Rosa Calderazzi ci ha lasciate il 27 febbraio 2024

la ricordiamo proponendo stralci dallo scritto con cui aveva collaborato a un volume collettivo: L’emancipazione malata. Sguardi femministi sul lavoro che cambia (Edizioni Libera Università delle Donne, Milano, 2010)

Si tratta di un testo del 2010 che stupisce per la sua attualità, a testimonianza dello sguardo lucido e aperto con cui Rosa guardava il mondo

 


La pratica della Rete

Rosa Calderazzi


Persistono, o sono nate di recente, reti di donne che si occupano specificamente di economia e del suo impatto sulla vita delle donne.

Queste reti sono vitali soprattutto nel Sud del mondo e le loro iniziative e i loro discorsi spesso mostrano aspetti nascosti della globalizzazione. Una mappatura delle più significative offrirebbe spunti interessanti di rifle ssione anche per il femminismo italiano.

Sperando che prima o poi qualcuna lo faccia, mi limiterò a fare ciò che è in questo momento alla mia portata: raccontare brevemente alcune esperienze che ho avuto modo di conoscere da vicino nel corso dei miei viaggi.

Una breve premessa. Mi sembra che nella riflessione femminista ci sia stato progressivamente un cambiamento, un ampliamento dell'angolo di visuale: si è passati dal rifiuto di essere secondo sesso, dalla riflessione sulla sessualità e sull’autoritarismo, sul carattere mistificato della divisione personale/politico alla coscienza della necessità non aggirabile di cambiare la società tutta, ingiusta per donne ma anche per uomini. Non è un caso che importanti riflessioni sulla guerra, sulla sovranità alimentare, sull’economia, sulla natura, sul rapporto essere umano-natura, siano opera di intellettuali donne.

Le riflessioni si intrecciano con azioni internazionali o locali, politiche e di resistenza concreta, pur nella situazione attuale di grande difficoltà e in presenza di una crisi complessiva (economica, ambientale, di civiltà), per cui è difficile immaginare vie d'uscita credibili.

Alcune organizzazioni internazionali hanno rivolto riflessioni e pratiche anche al tema dell'economia. Si tratta di or ganizzazioni radicate, estese e che in virtù della loro attività sono state presenti negli anni in importanti scadenze come le conferenze dell’ONU sulle donne e i Social Forum nei loro momenti migliori. Questi ultimi ne sono stati influenzati in qualche misura, tanto che i documenti finali ne recano l’impronta, certo solo grazie alla pressione e all’organizzazione delle donne delegate.

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Certo, in queste reti internazionali si fa sentire pesantemente la mancanza di finanziamenti, di tempo, di personale che possa occuparsi pienamente e con competenza dei numerosi compiti a livello locale e generale e la difficoltà nella comunicazione. I movimenti delle donne stanno imparando ad applicare la regola del consenso nelle decisioni, cioè a non agire a colpi di maggioranza ma andare avanti insieme solo sui punti e sulle decisioni unanimemente condivise, lasciando ai singoli gruppi le altre azioni. Non è facile, non è agevole abbandonare le ambiz ioni di egemonia, la tendenza ad attribuire sempre ad altre gli errori, le abitudini mutuate dagli ambienti a maggioranza e dominanza maschile, ma non si può dire che questa donne non ci stiano provando.

Si sa, per esempio, che nel movimento c’è da anni un dibattito sulla prostituzione, con pareri e opzioni diverse, che vanno dalla regolamentazione all’abolizione; così come anche sul lavoro e specie fra le donne del Nord del mondo non è unanime il giudizio negativo sul precariato e la flessibilità. Ci aiuta sicuramente lo scambio di esperienze e di riflessioni tra donne e femministe del mondo, molto maggiore adesso, nonostante la crisi economica, la frammentazione persistente, la mancanza di danaro. Si impara a mettere insieme e a valorizzare i diversi apporti e i diversi interessi. Mi sembra per esempio che nei Paesi del cosiddetto Sud del mondo ci sia più attenzione all’intreccio genere/classe, società/donne, economia/donne, in breve al ruolo delle donne nella società globale.

Le migranti che si sono stabilite nei Paesi del Nord hanno portato, oltre che le loro braccia, la riflessione sul ruolo del lavoro di cura svolto sempre da donne, sulla mancanza di servizi sociali e di condivisione del lavoro di riproduzione tra i sessi. Le donne migranti hanno stimolato le riflessioni sui rapporti tra usi e abitudini differenti, permettendo quindi alle altre di confrontarsi su temi parzialmente nuovi e di convivere anche con modi di organizzazione diversi e specifici. Così come esperienze e riflessioni comuni stanno portando ad analisi condivise sulla sessualità e sull'autonomia economica.

 

3-03-2024

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