L'eclissi del maschile. Il potere della legge
di Lea Melandri


Diana Hakobian


Il riduzionismo biologico, di cui si è parlato molto a proposito delle tecniche di fecondazione assistita e della Legge 40 che dovrebbe regolamentarle, è una di quelle "invarianti" dell'immaginario collettivo che vengono oggi alla coscienza, ma di cui non si riescono ancora a vedere chiaramente né gli antecedenti né le implicazioni future. La naturalizzazione della storia - e il suo corrispettivo, l'umanizzazione della natura - ha contraddistinto in modo particolare il rapporto contraddittorio con cui l'uomo si è posto di fronte al sesso femminile, identificato con la materia, con il processo biologico della nascita, e tuttavia esaltato come riserva di spiritualità.

A questa tentazione non sono sfuggiti neppure i padri della psicanalisi nel momento stesso in cui si accingevano a restituire alla storia quei territori di frontiera - il femminile, la sessualità, l'inconscio - che essa ha bandito, sottomesso e sfruttato per millenni. Il ricorso ai presupposti immodificabili della natura, o della sovranatura nel caso delle religioni, è venuto quasi sempre in soccorso alle logiche di un dominio e di una ideologia maschile vacillanti. Di fronte alla difficoltà di trovare una spiegazione credibile all'abbandono da parte della donna di quel primo oggetto d'amore che è per entrambi i sessi la madre, Freud non esita a far proprio il detto napoleonico "l'anatomia è il destino" e a ricondurre quella che ritiene debba essere la condotta degli individui nel rapporto sessuale al comportamento degli organismi elementari della fecondazione: «la cellula maschile è mobile e attiva, cerca quella femminile, e questa, è immobile e attende passivamente». Sull'equivalenza immaginaria pene-seme-bambino, e quindi sull'appiattimento della sessualità maschile su un modello penetrativo e generativo, Sàndor Ferenczi è ancora più esplicito: «Lo spermatozoo penetra nel micropilo dell'uovo come il pene penetra nella vagina; si sarebbe tentati di denominare, quanto meno nel momento dell'accoppiamento, il corpo del maschio megasperma e quello della femmina megaovulo».

Questo fantasmagorico cortocircuito, che trasforma corpi senzienti e pensanti in cellule sessuali e queste a loro volta in persone, dovrebbe far apparire meno sorprendente l'articolo della Legge 40 che fa dell'embrione "uno di noi", soggetto di diritto come ogni individuo già nato.
Lo spostamento della fecondazione dalla segretezza e sacralità con cui era stato custodito dal corpo materno alla trasparenza dei laboratori medici, non poteva non modificare i fantasmi, le paure, i desideri, su cui si è costruita la rappresentazione della nascita, ma è ben lontano dall'eclissarli. Si può anzi pensare che siano proprio la visibilità inedita di alcuni passaggi riguardanti la vicenda originaria a dare al dibattito in corso una fisionomia che va oltre il problema dell'infertilità e della stessa ricerca scientifica sull'embrione.

Il ricorso alle tecnologie riproduttive interessa un numero esiguo di persone, ma non si può dire lo stesso per lo scenario che si apre nel momento in cui si separano sessualità e procreazione. Senza arrivare alla visionarietà di Ferenczi, che vede nel coito una sorta di "reinfetazione", il privilegio concesso all'uomo di riattraversare le minacciose acque materne con "un'arma adeguata" e di celebrare così la "vittoria sul trauma della nascita", non c'è dubbio che penetrare nel corpo della donna e depositarvi il proprio seme è stata la prima efficace forma di controllo di quel vortice creativo che il maschio ha vissuto nell'inermità e in una iniziale inconsapevolezza del proprio apporto biologico alla generazione.

La contesa per il potere riproduttivo, che ha visto trionfare storicamente una genealogia di padre in figlio, è soprattutto nel privato che ha conosciuto materiali rassicurazioni, così come è nel privato che ha preso inizio, per effetto di una mutata coscienza femminile negli anni '70, il "tramonto dei padri", la messa in discussione dei ruoli parentali e del modello dominante di sessualità generativa. Oggi quel potere, che si va eclissando nella case, nelle coppie, nelle famiglie, passa nelle mani di un sapere tecnico e scientifico che ha solide radici nella cultura maschile, ma che rimanda l'immagine di una identità di genere e di una virilità sfocate. Il controllo sempre più invasivo, che sul corpo femminile viene oggi dalla sfera pubblica - medicina, legge, religione-, non è paragonabile al dominio, miscuglio di violenza e tenerezza, esercitato da un padre, un marito, un amante, che di quel corpo ha conosciuto il possesso intimo.

La desertificazione dell'esperienza, l'affossamento della parola che potrebbe raccontarla - effetto dello scenario che oggi mette al centro la scienza e la legge, la politica e la religione-, si abbattono allo stesso modo su maternità e paternità. Ma nel vuoto di persone e di rapporti reali sono di nuovo gli antichi fantasmi della nascita a occuparne il posto. Si potrebbe leggere sotto questo profilo anche la tentazione visionaria di fare dell'embrione una persona e di affidarne la tutela allo Stato. Per far fronte all'eclisse della figura maschile, che si è posta come tramite e garanzia di passaggio dalla biologia alla storia, era necessario che qualcuno si ponesse come terzo rispetto all'unità a due del figlio e della madre, che un nuovo sbarramento venisse a por fine alla loro originaria indistinzione. Dove sono arretrati i padri, i mariti, gli amanti, avanza lo Stato facendosi scudo di una embrionale promessa di vita. Ancora una volta, per arginare un dominio compromesso oggi dalla sua stessa scienza, l'uomo ricorre alla cancellazione della storia, alla biologizzazione delle esperienze più significative della formazione dell'umano. Ma così facendo costringe, oltre alla donna anche se stesso, a rincorrere una vita immaginaria.


 

Sàndor Ferenczi, "Thalassa", Raffaello Cortina editore 1993
Elvio Fachinelli, "Claustrofilia", Adelphi 1989
Agnese Seranis, "Io la strada e la luce di luna", Edizioni del Leone, Spinea Venezia 1988
AAVV., "Un'appropriazione indebita", Baldini Castoldi Dalai 2004
Laura Kreyder, "La nascita come incubo. Le creature di Mary Shelley", in "Lapis. Incubi di pace", Manifestolibri 2000
 

 

questo articolo è apparso in Queer inserto di Liberazione del 12 giugno 2005

 

14 giugno 2005