Da una parte c’è quella rappresentata dell’assemblea di Milano che ritiene fondamentale il confronto con le istituzioni a partire da una questione complessiva: il riconoscimento delle donne non come soggetto debole, da elencare insieme ai vecchi, ai bambini etc, ma come soggetto politico che rappresenta la metà del mondo. Domani hanno organizzato nella loro città un confronto con le eleggibili e gli eleggibili a partire dalla lettera in cui si chiede ai politici di uscire, loro, dal silenzio rispetto al rapporto uomo-donna (ore 18, Società Umanitaria, via Daverio 7). Dall’altra parte c’è la posizione delle donne di Firenze, riunite nel manifesto “Libere tutte”, che preferiscono manifestare (l’11 marzo) e fare richieste più precise alla politica, sapendo quanto è difficile ottenere qualcosa dalle istituzioni. Posizione condivisa da Bologna, che sconta la delusione Cofferati. Ancora diversa l’esperienza di Roma e di Napoli. Proprio per questa ragione l’appuntamento di domenica non si è concluso con un documento comune, lasciando a ogni singola città la scelta di come affrontare il rapporto con le istituzioni, anche in vista dell’appuntamento elettorale. Una cosa è certa: non si parli più di
politica prima e di politica seconda. Quella delle donne è politica a
tutto tondo. Il cuore della politica. Soprattutto quando va a toccare le
contraddizioni più forti rispetto ai corpi nella postmodernità. E’ il tema
che attraversa la legge 40. Il gruppo
a/matrix lo ha messo al centro dei suoi
interventi, lanciando la proposta di curare un laboratorio sulle nuove
tecnologie di riproduzione da fare a Roma, ma che coinvolga le diverse
realtà. Parlare oggi della legge 40 non è un fatto residuale o parziale.
Ma, hanno detto le a/matrix, è andare al cuore dell’attacco integralista:
la separazione tra donne e embrione non è altro che il tentativo riportare
la donna a essere soggetto debole. Un attacco reale e simbolico che ricade
sull’idea di società e di civiltà. E’ per questa ragione che il lavoro più
importante è quello di sovvertire l’immaginario. questo articolo è apparso su
Liberazione dell'8 marzo 2006 |