Donne ed economia: la sfida di uno sguardo diverso

Quattro incontri per spostare visioni, ripensare concetti, annodare fili e reinventare prospettive per contrastare le derive dell’economia attuale

Vorremmo interrogarci sul ruolo delle donne nel quadro dell’economia mondiale, sforzandoci di elaborare un discorso critico sui fondamenti che reggono il nostro paradigma economico. Vorremmo capire in che modo le donne si difendono e lottano contro la tendenza onnivora del mercato, al nord come al sud, e individuare delle pratiche di resistenza da attuare nella nostra vita quotidiana - dalle scelte che facciamo ogni giorno nei consumi, nell’uso del tempo, del lavoro, dei bisogni, delle relazioni – allargando la riflessione alla questione dello “sviluppo”, nella convinzione che non sempre “più è uguale a meglio”. Ma ci interessa anche riprendere i temi della riflessione femminista sulla divisione del lavoro produttivo e di cura, sull’etica della responsabilità e il senso del limite in rapporto alle questioni poste dall’ambiente, dalla tecnica, dalla scienza. Vorremmo attivare insomma uno sguardo critico sull’economia patriarcali mettendone in luce i processi, i meccanismi e i valori, e cominciare a pensare secondo altre logiche più consone alla nostra esperienza e alle nostre competenze…

Nicoletta Cocchi

Nella sede di Armonie

Via Emilia Levante, 138

28 ottobre, 10 - 18 - 25 novembre 2006 

 

La centralità del lavoro di riproduzione

28 ottobre ore 16

L’economia è un sapere-potere molto forte che si caratterizza per le sue pretese di oggettività, ma la politica delle donne nel corso di questi anni si è sforzata di elaborare un discorso critico a livello di teorie e pratiche per contrastarne la neutralità, individuando le logiche in cui le donne sono coinvolte, spesso come parti invisibili. E’ il caso del lavoro di cura e di riproduzione che regolarmente scompaiono dalla scena e che, se considerati, avrebbero un peso notevole sui bilanci nazionali, ma che non a caso, sono difficilmente contabilizzabili proprio perché contengono troppi fattori che non sono di ordine immediatamente economico: corpi, relazioni, affetti, saperi, benessere, qualità della vita. Tutto ciò richiede un’operazione più complessa che sia in grado di riconoscere la relazione dinamica che lega il processo di produzione di merci al processo di riproduzione sociale della popolazione, e che ne valorizzi la dimensione etica e politica affinché l’intreccio tra condizioni di vita e condizioni di lavoro non resti un problema femminile, ma sia posto come il problema del sistema produttivo nel suo complesso.

A cura di Antonella Picchio,
economista femminista, docente di Economia Politica all’Università di Modena e di Reggio Emilia.

 

Strategie di resistenza creativa

10 novembre ore 20,30

L’affermarsi della logica del mercato come unica regolatrice dei rapporti tra le persone, gli stati, i popoli sembra rendere il capitalismo una frontiera insuperabile dell’umanità, eppure sono molte le voci che oggi si alzano per domandare una diversa cultura e civiltà delle relazioni fondate su nuove convenienze di vita. Di fronte a una temporalità produttiva che ha colonizzato ogni aspetto dell’esistenza si vanno delineando nuove ed efficaci forme di resistenza che si esprimono in un “fare” ora gratuito, ora solidale, ora cooperativo incentrato sul valore relazionale, la riappropriazione del tempo, il senso di responsabilità e limite nelle scelte del lavoro, dei consumi, dei bisogni. Un modo diverso di agire, di stare nelle cose, sottraendosi al soffocante produttivismo che tutto ingloba, ma anche imparando a connettere quello che succede nel mondo per modificare le nostre pratiche quotidiane, “coniugando il noi piccolo e personale, privato e il noi collettivo”. Se lo sguardo delle donne permette una maggiore prospettiva sulle condizioni del vivere, proprio per il loro ruolo storico di sostegno dei corpi, allora bisogna anche interrogarsi sulla rigenerazione della vita rifiutata dalle donne del nord – emancipate, libere, autonome – e delegata alle donne del sud. Si stanno riproponendo nuove gerarchie fra donne? La liberazione delle une avviene a scapito della subordinazione delle altre?

