Un vanto per Fusignano

Franca Fabbri


Il 7 dicembre 2012, al Teatro Dal Verme di Milano, nel giorno dedicato alla festa di Sant’Ambrogio, patrono della città di Milano, Lea Melandri ha ricevuto l’ ‘Ambrogino d’oro’, il più importante attestato di civica benemerenza per una cittadina, come recita la motivazione,‘ che ha fatto bella Milano’.

Lea ha contribuito a far bella Milano rendendola uno dei centri internazionali del pensiero sulle donne, grazie al suo intenso lavoro di scrittura politica; animando il dibattito con incontri, iniziative culturali, civili e politiche ha invitato le donne a uscire dal silenzio pubblico e, se oggi in Italia la parola pubblica delle donne ha cominciato a risuonare, è anche per merito suo. 

‘Gli alberi, scrive Lea, le fioriture primaverili, le macchie gialle del grano, le sponde di un canale e persino i campi arati, non hanno mai smesso di commuovermi, di raccontare, attraverso parole inarticolate e subito respinte, di altre ben più precise sensazioni e sentimenti ormai sepolti, come la vecchia cascina abbandonata tra moderne costruzioni industriali, dentro una pietosa coltre di rampicanti’.

E’ in quella casa, oggi abbandonata nella campagna di Fusignano, che Lea è nata e vissuta fino al 1966. Dopo aver compiuto gli studi al Liceo Classico di Lugo ed essersi laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università di Bologna, si trasferisce a Milano dove si dedica, oltre  all’insegnamento, all’approfondimento dei suoi studi e, soprattutto, al movimento delle donne.

Il suo impegno sociale e politico la porterà a lavorare attivamente contro ogni forma di autoritarismo, dalla famiglia, alla scuola, alla società, mettendo in discussione tutti i sistemi che creano esclusione, competizione, disuguaglianza.
Fin dal suo primo arrivo a Milano, Lea svolge molte attività nel femminismo: dai gruppi di autocoscienza, ai gruppi di pratica dell’inconscio, al gruppo di ‘sessualità e scrittura’, percorsi della riflessione femminile; crea e dirige la rivista ‘Lapis’; sul mensile ‘Noi Donne’ tiene una rubrica dedicata alla scrittura d’esperienza: ‘Le periferie della memoria’.

La sua produzione letteraria è molto vasta. Uno dei suoi testi più appassionati ed intensi è oggi molto attuale: ‘Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà’, in cui Lea indaga sulla violenza reale e su quella simbolica che si trovano nelle relazioni intime fra uomini e donne. Considerando che ‘sono soprattutto mariti, padri e amanti ad uccidere, violentare e perseguitare le donne, scrive Lea, gli uomini, essendo figli delle donne, vivono il corpo delle donne-madri come corpo potente, corpo che genera e che possiede una forte carica erotica. Nello sguardo dell’uomo figlio nasce uno sguardo di legittima difesa verso il corpo femminile; l’affacciarsi del fantasma della donna forte provoca spesso nell’uomo adulto rancore che si manifesta con gesti di accanimento contro il corpo che lo ha generato. Le donne spesso non denunciano le violenze subite per il prolungarsi nel tempo di una struttura di rapporti infantili; hanno inoltre fiducia nel cambiamento e sperano di poter salvare gli uomini, si ostinano a volerli curare benché siano in perfetta salute per rendere buona la loro vita. La violenza degli uomini nei confronti delle donne non è una questione privata, ma politica che impone urgenti riflessioni all’intera società civile che è chiamata ad un impegno enorme nei confronti della formazione di giovani donne e giovani uomini’.

L’infanzia e l’adolescenza vissute nella campagna ravennate muovono ancora, nella scrittrice di oggi, ‘pensieri, stati d’animo, sbalzi inaspettati di umore’ che le giungono da ‘quella radice di terra, temprata da donne e uomini di straordinaria vitalità, pur costretti a lavori servili, capaci di passare dalla zappa al ballo, dall’ira alla battuta di spirito’.
Quel tempo trascorso in un ambiente rurale dove il lavoro era inteso come attività legata al soddisfacimento dei bisogni primari, obbligava al rigore di un attento ascolto degli elementi naturali e delle umane vicende. Lea ha saputo trasformare la saggezza di quell’ambiente contadino nella grande forza che la caratterizza: la forza per avviare cambiamenti storici e sociali. Il suo incrollabile spirito ha ispirato generazioni di donne a resistere ad ataviche oppressioni patriarcali, suscitando cambiamenti che le hanno rese libere da situazioni di dominio.

Ho incontrato Lea frequentando La Libera Università delle Donne di cui è stata fondatrice nel 1987.  Oggi ne è la presidente.
La sua cadenza, simile alla mia nonostante il lungo tempo trascorso da entrambe lontano dalla nostra terra di origine, mi colpì all’istante. Fui subito impressionata dalla vastità della sua cultura, dal suo leggere e studiare continui, ma ciò che ancor più mi piacque in Lea e continua a piacermi, è la disponibilità nel trasmettere ad altri il suo sapere, dote assai rara fra le persone di vasta cultura.
                           

11-11-2013

pubblicato anche su Il Ponte

 

 

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