di Angela Azzaro
Nel dibattito sul futuro della sinistra il rischio, sempre latente, è che la critica al dominio maschile finisca nei tanti elenchi con cui si condisce il discorso. Che però era e resta neutro, cioè segnato dal potere di un sesso sull'altro. Le femministe, coccolate e considerate due minuti prima, diventano quasi un ingombro o un optional, una delle tante questioni o "tematiche" da considerare a margine.
Lo ha
ricordato su queste pagine Lea Melandri: una
nuova forza di sinistra non può sorvolare dalla centralità del conflitto
uomo-donna, non può cancellare il lavoro di tante compagne che dentro il
Prc hanno fatto la scommessa di poter rifondare il comunismo a partire da
un punto di vista radicale. E’ la richiesta di un cambiamento a
trecentosessanta gradi, che pone al centro una nuova soggettività
politica, un nuovo senso critico, una nuova idea di futuro.
Basta
leggere la bozza che prepara l'appuntamento. C'è tutto. Tutto quello che
serve per parlare a coloro che non ne possono più di vedersi negare
diritti, di vivere vite precarie, di sentire sul collo il fiato della
Chiesa cattolica che vuole normare comportamenti, dire che cosa è giusto e
che cosa è sbagliato nelle scelte individuali.
Il
progetto politico della Rete femminista mette insieme contenuti e
pratiche. Anche su questo punto non si può tornare indietro: La sinistra
che nasce, è scritto molto nettamente nella lettera di convocazione, non
può essere un'aggregazione indifferenziata di forze già esistenti,
intenzionate a non cambiare, a non raccogliere la sfida della radicalità.
L'obiettivo è molto più alto. Difficile. Ma non può che essere così. E' la costruzione della relazione nel rispetto delle differenze, è il desiderio di tessere la rete con tutte (tutti?) coloro che vogliono tentare di uscire dall'impasse. E' il grande tema della crisi della politica, dalla crisi della rappresentanza a quella della partecipazione. La ricerca è in atto. Con molti interrogativi, con un confronto tutto da portare avanti. Ma anche con non pochi punti fermi: se dalla crisi si vuole uscire è necessario impedire che la discussione sia una esclusiva dei gruppi dirigenti, degli intellettuali più o meno riconosciuti, dei politici più o meno in voga, che poi guarda caso sono quasi tutti uomini.
Per le
donne, le molte femministe, che dentro e fuori Rifondazione hanno lavorato
in questi anni con grande passione, è una occasione importante.
questo articolo è apparso su
Liberazione del
19 maggio 2007 |