"Alzheimer
e riabilitazione cognitiva"
Mi sono attardata in questa premessa perché a dispetto del potenziale quadro depressivo dettato dalla "scarsità", nel mondo dei servizi sociali c'è comunque fermento e propositività. E questa confortante notizia mi è stata confermata dalla lettura del libro "Alzheimer e riabilitazione cognitiva" di Luciana Quaia, psicologa gerontologa, un manuale rivolto a chi accudisce un malato affetto da demenza. Sappiamo tutti che il problema della demenza è a tutt'oggi senza risposta a livello di guarigione e che, purtroppo, rappresenta uno fra i rischi più elevati di patologia cui l'anziano va incontro. Nel decennio che ci lasciamo alle spalle è stato fatto un eccellente lavoro di ricerca, di implementazione dei servizi, di formazione a tutti i livelli. Ma ancora molto c'è da fare per arrivare a supportare chi, di fatto, è impegnato nell'assistenza quotidiana di questa nefasta malattia. Molte pubblicazioni hanno riempito la biblioteca professionale di chi ricopre ruoli di assistenza e questo ha aiutato centinaia di operatori a meglio comprendere le manifestazioni comportamentali del malato e, quindi, a meglio rispondere ai suoi bisogni. Tuttavia quasi tutta la documentazione disponibile riveste carattere di praticità solo per quanto riguarda atteggiamenti di cura e di assistenza. Ma i malati affetti da demenza non sono solo malati: sono innanzi tutto persone che conservano per un tempo considerevole la propria percezione di soggetto. Senza poi contare che nella fase avanzata, nessuno può realmente affermare che la soggettività di tali persone sia davvero persa definitivamente. Il testo "Alzheimer e riabilitazione cognitiva" ha la preziosa caratteristica di spiegare come intrattenere piacevolmente il malato demente e, contemporaneamente, stimolare e attivare quelle che sono conosciute come capacità cognitive residue, ovvero quelle abilità che il malato mantiene fintanto che la patologia non prende il definitivo sopravvento. I contenuti
si soffermano sul funzionamento della memoria, su quali memorie il malato
perde preliminarmente, quali altre invece mantiene più a lungo
e su quali siano le migliori modalità per "rinforzare"
le varie funzioni cognitive. Altri fattori importanti emergono durante il corso della lettura: - la riflessione
sulla fatica del prendersi cura e l'incoraggiamento non banale di saper
cogliere anche aspetti positivi nella devastazione della perdita (in particolare
per la figura del familiare) Io credo che quest'opera possa essere sicuramente apprezzata perché arriva diretta al "che cosa fare", a incentivare una forza creatrice, a smuovere passione, ad essere uno strumento valido per far guardare in modo diverso al malato e alle sue possibilità. A chi può
interessare: · a case di riposo e centri diurni integrati, poiché in queste istituzioni oltre al personale di assistenza lavorano operatori quali educatori, animatori, terapisti della riabilitazione, psicomotricisti, psicologi, che sono coloro che paradossalmente si trovano più in difficoltà poiché nella loro formazione nessuno affronta, se non in un quadro medico-clinico, l'approccio concreto con queste persone. · a servizi di supporto della domiciliarità (Comuni, cooperative sociali, associazioni di volontariato , ASL e medici di base, centri diagnostici presso gli ospedali) · a centri di formazione (amministrazione provinciale, scuole, università) · come opportunità per promuovere iniziative di ascolto e sostegno ai familiari: convegni, formazione specifica, dibattiti pubblici, centri di orientamento e di ascolto, promozione di gruppi di mutuo aiuto *Valeria
Meroni è direttrice della Casa di Riposo Villa Citterio
di Lezzeno (Como) Luciana
Quaia , Sul tema segnaliamo nel sito anche "La casa di riposo", conversazione tra Lea Melandri e Adriana Nannicini
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