La voce di Edipo
Louise Bourgeois alla Biennale di Venezia

di Donatella Bassanesi



Louise Bourgeois, manipolazione fotografica
di Aspassio Haronitaki

 

Louise Bourgeois, una delle maggiori artiste del nostro tempo. Quando aveva 71 anni, nel 1982, il MOMA di New York ha allestito la sua più completa monografia. Nel 1993 ha rappresentato alla Biennale di Venezia gli Stati Uniti, ed è stata premiata con il Leone d'oro. Oggi ha 92 anni.

Louise Bourgeois partecipa a quella sezione della Biennale a cui è stato dato il titolo di ABSOLUT GENERATION - sono tredici artisti affermati che presentano, in uno spazio che li accomuna (le sale di Palazzo Zenobio), altrettanti giovani. Relazioni tra generazioni che si evidenziano attraverso le opere stesse che rispondono, diversamente, al tema: Edipo.

Lei, francese che vive a New York, 'adotta' (presentandolo) un giovane greco A
spassio Haronitaki- il cui lavoro è una ricerca sulla forza istintuale degli animali nelle persone. E Haronitaki reinterpreta Bourgeois sovrapponendo alla sua faccia quella di un leone "to capture somthing about your mind, to capture your animal force", per catturare qualcosa della sua mente, della sua forza animale.



Aspassio Haronitaki

 

La vicenda di Edipo è ripercorsa da Louise Bourgeois tenendo presente la tragedia di Sofocle e il complesso edipico di Freud.
Dieci 'stazioni' che sono immagini, piccole 'bambole' di stoffa nelle sfumature che vanno dal rosa-rosso al bianco che, mai abbagliante, appare consunto.
Si volgono una all'altra, diverse di dimensioni come a indicare pesi e valenze.
Tutte insieme stanno dentro un parallelepipedo di vetro trasparente, come una teca in cui ogni figura è separata, perché posta sopra un piedistallo scuro che funziona da 'messa a terra' e isola.
Possiamo pensarla questa, una raccolta numismatica, una scatola magica, o una messa in scena teatrale, dove gli attori tornano a farsi vedere (più piccoli davanti, più grandi dietro, in una specie di prospettiva rovesciata, un gioco della memoria). Uguali e diversi, in uno spazio mitico, o nel magico gioco delle apparenze.
Che si tratti di 'bambole', di 'teatro', e di una circolarità fluida di quello sembra il rimescolarsi nell'acqua, nel quale si 'conserva' l'infanzia, ce lo indica la stessa Bourgeois nella frase "La mia infanzia non ha mai perso il suo sapore magico, il suo mistero, la sua teatralità".
E si ha anche l'impressione di avere davanti parole di uno scritto composto di due righe: cinque figurette (come parole) davanti, e quattro più in fondo. Una in mezzo, messa per lungo, bianca, rappresenta il padre, il re Laio. Ucciso, fissato alla terra da un vero chiodo, indica, o meglio allude, a un centro. Mostra (girandogli attorno) tutta la drammaticità di deposto che solleva dal corpo, ormai morto, la testa.

È Louise Bourgeois stessa a rivelare l'ordine progressivo che ha tenuto per realizzare questo lavoro.
Prima l'immagine dell'Oracolo dalla doppia testa, poi la madre Giocasta con Edipo tra le braccia, Edipo infante, il padre (il re Laio) ucciso, la Sfinge, Edipo che giace con la madre, Edipo che contempla il suo destino, Edipo cieco guidato dalla figlia Antigone.
Un ordine che lei poi non rispetta al momento della distribuzione nello spazio delle figure. È come se, con la messa in opera, qualcosa fosse intervenuto e quelli che ci appaiono, anche, come personaggi di una scena, si fossero attratti, intendessero dialogare - diversamente, in questo momento, ma poi in un altro tempo potrebbe essere diverso.



