Luciana Percovich

Colei che dà la vita
Colei che dà la forma


Sono passati ormai parecchi anni da quando, nel 2000/01,  ho tenuto il mio ultimo corso alla Lud intitolato Storie di creazione. Immagini del sacro femminile, tema a cui ero approdata alla fine di una prima fase di ricerca sull’immaginario che alimenta le religioni, consapevole del fatto che credenti e laici siamo ancora dominate da narrazioni “mitiche” che condizionano in maniera del tutto inconsapevole il nostro atteggiamento generale sulla vita. Narrazioni che, se da un lato sono mosse dal bisogno umano di trovare risposte sul senso totale della vita, dall’altro - proprio perchè lavorano nel nostro io più profondo e nudo - sono diventate strumento di modellamento e di controllo che agisce nella parte più intima della nostra psiche: il dominio delle coscienze si è combattuto a colpi di miti, parallelamente alle battaglie condotte sul piano materiale con le armi e l’imposizione di norme funzionali solo a chi detiene il potere di sesso e di classe. Dopo di allora, questa ricerca sui miti d’origine, che rappresentano la parte più filosofica di ogni religione, si è approfondita, allargata e arricchita fino a prendere la forma di un nuovo libro, Colei che dà la vita, Colei che dà la forma.

Nell’indagare come la creazione dell’universo sia stata immaginata e raccontata in luoghi diversi, prima del mito ebraico di Adamo ed Eva, considerato a torto come la memoria fondante dell’intera umanità, non solo si sono rivelate infinite altre storie ben più complesse e intriganti, ma ben presto proprio il tema del rapporto tra femminile e maschile si è imposto come uno dei principali temi ricorrenti. Dietro a cui si nasconde e si gioca il tema dell’armonia e del conflitto, le due spinte fisiche e psichiche chiaramente percepite dalle nostre antenate e dai nostri antenati come gli estremi entro cui si svolge la vita di ciascuno, di ogni gruppo e di tutta la Natura/Cosmo.

Le più antiche civiltà, che ad ogni latitudine sono state di tipo matrilineare, hanno immaginato un’origine esclusivamente femminile, dove la Madre o la Dea dava la vita ma anche la forma, ossia quell’insieme di regole, insegnamenti e strumenti indispensabili per continuare la creazione. Attraverso la partenogenesi o una qualche emanazione di sé, questa prima Madre generava una o più figlie, poi i figli maschi, e tutte e tutti venivano educati alla Via che mantiene l’armonia e l’equilibrio. Nelle età dell’oro e dei paradisi terrestri, l’energia maschile, già identificata come divergente, dispersiva, orientata verso l’esterno e il cambiamento, sapeva contribuire in maniera positiva alla vita sociale e culturale, in quanto collocata all’interno di una cornice di senso coerente e percepita come onnicomprensiva (la Natura, il Cosmo, il gruppo sociale).

Ma quando questo ordine, per la concomitanza di svariate ragioni che toccano sia il piano psicologico-emotivo che quello sociale ed evolutivo, ha cominciato a essere percepito come troppo potente o inadeguato là dove il mutare delle condizioni ambientali mostrava i volti più duri della Natura e la Grande Madre il suo aspetto terribile e mortifero, le spinte delle energie maschili si sono progressivamente fatte avanti fino a occupare il centro, spodestando la Madre e la Forma dell’equilibrio per imboccare un percorso contrassegnato dal rigetto di ogni senso di freno e di limite. Nel nuovo ordine patriarcale, l’energia femminile è stata progressivamente o traumaticamente compressa, violentata, marginalizzata finché, snervata e chiusa in gabbia, non ha più saputo fornire nessun insegnamento né contenimento. Parallelamente si è costruito un immaginario che ha letto quell’ordine antico, da una prospettiva capovolta, come caos primordiale, e ha attribuito a una divinità maschile il merito della creazione, intesa proprio come capacità di dare ordine al caos: oscurato il volto sapiente dell’orizzonte naturale, l’energia maschile si è proiettata nel vuoto dei cieli, inventando per sé la figura di Dio, il Creatore incorporeo.

Questo ci raccontano per lo più le storie di creazione, con modulazioni e intensità diverse, attraverso tutti i rimaneggiamenti subiti. Capitolo per capitolo, la collezione di queste storie che spaziano dalla Cina all’Africa, dall’America alla Mesopotamia, ha generato in me onde di riflessioni che ho sinteticamente esposto, senza nessuna pretesa di esegesi sistematica o direttiva, e senza soffermarmi per esempio sulle valenze estetiche, in alcuni casi veramente notevoli. Tanto che, smesso lo sforzo di evidenziare collegamenti e tracciare una cornice mitico-storica plausibile, forse quello che più resterà in chi le leggerà saranno alcune immagini di meravigliosa bellezza. Perché quello che ora il linguaggio della scienza descrive in aridi termini astratti, l’intelligenza delle nostre antenate/i lo ha espresso attraverso potenti intuizioni, figure e intrecci che conservano una grande forza germinativa, come semi dimenticati al buio per un tempo molto lungo. A chi  le leggerà, il compito di lasciarle agire nel cuore e nella memoria, e di intrecciarle con il già noto, per allargare e approfondire le radici con cui ci teniamo al mondo.

 

Luciana Percovich,
Colei che dà la vita. Colei che dà la forma
Venexia, Roma
settembre 2009.

 

recensione:

Il respiro profondo di una nuova era di Daniela Degan


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27-09-2009