Lungo la strada di Franca Trentin
Trascrivo parti della postfazione che Franca Trentin aveva fatto a un testo, lo scritto di Damira Titonel dal titolo “La libertà va conquistata”. La postfazione ha per titolo: Damira Titonel, una scelta di vita: l’inferno a vent’anni. Mostra un rapporto tra due donne, l’amicizia, e quel particolare modo d’amicizia fatto di apertura, di riflessione e di una certa sua propria dolcezza. Così racconta (e insieme si racconta) Franca nella Postfazione Frammenti dalla postfazione di “A un certo punto della sua testimonianza, scritta cinquant’anni dopo gli eventi, Damira Titonel dichiara, in una breve discreta sosta: ‘Il mio cuore che ora non ne può più ed è per questo che scrivo’, questo suo cuore evocato altre due volte, quand’era giovane, ‘un cuore pieno di debolezze, al quale erano riservate spaventose prove’. Dirà ancora Damira, interrompendo il filo della memoria che lei cerca di reggere con fermezza nella sua mente: ‘Qui, mi fermo, non ho più voglia di scrivere’. La storia di questa figlia di contadini veneti, emigrati nel Sud Ovest della Francia, non la destinava alla scrittura, ed è invece l’infinita stanchezza che la spinge, nella vicinanza della morte, a reagire, in un ultimo scatto, a voler lasciare per i suoi eredi tracce e ricordi di una particolare e dolorosa ‘avventura’ che si inserisce nella storia di quegli anni, così tormentati, della lotta contro il fascismo in Europa. Per me, leggere questo testo, pur destinato a rimanere confinato in ambiente familiare, è stata una prova complessa, un esame di coscienza conturbante, insolubile, un’emozione e uno stupore. Avvicinarmi troppo mi sembrava di toccare qualcosa di molto fragile, di molto sensibile che mi avrebbe, poi, costretta a mettere in questione il mio modo di essere, di pensare, di ricordare tutti i miei privilegi. Damira Titonel, l’autrice di questo diario, è legata a me – non me l’aspettavo – da molte similitudini di situazioni: stesso periodo dell’arrivo in Francia, 1925-1926: eravamo molto piccole l’una e l’altra, io del dicembre 1919, lei del luglio 1923: tre anni di differenza, oggi io ho 81 anni, lei ne avrà 78. Abbiamo lasciato le stesse terre, molto vicine. Venezia, Treviso, Conegliano, nessuno ci ha chiesto nulla, i nostri padri avevano deciso così, erano antifascisti e perseguitati, ed era giusto che non fossimo separati. E noi – anche questo ci univa – eravamo fiere di loro, del loro coraggio, della loro abnegazione, anche se questo significava miseria, difficoltà. E siamo approdate nella stessa zona di Francia, vicinissime, nel Sud Ovest, io a Auch e a Tolosa, lei, in cittadine più piccole, la più grande, Agen, dove sono andata molte volte per trascorrere la giornata. Forse avremmo potuto sfiorarci, soprattutto alla stazione di Tolosa, che frequentavo spesso, la Gare Matabiau, e dove Da mira è stata arrestata per poi essere successivamente deportata al campo di Ravensbrùck dove vivrà esperienze indicibili. Franca Trentin sottolinea della giovane Damira Titonel (ed è qualcosa che, a me pare, riguardi la stessa Franca) “il bisogno di raccontare la sua storia, ma non si tratta, per lei, di una felicità individuale ma di una felicità di tutti. C’è sempre in Damira la coscienza della collettività, della famiglia allargata, aperta a tutti (…) non è mai sola e alza sempre le braccia verso qualcuno: ‘Se dovessi riassumere la mia vita è l’amore che mi viene in mente, io amo tutti’ (…) un amore rassicurante, come l’allegria e la grande gioia di vivere”. Così la ‘classe’, anche senza soldi, contava. Oggi, la classe non ha più senso, valgono solo i soldi, i schei.
29-04-2011 |