A cura di Sara Ongaro,
autrice di “Le donne e la globalizzazione”. In Sicilia, gestisce una piccola cooperativa, “Daera”.

 

Donne e globalizzazione tra complicità ed estraneità

18 novembre ore 16

Ciò che genericamente oggi chiamiamo “globalizzazione” è un insieme di meccanismi economici di messa al lavoro della vita che ha a che fare con la riproduzione degli esseri umani in senso biologico, culturale e relazionale in cui la penetrazione della concorrenza, della domanda e dell’offerta e della creazione del profitto la fanno da padrone. “Alle donne viene chiesto di moltiplicare la loro disponibilità, il loro lavoro materiale, psichico e la funzione di “assorbimento” a livello sociale e simbolico. In un mondo che si percepisce sempre più come privo di futuro è loro richiesto di “confermare” un ordine traballante: l’ordine nuovo sempre più violento, e un ordine antico minacciato da molteplici lati”. Questioni che richiamano i termini originari del problema della relazione uomo/donna , rimandando alle sue domande irrisolte, agli interrogativi radicali, al legame del destino femminile con la conformazione della nostra civiltà. Il femminismo degli anni’70 aveva iniziato questa critica alla civiltà e al pensiero che la fonda, analizzandone le strutture portanti, i limiti e i silenzi strategici. Molti oggi sono i femminismi, molte le pratiche di resistenza delle donne: visioni diverse che obbligano a ripensare le regole del gioco e a spostare i paradigmi del patriarcato, individuandone le articolazioni interne che lo legano ora alla globalizzazione finanziaria, ora al militarismo, ora alla distruzione dell’ambiente, ora alla “miseria” della realtà lavorativa. Il movimento globale di donne cresciuto intorno alle conferenze ONU degli anni’80- 90 ha saputo sostenere spazi conflittuali, trattative, mediazioni e for me di rappresentanza, assumendo uno sguardo critico sulla questione dello sviluppo, reinterrogandone i fondamenti, i valori, il senso, svelandone i limiti, le illusioni. Se da parte delle generazioni di donne più giovani si sente la necessità di proporre nuove politiche e nuovi spazi di autonomia che sappiano confrontarsi con le urgenze poste da questi temi, come non disperdere il patrimonio di pratiche e analisi prodotto in questi anni dal femminismo e dai gruppi di donne impegnati nei movimenti internazionali?

A cura di Paola Melchiori,
scrittrice, cofondatrice della Libera Università delle Donne di Milano, dell’Associazione Crinali e ora fondatrice e presidente della Libera Università Internazionale femminista (WWIFUN)

 

Un’altra economia: il dono

25 novembre ore 16

La logica del donare è il fondamento di un paradigma radicalmente diverso dalla visione del mondo fondata sulla logica dello scambio, cioè del dare per ricevere; sottolinea l’importanza del dare per soddisfare i bisogni anziché i profitti. Esiste in molti luoghi ma viene resa invisibile dal capitalismo patriarcale: si esprime nelle economie strutturate delle culture indigene, e nel mondo capitalista, in alcuni fenomeni a vasta scala come il lavoro domestico gratuito delle donne, nonché in quello che Marx chiama “plusvalore”, che altro non è che un dono gratuito di tempo e di lavoro regalato dal lavoratore all’imprenditore. Per riuscire a sopravvivere il lavoratore deve in aggiunta ricevere molti doni gratuiti da chi lo/la cura. “Se smettiamo di considerare lo scambio come un processo naturale o uno dei principali pilastri che sostengono la realtà, possiamo smettere di concepire la nostra partecipazione a esso come criterio del nostro valore personale. Se spostassimo la nostra attenzione sul valore da attribuire al paradigma del dono, individuando i difetti del paradigma dello scambio, molte cose acquisirebbero un altro aspetto: il capitalismo patriarcale, che sembrava la fonte del nostro bene si rivelerebbe un sistema parassitario in cui chi sta in alto viene nutrito dai doni gratuiti dei suoi “ospiti” in basso”.

A cura di Genevieve Vaughan,
attivista donatrice e autrice del libro “Per-donare - una critica femminista dello scambio”.