Embrione a 4 ruote, le donne a terra

di Angela Azzaro

 

 

Nascerà tra nove mesi. Ma non è un essere umano. E’ una macchina. La nuova Fiat 500 di cui si annuncia l’arrivo. L’immagine pubblicitaria la ritrae come un embrione appena impiantato e fotografato con l’ecografia. Ancora non è nata, ma è già qui tra di noi. E’ già viva. Cioè esiste. Il messaggio è lanciato dalle pagine dei giornali.        

Il dibattito sull’embrione, su ciò che è vita o non lo è, soprattutto su chi decide chi sceglie o no di vivere o far vivere, ha spostato senza accorgercene il senso comune, l’immaginario collettivo. Qualche anno fa questa pubblicità sarebbe stata possibile? No, perché allora non si parlava di embrioni con tanta assiduità, accanimento, in maniera così strategica.  

Oggi l’embrione sembra essere diventato davvero uno di noi. A tal punto da poter anche diventare una macchina, umanizzata per l’occasione, per meglio arrivare al cuore e alle tasche delle persone. Non è un'immagine innocente. L’idea del mondo che veicola è molto chiara e dà ragione allo schieramento trasversale cattolico che con l’idea di embrione ha imposto la sua idea del bene e del male, ha stabilito per legge, la numero 40 sulla fecondazione medicalmente assistita, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.

Ma qual è il vero obiettivo del fondamentalismo nostrano? La pubblicità aiuta a capire meglio. Seguiamo gli slittamenti di senso. L’embrione diventa una macchina, la donna sparisce: era e resta un contenitore. Non più un soggetto complesso che sceglie, ma strumento per generare, per mettere al mondo i figli. Il parallelismo viene portato all’estremo e usato in termini di marketing.

«Se sei una futura mamma - dice la stessa pubblicità - iscriviti a Baby Boom, il concorso che premia il tuo bimbo con una 500». Finalmente le donne ritornano a essere madri in maniera assoluta, totale, senza possibilità di sfuggire. La pubblicità, soprattutto quella delle auto, le usa più spesso come oggetto del desiderio maschile, di rado come soggetti emancipati. Ma qui la disfatta è ancora più pesante. La donna-madre non merita neanche di vincere personalmente, la sua subalternità è assoluta. E’ il bambino che eventualmente vincerà, anche se nessuno spiega come potrà appena nato mettersi alla guida della nuova automobile.

La facile ironia si spegne davanti alla triste realtà. In nome degli embrioni, cioè di una idea della vita astratta, ideologica e parziale, si tenta in tutti i modi di cancellare le conquiste, anche simboliche, ottenute dalle donne nel secolo scorso e si impone a una persona, è il caso di Pier Giorgio Welby, di vivere una vita che non vuole. Una vita oggi di sofferenza, di dolore.          

La Fiat 500 rappresenta la totale naturalizzazione dell’idea di embrione che è invece un concetto nato nell’800 in ambito medico-scientifico. Non è una realtà oggettiva, né qualcosa che esiste da sempre. Gli illustri precedenti vanno piuttosto rintracciati in quell’idea di anima che da Aristotele a Tommaso D’Aquino veniva però attribuita solo agli uomini. Lo spirito ora si è fatto carne, anzi cellule, ma il suo potere normativo nei confronti delle donne resta tutt’ora intatto.

Se si passa dall’immaginario al linguaggio della politica (che spesso è molto più fantascientifico) resta la questione di fondo: il ritardo ormai gravissimo con cui si contrasta l’ideologia sulla vita dei cattolici integralisti. Non passa giorno in cui questi non lancino monito avvertimento minaccia. L’embrione è il collante del grande centro, la sua Costituzione è la legge 40 che all’articolo 1 ne stabilisce il diritto di esistere contro la libera scelta delle donne nella procreazione, ma non solo.

Pensare che tutto questo non produca uno slittamento del senso comune, non solo è sbagliato, ma ormai contraddetto dai fatti. Anche nel campo delle immagini e della pubblicità. Quando fu approvata la legge sull’interruzione di gravidanza l’idea dell’embrione era stata ridimensionata dalla forza che veniva dal dibattito pubblico. Il movimento delle donne fu capace di orientarlo, condizionarlo, di far sentire la sua voce.

Oggi è necessario uno sforzo altrettanto forte che sappia mettere in discussione il potere medicoscientifico, spesso solo apparentemente in opposizione a quello cattolico, e contrasti quello della politica subalterna al Vaticano. Per ridare alle donne quello che è delle donne: la signoria sul loro corpo e la loro vita.

Non sarà una discussione facile. Ma è necessario iniziarla, a partire dalla richiesta di cancellare la legge 40. Non si ci si riuscirà oggi né domani. Forse neanche dopodomani. Ma almeno si contrasterà l’idea che l’embrione è, per diritto naturale, uno di noi.

 

 questo articolo è apparso su Liberazione del 19 dicembre  2006