Guardare la luna
di RAFFAELLA BOLINI  e ALESSANDRA MECOZZI


Milano, 8 marzo 2003

Il 18 marzo ricorderemo Tom Fox, Rachel Corrie e Nicola Calipari. Chiederemo giustizia, e libertà per tutti gli ostaggi. Non ci rassegniamo a vivere nell'orrore. La legge del più forte applicata dalle potenze occidentali ha scatenato una concorrenza spietata sullo stesso terreno. Non c'è condanna del terrorismo che possa essere distinta da quella della guerra: è una sola la lotta contro il sistema globale del terrore. Anche il diritto alla resistenza, per il diritto internazionale, è vincolato alla salvaguardia dei civili. Ma un'occupazione che viola tutte le regole del diritto umanitario fa affondare la «resistenza onesta» nel mare della barbarie.

In Iraq c'è bisogno di un lungo cammino per la riconciliazione nazionale, possibile solo se il paese viene subito liberato da tutte le truppe di occupazione. Noi siamo con chi resiste affermando l'alterità rispetto alla disumanizzazione, con chi pratica il conflitto in modi che possano essere agiti da tutte e da tutti. La comunità internazionale, pena la sconfitta, ha il dovere di sostenere queste forze, di riconoscerle come interlocutori privilegiati.

Dopo anni in cui la politica internazionale non ha voluto imporre il diritto contro l'occupazione, la società palestinese, laica e colta, ha finito per dare la maggioranza a un movimento di ispirazione religiosa integralista. Insistendo negli errori, oggi in molti vogliono punire i palestinesi per questa scelta, invece che cambiare rotta.

Il 18 marzo deve aprirsi una nuova fase per il movimento contro la guerra, che deve diventare anche un movimento per la pace e la giustizia, guardare alla politica estera, alle sfide che riguardano il nostro paese. Dobbiamo riprendere a batterci per una politica di disarmo mentre produzione, commercio e spese militari crescono per le scelte di governi e mafie globali.

Con quale autorità le grandi potenze nucleari pretendono di fermare il nucleare in altri paesi? Il disarmo nucleare globale è una priorità. Non ci sarà consenso a un attacco all'Iran -la maggioranza del paese ha capito la verità, grazie all'informazione indipendente, all'azione dei movimenti. La politica sia all'altezza di questa coscienza.

Vivere nel Mediterraneo ci chiede un di più di responsabilità e impegno. Siamo sulla frontiera principale dello «scontro di civiltà» che tanti cercano per trovare consenso alle politiche di potenza con razzismo e xenofobia.

L'Italia ha il più forte movimento per la pace diffuso che fa politica e cultura tutti i giorni, non solo con le manifestazioni. E' degradante il tentativo di sminuire questo lavoro di civiltà, usando i temi della pace come fango buttato sull'arena di competizioni partitiche.

La politica discuta di politica, non degli esibizionismi provocatori di gruppetti minoritari, per nulla interni a un movimento che il 18 marzo parlerà anche con voci statunitensi e israeliane,con quelle irachene e palestinesi. Guardare al dito e non alla luna è un modo per disconoscere politica e cultura del movimento per la pace, per eludere l'obbligo di politiche adeguate.
 

questo articolo è apparso su il manifesto del 16 marzo 2006



* presidenza dell'Arci

**responsabile internazionale della Fiom