Quinto convegno dell’Associazione Donne & Scienza

Scienziate dall'economia domestica all'economia di mercato

di Giovanna Gabetta

 

L’Associazione Donne e Scienza, con la collaborazione del coordinamento napoletano D&S e della Fondazione Idis - Città della scienza, ha organizzato il Quinto Convegno Nazionale che si è tenuto a Napoli dal 17 al 19 Settembre 2009, presso la sede della Città della Scienza, in Via Coroglio 104, con una partecipazione che non è stata limitata alle sole socie.
La discussione è stata varia e interessante, e gli argomenti trattati sono stati moltissimi: dalla esposizione di dati, alle storie personali, agli interventi specialistici sulla natura del cervello o sulla storia del movimento delle donne… forse, se si può fare una critica a quello che ormai per me è un appuntamento sempre gradito, questo convegno pretende un po’ troppo e mette una grandissima quantità di carne al fuoco!
Basta scorrere il programma, che si può trovare anche nel sito della associazione: www.donnescienza.it, e che comprendeva queste sessioni:

  • Le parole della scienza contemporanea
  • L’innovazione e il mercato
  • La rivoluzione tecnologica
  • La creatività delle donne

Sono poi state presentate dieci comunicazioni libere, che hanno un po’ sofferto della mancanza di tempo (non avevano a disposizione più di dieci minuti ciascuna) e hanno trattato argomenti diversi, per esempio le attività in ambito europeo, alcuni progetti realizzati nelle scuole superiori, esperienze personali nel mondo della ricerca anche industriale.

Vorrei anche ricordare la lezione conclusiva di Anna Garbesi  L’origine della vita, che mi ha fatto in particolare riflettere su alcuni aspetti di ingenuità nella storia degli esperimenti scientifici, e sulla strada che è stata fatta negli ultimi cinquant'anni; e poi il concerto veramente speciale della Knorrband. Insomma, questo convegno per me è un appuntamento importante, a cui mi sottraggo raramente. Questa volta sono arrivata in ritardo e ho perduto le prime quattro relazioni, ma ho moltissimi argomenti di interesse da esporre. Senza elencare tutto quello che è stato detto, vorrei limitarmi ad alcune considerazioni che ritengo più importanti. Si tratta comunque del mio punto di vista personale, anche quando riferisco quanto detto da altri è sempre filtrato attraverso i miei appunti.

Devo dire che forse a causa dell’età non sono più molto interessata ai dati numerici sulla partecipazione delle donne, che cambiano ma un po’ troppo lentamente; e neppure alle “storie di successo” che vengono raccontate in queste occasioni, compresi i consigli per fare carriera. Da un po' di tempo a questa parte, mi chiedo: se riteniamo che i criteri di selezione non siano equi, come dobbiamo giudicare chi viene scelto con questi criteri? Hanno caratteristiche particolari, oppure rispondono ad un modello che andrebbe comunque cambiato? Questi pensieri non sono venuti solo a me, ma anche ad altre persone con cui ho chiacchierato durante una cena: che però avevano in comune, ahimé, l'appartenenza ad una fascia di età... non proprio giovanissima! Mi sembra invece notevole che si cominci – finalmente!- a sentir dire che la scienza e l’organizzazione del lavoro devono cambiare, e non le donne 1). Messa così la frase sembra un po’ semplicistica, ma certamente si tratta di un importantissimo argomento di dibattito, anche perchè mi appassiona da tempo. Dice Elisabetta Donini, presente nel pubblico e sempre molto attenta: “Vale la pena di lottare per una maggiore partecipazione delle donne, se la scienza a cui vorremmo partecipare non cambia?” Elisabetta è sempre molto radicale, la scienza che vorrebbe è abbastanza lontana da quella che vorrei io; e poi vede dei limiti proprio nella nostra associazione a cui  infatti non è iscritta. Credo però che l'interrogativo da lei posto sia valido a molti livelli e che noi donne dovremmo cercare di portare avanti un dibattito serio di cui oggi si sente molto la mancanza. Posto che si possa, come donne, proporre e sostenere qualche cambiamento, anche la direzione in cui muoversi andrebbe definita e una eventuale proposta, o proposte, andrebbero portate avanti, visto che il mondo che ci circonda sembra non essere disponibile a cambiare, e sostituisce i dibattiti con vuoti litigi.    

Invece, oggi è proprio la crisi economica che potrebbe costringerci a cambiare; nonostante il titolo del convegno, solo alcune relazioni si sono occupate di economia – devo dire che mi è dispiaciuto - ma gli spunti che ne posso ricavare (tenendo conto che di economia so molto poco, per non dire nulla!) mi sono sembrati particolarmente interessanti. Prima di tutto, va citato l'intervento di Lia Migale 2) che ha sostenuto - riportando una citazione dal Sole 24 ore - che la crisi economica causerà l'accelerazione del passaggio dal potere maschile a quello femminile. Per quale ragione? Perchè:

  • gli uomini perdono il lavoro più facilmente delle donne
  • gli uomini hanno qualifiche più basse, studiano meno
  • i salari medi si abbassano
  • gli uomini sono più soggetti ad andare in depressione quando perdono il lavoro.

