Quale sorte per l'autodeterminazione delle donne
fra divieti, integralismi religiosi,
nuove tecnologie riproduttive e mercato dei corpi

SEMINARIO ORGANIZZATO A FIRENZE, IL 7 NOVEMBRE 2002
IN OCCASIONE DEL FORUM SOCIALE EUROPEO

Traccia dell'intervento di Maddalena Gasparini
dell' Associazione per una Libera Università delle donne




La mai conclusa battaglia per legittimare o difendere il diritto delle donne a decidere di sé quando il corpo è gravido, ci ha indotto a guardare all'intervento biotecnologico nella procreazione con lo stesso sguardo, trasformando in diritto la potenzialità riproduttiva del corpo femminile e riducendo spesso a una questione di " accesso" alle biotecnologie la discussione intorno ad esse.
Sospese nell'ambiguità fra terapia dell'infertilità (inespressa, perché se tale fosse riconosciuta non se ne potrebbe negare l'accesso a nessuna) e nuovo modo di procreare, le biotecnologie procreative sono oggetto di pratiche, fantasie, rischi, concreti interessi i cui nodi meritano di essere sciolti uno per uno, per far valere il diritto alla salute, per praticare una libertà che riconosca i propri limiti, per opporsi radicalmente alla mercificazione dei corpi, nella loro interezza o nelle sue parti, per riconoscere quanto la secolare pretesa maschile di garantirsi una discendenza "propria" impronti anche i nostri desideri.

1) Il diritto alla salute. L'applicazione delle biotecnologie procreative è avvenuta con le caratteristiche di una sperimentazione clinica non autorizzata, non controllata, di dimensioni planetarie. Dai primi resoconti dei successi "estremi" alle recenti esortazioni alla prudenza e al realismo.

2) L'interesse economico che ruota intorno alla procreazione medicalmente assistita (un "bambino in braccio" costa dai 50 ai 100 mila euro) è poca cosa a fronte degli interessi delle multinazionali per i possibili sviluppi della ricerca sugli embrioni, sulle cellule staminali, sul patrimonio genetico. Per garantirci contro le pratiche mercantili ricordiamoci che è necessario il nostro consenso per l'uso del materiale biologico a fini di ricerca e ancor più per l'eventuale uso a scopo di profitto.

3) L'estromissione, concreta o fantastica, del maschio dalla procreazione apre uno spazio che può ospitare altre incarnazioni della differenza o celare fantasmi, fondare nuovi legami parentali o mettere a rischio la faticosa ricerca della reciproca autonomia nel rapporto d'amore che lega madre e figlio, madre e figlia.

4) Dalle tecnologie sofisticate dei centri per la procreazione medicalmente assistita alle pratiche autogestite di inseminazione di alcuni gruppi lesbici: le relazioni che la biotecnologia espelle o rende irriconoscibili, possono prendersi una rivincita.

5) Identità e ricerca sull'origine sono messi alla prova dall'anonimato di chi dona i gameti, dal segreto da cui è circondato il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, dagli "errori" dei medici: l'accoglienza di una coppia di gemelli neri nati da una coppia bianca, le domande di chi è nato dalla fecondazione con gamete di donatore o donatrice.

Questo modo di avere figli può mettere a disagio o può affascinare, e non perché si allontana da o manipola la natura ma perché modifica un intreccio secolare fra biologia e cultura della procreazione: se portare a termine una gravidanza è qualcosa che riguarda infine solo la donna, il concepimento inizia, prima che nell'incontro fra uno spermatozoo e un ovocita, nel gioco degli affetti e dei desideri, nelle relazioni concrete e fantastiche, fra le donne e gli uomini e fra le donne. Prendere la parola su questo mondo che cambia è l'unico modo per sottrarre le "pratiche" al dominio tecnologico e alle logiche del mercato.

Il Seminario è proposto dalla Marcia mondiale delle Donne
nell'ambito del Forum Sociale Europeo

Firenze, 7 novembre
ore 14.30 circa