Una storica impostorica Emma Baeri
Nel dicembre del 1975 ho incontrato il mio collettivo di autocoscienza e il femminismo mi ha “salvato la vita”. Fatto personale quindi politico, ben presto ho sentito il bisogno di dirlo in giro, a cominciare dai luoghi mio mestiere, quello di una giovane storica, ricercatrice all’università di Catania. “Partire da sé”, da me, ha significato cominciare a trasmettere il mio desiderio della mia storia, nella speranza di sollecitare analogo desiderio in chi mi ascoltava, un corpo a corpo tra corpo in-segnante – il mio – e corpo studente – le centinaia di ragazze e ragazzi che ho incontrato in trentacinque anni di lavoro all’università di Catania. Complice la Società Italiana delle Storiche, l’incontro con alcune maestre appassionate e geniali –– Maria Bacchi in particolare – è stata la mia scuola primaria: mi hanno insegnato quasi tutto. Pensare per rapporti di rispetto e non per rapporti di dominio, entrare nella disciplina in-disciplinandola, mettermi in scena con autenticità e ironia, è stata quindi la premessa necessaria per creare lo spazio teorico e materiale affinché “gli altri e le altre” potessero usare liberamente le proprie parole, raccontando altri modi di intendere progresso, durata, tradizione, utopia, e tutte le altre parole chiave che la tradizione storiografica eurocentrica ci ha consegnato. E soprattutto, alcune e alcuni maturando una curiosità crescente per quel femminismo da me continuamente citato: potevo in-segnarne il desiderio, forse. Tutto ciò assieme e dentro la doverosa rilettura delle fonti e delle loro rilevanze, verso una storia nuova. Penso che sia arrivato il tempo di rendere manifesto un nuovo imprevisto: un attrito interno al patriarcato, uno stridore tra i modelli tradizionali di mascolinità, un inedito movimento di liberazione degli uomini, una rottura separatista del codice patriarcale attraverso l’autocoscienza della sessualità maschile, la critica dei ruoli, il rapporto di ciascuno col potere, il ritrovamento del segno materno, l’apprendistato delle relazioni. Non si tratta di disobbedire a un ordine, ma di una trasgressione, la prefigurazione di un passo oltre, oltre l’ordine simbolico e culturale esistente, oltre il senso comune della mascolinità: il coraggio degli uomini è la gentilezza, per esempio.
Emma Baeri, Dividua. Femminismo e cittadinanza, quarta di copertina
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