Però occorre tenere conto che spesso le imprese femminili rappresentano il passaggio al mercato del lavoro di cura; perciò c’è sempre il rischio di ghettizzare le donne in certi settori. D’altro canto, il lavoro di cura fa parte dei cosiddetti "fattori intangibili" che sono di solito propri delle donne e che potrebbero oggi essere essenziali per il vantaggio competitivo delle imprese. Queste tesi mi ricordano anche quanto ho letto di recente in un libro di Maurizio Ferrera 3): l'economia italiana potrebbe avere una maggiore capacità di ripresa se utilizzasse al meglio le donne. La tesi è interessante, ma non mi sembra che metta in discussione il modello di sviluppo economico che abbiamo visto negli ultimi tempi, e che forse è proprio quello che ci ha portato alla crisi! Invece nel suo intervento Vittorio Silvestrini 4) ha sostenuto che dopo la crisi avremo un aumento irreversibile della disoccupazione e delle disuguaglianze. Saranno i poveri a pagare la crisi, anche perchè la conoscenza è monopolio dei paesi ricchi, delle multinazionali, dei poteri forti. I provvedimenti contro la crisi tolgono risorse ai contribuenti per salvare il sistema finaziario. Per superare la crisi occorre puntare sulla conoscenza: produrne di più, distribuirla meglio e finalizzarla ad un mondo più democratico. Secondo Silvestrini, le donne non devono puntare sull'economia di mercato: occorre unire l'amore alla ricerca di conoscenza.

Ecco, direi che in questi due interventi sono condensati alcuni spunti di discussione che mi piacerebbe vedere approfonditi, e cioè il ruolo delle donne nell'economia, e ancora se sia più opportuno e auspicabile che le donne partecipino di più, o al contrario se si dovrebbe cercare di cambiare il sistema, magari rendendolo più "femminile". Il collegamento tra questi due interventi in campo economico e le tematiche femminili che riguardano la scienza è stato offerto dall'intervento di Michela Nacci 5), che ha ricordato due modi di pensare che derivano dal movimento femminista: Antiscienza e Pensiero della differenza. Ormai siamo tutti d'accordo che la scienza non è neutra ma risponde a caratteristiche maschili 6). Però una parte delle persone che praticano il pensiero della differenza fa affermazioni molto radicali, tipo che la scienza non serve, (e che il mercato, la politca, non servono...sono spesso le stesse persone che sostengono che il patriarcato è finito). In effetti, le donne che lavorano nelle istituzioni di tipo scientifico si scontrano ancora con gli stessi problemi di molti anni fa, ma forse adesso è più importante chiedersi: vale la pena di partecipare? Come e perchè partecipare? La Nacci sostiene - o almeno così mi sembra di aver capito - che il pensiero della differenza derivato dal femminismo degli anni '70 ha in sè una specie di blocco, e che sarebbe meglio non essere definite in categorie ma avere una appartenenza multipla.

In conclusione di questo mio articolo, mi piacerebbe che qualcuno continuasse il dibattito. Forse non ho saputo sempre riportare in modo corretto il pensiero delle persone che sono intervenute, ma credo di avere comunque interpretato alcuni spunti. Ai quali vorrei aggiungere questa altra riflessione: come mai non si fa strada un pensiero femminile che cerchi di proporre qualche alternativa, anche solo come ipotesi, al pensiero dominante? Perchè le proposte a favore di una maggiore partecipazione delle donne vengono soprattutto da uomini 7)?

Se da una parte si è confermato che il convegno annuale della Associazione Donne e Scienza è un appuntamento interessante e vivo, grazie soprattutto all'impegno delle organizzatrici a cui deve andare un sentito ringraziamento, il panorama del pensiero femminile mi sembra abbastanza frammentato e soprattutto poco visibile. Potrebbe l’associazione incaricarsi di far nascere un nuovo dibattito? E' proprio vero che siamo "arrivate" e non abbiamo più bisogno di dire nulla? Oppure rischiamo, proprio perchè adesso il sistema comincia ad accoglierci, di uniformarci e rinnegare la nostra differenza, diventando più conformiste di tanti uomini?

Note

1) Questo argomento mi sta a cuore anche perchè ne parlavo già nel mio libro, "L'alternativa negata", pubblicato da Egea alla fine del 2003.

2) Lia Migale, Università La Sapienza, Roma La cultura della cura può creare eccellenza nelle imprese?

3) “Il fattore D”, di Maurizio Ferrera, Oscar Mondadori, 2008: perché il lavoro delle donne farà crescere l’Italia
 

 4) Vittorio Silvestrini, presidente della associazione IDIS, Città della Scienza, Napoli L'innovazione per una Società democratica della conoscenza

5) Michela Nacci, Università dell'Aquila, Il pensiero delle donne tra scienza e antiscienza

6) Su questo punto, direi che è istruttivo considerare alcuni interventi soprattutto di donne che hanno avuto successo. A mio parere, spesso queste donne difendono atteggiamenti maschili. In margine al convegno infatti, è emersa per esempio un po' di polemica, nonapprofondita per mancanza di tempo, sulla "medicina di genere". Le donne che hanno posizioni di rilievo in aziende farmaceutiche sostengono che non ci sono i presupposti per rivendicare la medicina di genere. Posso anche segnalare l'intervista a Cristiana Compagno sul "Corriere della Sera" del 14/8/2009, pag.11. La Compagno è l'unica donna rettore di Università in Italia, e la sua intervista fa capire che non ha riserve sulla correttezza del metodo di selezione che le ha permesso di raggiungere questa posizione.

7) Penso ai citati Ferrera e Silvestrini; penso anche all'intervento di Umberto Veronesi sul "Corriere della Sera" di Venerdì 21 agosto 2009: Serve un nuovo femminismo

 

1-10-09