Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano "il Manifesto" il 22 ottobre 2003

BIOSEX
Una parata di soli uomini
di STEFANIA GIORGI



Paola Gandolfi

 


Il Cespe organizza un convegno sulle «biotecnologie applicate ai problemi erettili». Un tema di grande attualità - per l'imminente voto al senato della legge sulla regolamentazione della sessualità maschile - affidato a 15 relatrici: teologhe, ginecologhe, giuriste, filosofe, genetiste. La partecipazione degli uomini all'incontro è però consentita. Naturalmente è uno scherzo.
Non verrebbe mai in mente a nessuna di noi di organizzare un incontro sulla sessualità maschile (i misteri della sua idraulica, tra biologia e biografia) senza pensare di coinvolgere i diretti interessati. E' però venuto in mente al Cespe che ha davvero promosso un incontro su «Innovazione scientifica e Welfare: la questione delle biotecnologie» (a Roma, il 5 novembre) chiamando 15 uomini come relatori: Luigi Agostini, Pietro Greco, Alberto Mantovano, Giulio Giorello, Ivan Cavicchi, Carlo Alberto Redi, Gilberto Corbellini, Adriano Pessina, Carlo Flamigni, Stefano Rodotà, Giovanni Berlinguer, Amedeo Santosuosso, Andrea Ceroni, Eugenio Lecaldano, Marino Niola.

Sarebbe passato sotto silenzio, non essendo né il primo né l'ultimo «caso» di biotecnologia monosex (Cinzia Caporale ricorda come anche il primo Comitato nazionale per la bioetica fosse composto da soli uomini, poi, dopo la protesta di Giovanni Berlinguer, «corretto» con un paio di nomine femminili), se non ci avesse messo lo zampino un'altra tecnologia - quella telematica -, l'occhio attento di Marina Calloni, dell'Università di Milano Bicocca, e l'insopportazione per i monologhi maschili (istituzionali e non) sul corpo femminile. L'invito al convegno viene infatti spedito a un folto indirizzario mail inversamente proporzionale alla «sex ratio» dei relatori come commenta Anna Rollier. A Calloni non sfugge il paradosso. Con la velocità che il mezzo le consente, risponde al Cespe: «Vi ringrazio dell'invito. Tuttavia, al di là dell'eccellenza dei relatori, deve esprimere il mio totale disappunto per non vedere nessun nome di donna... Eppure scienziate e ricercatrici in tale settore sono alquanto numerose e di alto livello scientifico. E poi mi pare che le biotecnologie abbiano molto a che fare col corpo femminile...».

Sulla mailing list tutta femminile del convegno tutto maschile parte un fitto scambio di messaggi concordi nel definire quel «fra-uomini», «non a caso più smaccato proprio quando si tratta di sessualità e procreazione» (Maria Luisa Boccia), emblematico e ridicolo. «Discutere di un tema che riguarda soprattutto le donne senza dare la parola a nessuna di loro è un'idea di indubbio valore simbolico. A quando un convegno sull'esperienza della maternità senza relatrici donne?» (Adriana Cavarero). Intervengono in tante, Elena Grosso, Flavia Zucco, Federica Casadei, Milly Virgilio, fresca dell'iniziativa di Giudit (l'11 ottobre a Bologna) su «Libertà femminile, procreazione e relazioni genitoriali». Oltre a discutere tra noi, si domanda Chiara Saraceno, cosa fare? Lea Melandri propone un convegno. «Sì, ignoriamoli e vediamoci», rispondono Anna Maria Crispino e Grazia Negrini, «sarà più interessante della solita parata di uomini che `non si possono non invitare'» (Elisabetta Chelo). Altre pensano che la risposta più efficace è già stata data con il ricco, saggio e ironico scambio telematico. Altre si interrogano sul coinvolgimento degli uomini (anche se, finora, solo uno ha risposto, Alessandro Gamberini, accusando «la miopia culturale» degli organizzatori).

Nel sito di «DeA» (www.donnealtri.it), Letizia Paolozzi ricostruisce la vicenda e Alberto Leiss rivolge «una modesta proposta ai colleghi maschi»: «Fate - facciamo - pure riunioni, iniziative di soli maschi, così come ci suggerisce istintivamente il gioco delle relazioni date. Ma cercate - cerchiamo - di diventarne finalmente consapevoli, di metterla in discussione prima di tutto tra di noi, di dichiararla pubblicamente, e di cercare poi interlocuzioni con l'altro sesso. Mi piacerebbe su questo conoscere il parere di molti dei relatori al convegno: come può reggersi una visione politica o scientifica del mondo che ne rimuova più o meno consapevolmente un'intera metà?».

Ce lo chiediamo anche noi.