e la maternità non sono fatti naturali, ma pulsioni che si evolvono con un processo complesso, a suo sfavore il fatto che le sue pazienti esprimevano una sessualità polimorfa che lo spaventava, e che non voleva affrontare.

Per Lonzi il piacere femminile e l’aspetto procreativo sono separati. Nel maschio sono la stessa cosa. Nel maschio il piacere è connesso alla generazione. Gli uomini cosa ne pensano? Ho cercato e visto il video dello spettacolo di Monica Lanfranco tratto dal suo libro “Uomini che amano odiano le donne” la cui genesi trovate sul suo blog. Gli uomini si raccontano con genuinità. Mai la virilità, che è per l’uomo essenzialmente il coito, potere sulle donne, è connessa con la generatività. Non ne sono consapevoli.

Che fare?

 

per approfondire:

Carla Lonzi

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