"Alzheimer e riabilitazione cognitiva"
Perché un'operatrice del sociale invita alla lettura del libro


di Valeria Meroni*

 


In questa fase storica le informazioni che ci giungono sono che le risorse da destinare alle politiche sociali sono ridotte ed è più che mai opportuno sollecitare e sensibilizzare la comunità locale in azioni di solidarietà e di auto-sostegno.
Per contro, la popolazione verso la quale il mio servizio si rivolge, quella anziana, assume numeri e complessità sempre più rilevanti. Questo credo sia uno dei fondamentali motivi per cui, chi esercita una professione in ambito socio-sanitario, cerca di contrastare la contrazione economica con riflessioni, pensieri e idee per progettare nuove soluzioni di cura e di attenzione per la salvaguardia dei diritti di chi invecchia.

Mi sono attardata in questa premessa perché a dispetto del potenziale quadro depressivo dettato dalla "scarsità", nel mondo dei servizi sociali c'è comunque fermento e propositività. E questa confortante notizia mi è stata confermata dalla lettura del libro "Alzheimer e riabilitazione cognitiva" di Luciana Quaia, psicologa gerontologa, un manuale rivolto a chi accudisce un malato affetto da demenza.

Sappiamo tutti che il problema della demenza è a tutt'oggi senza risposta a livello di guarigione e che, purtroppo, rappresenta uno fra i rischi più elevati di patologia cui l'anziano va incontro. Nel decennio che ci lasciamo alle spalle è stato fatto un eccellente lavoro di ricerca, di implementazione dei servizi, di formazione a tutti i livelli. Ma ancora molto c'è da fare per arrivare a supportare chi, di fatto, è impegnato nell'assistenza quotidiana di questa nefasta malattia.

Molte pubblicazioni hanno riempito la biblioteca professionale di chi ricopre ruoli di assistenza e questo ha aiutato centinaia di operatori a meglio comprendere le manifestazioni comportamentali del malato e, quindi, a meglio rispondere ai suoi bisogni. Tuttavia quasi tutta la documentazione disponibile riveste carattere di praticità solo per quanto riguarda atteggiamenti di cura e di assistenza.

Ma i malati affetti da demenza non sono solo malati: sono innanzi tutto persone che conservano per un tempo considerevole la propria percezione di soggetto. Senza poi contare che nella fase avanzata, nessuno può realmente affermare che la soggettività di tali persone sia davvero persa definitivamente.

Il testo "Alzheimer e riabilitazione cognitiva" ha la preziosa caratteristica di spiegare come intrattenere piacevolmente il malato demente e, contemporaneamente, stimolare e attivare quelle che sono conosciute come capacità cognitive residue, ovvero quelle abilità che il malato mantiene fintanto che la patologia non prende il definitivo sopravvento.

I contenuti si soffermano sul funzionamento della memoria, su quali memorie il malato perde preliminarmente, quali altre invece mantiene più a lungo e su quali siano le migliori modalità per "rinforzare" le varie funzioni cognitive.
Il tutto si dipana nella presentazione di esercizi e giochi sostenibili sia dal familiare che assiste il malato a domicilio, sia da operatori che trascorrono col malato un tempo di cura.

Altri fattori importanti emergono durante il corso della lettura:

- la riflessione sulla fatica del prendersi cura e l'incoraggiamento non banale di saper cogliere anche aspetti positivi nella devastazione della perdita (in particolare per la figura del familiare)
- l'insegnamento sul come costruire un progetto e, per meglio esemplificare la complessità di questo compito, la presentazione di progetti operativi già sperimentati nella pratica lavorativa
- l'invito a non coinvolgere solo i malati "facili"- quelli della fase iniziale o medio-grave - ma di avere una particolare attenzione anche per quelli che generalmente si definiscono "persi"
- un'attenzione particolare a non scordarsi del familiare e quindi di promuovere atteggiamenti di aiuto attraverso l'offerta di gruppi di reciproco sostegno e altre forme di supporto psicologico

Io credo che quest'opera possa essere sicuramente apprezzata perché arriva diretta al "che cosa fare", a incentivare una forza creatrice, a smuovere passione, ad essere uno strumento valido per far guardare in modo diverso al malato e alle sue possibilità.

A chi può interessare:
· a famigliari care-givers che assistono un proprio congiunto e che, soprattutto nei primi anni della malattia, chiedono aiuto per imparare a gestire le progressive limitazioni del malato e ad applicare tecniche di stimolazione al "fare" coerente con le abilità ancora in funzione

· a case di riposo e centri diurni integrati, poiché in queste istituzioni oltre al personale di assistenza lavorano operatori quali educatori, animatori, terapisti della riabilitazione, psicomotricisti, psicologi, che sono coloro che paradossalmente si trovano più in difficoltà poiché nella loro formazione nessuno affronta, se non in un quadro medico-clinico, l'approccio concreto con queste persone.

· a servizi di supporto della domiciliarità (Comuni, cooperative sociali, associazioni di volontariato , ASL e medici di base, centri diagnostici presso gli ospedali)

· a centri di formazione (amministrazione provinciale, scuole, università)

· come opportunità per promuovere iniziative di ascolto e sostegno ai familiari: convegni, formazione specifica, dibattiti pubblici, centri di orientamento e di ascolto, promozione di gruppi di mutuo aiuto

*Valeria Meroni è direttrice della Casa di Riposo Villa Citterio di Lezzeno (Como)

Luciana Quaia ,
Alzheimer e riabilitazione cognitiva
Esercizi, attività e progetti per stimolare la memoria
Carocci Faber, 2006
pp. 146. Euro 14,10

Sul tema segnaliamo nel sito anche "La casa di riposo", conversazione tra Lea Melandri e Adriana Nannicini 


22-11-2006