Lode al dubbio: lettera aperta a Lea Melandri
di Anita Sonego


Cara Lea, ho impiegato alcuni giorni a risponderti perché il tuo articolo del 28 dicembre mi ha non solo stupito per la sua astrattezza ideologica e contraddizione interna ma soprattutto perché non riesco a spiegarmi come due persone - che come noi hanno a lungo lavorato assieme nel movimento delle donne - possano non capirsi.
La tua difficoltà a vedere e leggere la complessità della situazione che sta vivendo Liberazione mi sembra dovuta ad una specie di intestardimento a voler guardare la realtà sempre dallo stesso punto di vista mentre la stessa realtà si sta evolvendo. Come se quella famosa "lode al dubbio" non fosse più utile per comprendere e comprenderci.
Scrivi giustamente del «nesso tra le difficoltà economiche e politiche... che non a caso non viene mai esplicitato e discusso» ma poi, proprio tu, non ne parli affatto. Per questo diventa pura ideologia il tuo schierarti "per la libertà di pensiero"- dei giornalisti - senza tener conto della materialità di qualsiasi "prodotto"( A meno che voi giornalisti non vi consideriate al di fuori dei rapporti di produzione).

Suppongo che questo prodotto/giornale sia nato dalla volontà politica e dal denaro dei militanti di un partito (Rifondazione Comunista) con alcuni obiettivi collegati ad idee, interpretazioni del mondo, progetti non generici anche se non necessariamente rigidi e precostituiti.
I suddetti militanti si sono divisi, come spesso capita nei congressi, su opzioni differenti relative ai progetti di una forza politica che si ispira al marxismo e alla volontà di cambiare lo stato delle cose presenti.

Da quel momento Liberazione si è schierata, spesso in maniera provocatoriamente parziale, con la cosiddetta minoranza. Non ha mai nemmeno tentato di concedere lo stesso rilievo e spazio alle due anime del gruppo politico che continua a farla vivere pagandone i giornalisti.
Non voglio portare qui centinaia di esempi (l'ultimo, del 28 dicembre con due articoli in prima pagina: il tuo e quello di Elettra Deiana, di durissimo attacco alla direzione di Rifondazione e la difesa della linea attuale del suo quotidiano.
Tu hai il garbo di ricordare le vendite limitate di Liberazione ma senza collegarle alla sua "linea" eludendo, così, una dura materialità. Né Elettra né tu accennate all'impossibilità, per un partito privo di finanziamenti cospicui, di continuare ad avere il lusso di far vivere un giornale che costa miliardi di vecchie lire ogni anno.
Lea, ma sai che quel partito di rifondaroli che tu consideri un "gruppo chiuso" è fatto da migliaia di persone (vive) che dedicano tempo, passione, idee e anche denaro perché le loro speranze di cambiamento non restino nel mondo delle idee? Lo sai che il circolo a cui faccio parte (in centro di Milano) non può permettersi economicamente di avere una sede?
Non accetto da persone come te uno sguardo ed un giudizio manicheo su una forma di aggregazione volontaria come se "partito" significasse necessariamente e solo «gruppo chiuso separato dalle vite e dalle persone reali» mentre la redazione di un quotidiano dovesse essere, per sua natura, vicina alla realtà e lontanissima dal «linguaggio totalitario di tutti i gruppi chiusi»!

La redazione di Liberazione , sotto la direzione di Piero Sansonetti di cui continuo a sentirmi amica pur criticandolo, è stata per molto tempo una fucina di vivacità intellettuale, di apertura, come scrivi giustamente,«ai soggetti, tematiche, movimenti gravitanti nell'area dell'impegno sociale e culturale della sinistra». Piero, Angela e Carla con cui ho discusso ed interloquito hanno dato un grande contributo perché i pensieri e le pratiche dei femminismi e dei movimenti Lgbtq a cui appartengo, trovassero ampio spazio di dibattito ed espressione. Liberazione è l'unico giornale italiano che ha affrontato le tematiche relative alla sessualità in maniera non episodica e, di questo, noi donne, gay, lesbiche, trans dobbiamo esserne grati/e ma anche tutti i movimenti di liberazione devono esserlo: da quello operaio a quello degli studenti,dei precari, dei verdi, dei pacifisti, del movimento dei movimenti: tutti ancora intrisi di ferreo virilismo, omofobia ecc...

Il maschilismo, la paura del "diverso" hanno, come tu mi insegni, radici profonde e spesso si impiantano in strati inconsci delle nostre vite ed anche in soggetti insospettabili. Sappiamo che la strada è lunga ma necessaria: allora, aiutano la consapevolezza del proprio lato oscuro titoli come "Maschio assassino!" o "Luxuria come Obama"? Sono provocazioni, dirai, certamente, ma noi non abbiamo la necessità, soprattutto, di farci capire?
Epater les bourgeois è un gioco sacrosanto ma il lettore di Liberazione può scoprire i propri tabù e metterli in discussione più da una pagina come quella che racconta la vita di Laurella Arietti che da quella in cui si descrive l'uscita di Vladimir dalla limousine con coppa di champagne o dall'intervista a Simona Ventura.

Tutto è precipitato nei mesi del congresso quando gli schieramenti hanno indotto un irrigidimento e un'estremizzazione in un giornale già anomalo per la tradizione comunista.
Sembra impossibile cercare una forma di mediazione tra l'esigenza di essere «il primo giornale italiano di inchiesta sociale e sul lavoro, pieno di notizie neglette sugli altri quotidiani, su economia, pace, welfare ecc.» (come stigmatizza Elettra nel suo articolo accanto al tuo?) e il mantenimento di un'apertura all'innovazione culturale, alle problematiche "vitali" relative alla sessualità, la nascita, la morte, la spiritualità, la bellezza, l'arte?
Questo mi sento molto modestamente di chiedere e di proporre ricordando che esiste anche un aspetto economico della questione.
Se il fagioliano Bonaccorsi ha una proposta che salva il livello occupazionale di giornalisti e tecnici accanto ad una linea culturale (che mi pare frequentata da illustri esponenti della mozione di minoranza) che noi tutti non condividiamo, noi abbiamo tutti: io, tu, la redazione, il Forum donne, ecc. - il dovere di proporre una ipotesi alternativa non solo culturale e politica ma anche economica.

E' realistico che possano vivere in Italia, in questa situazione politico-economica, due quotidiani di opinione di sinistra: il manifesto e Liberazione ? Se sì, qual è o dovrebbe essere il target di Liberazione che non coincida con quello già traballante del manifesto ?
Cara Lea, è anche a queste domande che tutte/i noi che abbiamo amato Liberazione dobbiamo saper rispondere altrimenti le nostre parole resteranno nell'empireo dei desideri e, nel peggiore dei casi, verranno utilizzate dalle varie fazioni (che, per quanto ne capisco, a questo punto non coincidono più con le due mozioni congressuali).

Esprimo un desiderio di fine anno per il quale mi sento di impegnarmi e a cui ti chiedo di contribuire: il Forum delle donne e la rete Femminista si facciano carico di fare alcune proposte da discutere assieme alla redazione ed ai responsabili del partito di cui Liberazione è il quotidiano. Attendo risposte.

P.S. Questo articolo non mi stato richiesto da nessuno/a.



articolo pubblicato su Liberazione del 02/01/2009

 

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