Brunella Campea, La farfalla sulla nuca

Liliana Moro


Strano, anche al tatto, un piccolo, morbido libro che diventa tagliente quando se ne inizia la lettura, un libro che penetra a fondo in chi ha la fortuna di leggerlo, che apre una porta sulla malattia più temuta e più diffusa: il tumore, e in particolare, il tumore al seno.

La scrittrice Brunella Campea ne è stata recentemente colpita ed ha usato la sua professionalità e la sua sensibilità per fare della scrittura uno strumento per sé e per altre.

Sono pochi gli scritti, le parole usate per affrontare, narrare, scavare, cercare di comprendere un'esperienza di fatto molto comune. Come non c'è per altri passaggi cruciali della vita di tutti, per esempio la nascita e la morte, non c'è un discorso ampio e approfondito su una malattia che pure è di vastissima diffusione come il cancro. Certo la letteratura medica e specialistica è enorme, ma la cultura è silente. Ancora quasi si trema a pronunciare il nome di un morbo, che è divenuto presenza devastante in molte, certo troppe, vite.

Qui Campea affronta con un coraggio ammirevole sia la malattia sia la comunicazione della sua esperienza. Le parole, essenziali, precise, nette, escono goccia a goccia dal dolore, si direbbe direttamente dal suo corpo.

Si percepisce nettamente quanto l'autrice ha dovuto interloquire con se stessa, parlarsi con sincerità e in solitudine, per arrivare a dirsi così. Per certi versi è dunque un lungo monologo, ma per altri non lo è affatto, dato che apre un dialogo profondo, radicale con le moltissime donne attraversate dalla stessa vicenda, ma anche con tutte le altre, coinvolte in egual misura.

“Ma in quante siamo? E quanto siamo invisibili? Perché ci ammaliamo così in tante? Quanto conta la genetica... quanto l'aria che respiriamo, i cibi che ingeriamo, quel che la nostra stessa pelle assorbe?”


Invisibili e silenti e forse sentendosi persino in colpa per essersi malate, pur ben sapendo che le cause sono anche ambientali. Cause che tutte conosciamo e contemporaneamente ignoriamo, continuando a vivere 'come se' non ci fossero.

“Crediamo ancora che sia meglio morire di cancro che di fame?”

Tragica domanda diretta al cuore della nostra società che tollera entrambe, nascondendole.

“In questa società tutto quello che si fa per la salute deve essere fatto controcorrente. Se vuoi vivere, devi passare nella clandestinità, diventare una guerrigliera, strappare la vita dai pugni di coloro che la distruggono”

scriveva nel 1977 Deena Metzger citata da Luciana Percovich nella presentazione, significativamente titolata Diventare una guerrigliera. Il riferimento, a mio parere, non è tanto alla simbologia del bellicismo patriarcale, ma piuttosto alla combattività e al coraggio femminile che si dispiega nel privatissimo del proprio corpo e, insieme, nel collettivo delle questioni ambientali. Un coraggio che è virtù specifica delle donne in quanto nasce dalla consapevolezza della propria fragilità.

In effetti il 'monologo' di Campea porta poi avanti una domanda che è rivolta in modo preciso alle donne, perché, non dimentichiamo, la malattia in questione è tumore al seno, un male che colpisce uno specifico del corpo femminile:

“Possibile che tutto diventi più importante di quella nostra curva interiore e taumaturgica? Possibile che ci riesca così difficile portare la vera “cura” verso noi stesse, cambiandole per una volta destinazione e direzione?”


Nodo centrale, cuore di ogni questione che riguardi le donne: la cura di sé. Arte difficile per tutte e quanto mai ardua per le tante di noi che sono alle prese con questa malattia.


La lettura sorprende quando nella discesa agli inferi delle cure ossimoricamente devastanti, l'autrice condivide la sua scoperta: caduti i capelli, scopre che il suo angioma sul collo ha in realtà la forma di una “farfalla sulla nuca” .

E' un segno che la colloca dentro il mondo, l'universo, la terra, quella che le si era spalancata sotto i piedi alla diagnosi infausta, e la fa sentire parte di un tutto. Da qui a fatica nasce la speranza con cui proprio si chiude il libro:

“... come se sul mio si riflettesse il corpo del mondo, e la rinascita fosse l'unico progetto, piano concepito, genesi paziente e circolare.”


Brunella Campea, La farfalla sulla nuca

Edizioni Mondo Nuovo , 2019, pagg.48 € 10

 

 

home