Louise Bourgeois: Edipo, 2003

L'immagine che Louise Bourgeois ha scelto come indicativa, come 'cifra', è anche la più grande. Ma non incombente. Si profila in un 'a parte'. È di colore rosa chiaro, sta in secondo piano a sinistra, fine-inizio di un discorso (perché, certamente, ci troviamo davanti a 'parole' che intervengono le une su e tra le altre, ognuna delle quali conserva tuttavia il proprio particolare segreto).
Questa immagine mostra la madre che circonda con le braccia, in una anello di protezione-accoglimento-chiusura (un cerchio, come quello del focolare o delle mura della città), il fanciullo che, nutrito, alza un braccio verso di lei, e ha la bocca aperta. Un gesto di desiderio? Di saluto? Cerca di parlarle?
Lei è nuda e non sta seduta ma piegata sulle ginocchia come per devozione o attaccamento alla terra.
Il suo, come tutti gli altri corpi, si compone di frammenti di stoffe che con le loro cuciture indicano il ricucirsi di strappi, l'appartenenza alla frammentarietà delle esperienze e del vivere.

Di fianco, a sinistra di 'Giocasta con Edipo in braccio', sta 'Edipo adulto' ma più piccolo di dimensioni rispetto alla madre. Nudo come lei, nella sua stessa posizione. Ugualmente, le braccia cingono (l'oggetto del suo amore?) il suo destino: una sfera trasparente rossa che arrossa (vivifica?) il corpo che ne è illuminato.
L'assonanza delle due immagini è un doppio riflesso: Edipo è il destino di sua madre, Edipo è madre del suo proprio destino.
L'intreccio del destino madre-figlio viene ripetuto nella immagine successiva dove, posti di traverso , come a rompere la linearità di un pensiero razionale, stanno i corpi abbracciati di Giocasta (bianca, che adesso avvolge con una gamba il corpo del figlio) e Edipo (di un rosa piuttosto scuro, il cui corpo si dispone - per una profezia? Per un inconsapevole ricordo? - come quello del padre ucciso).
Un intreccio che si trasforma successivamente in una specie di palla, una figura magmatica (mostruosa?) da cui esce unicamente una testa.

La voce di Edipo si sente due volte. È come una risonanza, un destino, che corre tra la Sfinge e l'Oracolo dal busto bifronte, e stringe il fanciullo Edipo che, con le braccia aperte, disteso per terra (abbandonato)sembra coglierlo o, forse, semplicemente avvertirne la presenza.
Edipo fanciullo si protende come a volersi staccare dalla terra-madre, esposto, come abbandonato, tra cielo e terra, tra vita e morte, in una situazione dolorosa di conflitto, sta come inizio insignificante da un lato, e nascita misteriosa e prodigiosa dall'altro.
Egli si trova così al centro di quello che potremmo definire un trittico. E sono le prime tre figure in primo piano a sinistra, piuttosto piccole - di colore bianco il fanciullo, rosa-rosse le due figure del mito (l'Oracolo e la Sfinge).
La voce di Edipo è risposta silenziosa (al doppio messaggio del destino). È la necessità dell'uccisione del padre e dell'incesto con la madre (voluta dall'Oracolo). È la saggezza di Edipo (che scioglie l'enigma posto dalla Sfinge) che è la sua maledizione: lo condurrà infine alla cecità, perché la sua veggenza è la sua cecità.

Il volto di Edipo rimane lungo tutto il tragitto indefinito - come alcuni aspetti del racconto, lasciati sospesi, privi di forma, senza immagine.
Di Edipo appare veramente il viso - e tutto è il suo volto - quando vediamo la sua testa isolata (come una maschera mortuaria, e due chiodi sono piantati nei suoi occhi).
Questa testa è come un pugno contro il cielo.
Tanto più grande nel suo trovarsi vicino a un gruppo molto piccolo: appoggiato alla figlia Antigone e a un bastone, Edipo cammina come ricercando in un disperato sforzo di equilibrio il cielo e la luce.


Testi di Louise Bourgeois

Louise Bourgeois. La nuit le jour la nuit