Gli uomini nascono sani, poi si possono ammalare

di Giulia Ingrao

 
Jeanne Hebuterne

“Liberazione” di domenica 6 novembre ha posto a ben dieci collaboratori la domanda: “Maschi perché uccidete le donne?”. Alla prima lettura del titolo penso, è la solita storia dell’essere umano cattivo, o meglio del seme del male che c’è nell’uomo e che genera carnefici e vittime. Poi sento che c’è qualcosa di più.

Così come è posta la domanda sembra che l’uccisione delle donne da parte dei “maschi” non rientri nella categoria generale degli assassinii. Forse ricompare l’idea del rapporto uomodonna come ineluttabile rapporto distruttivo, come se fosse ancora valida l’immagine biblica dell’uomo creato da Dio intelligente, forte, narcisista ossia sordo e cieco, la donna- Eva, costola sbagliata di Adamo che cede alla tentazione del serpente ed offre all’uomo una falsa conoscenza corrompendolo.

Possibile che sulla realtà umana, sul rapporto uomo-donna siano ancora valide idee vecchie che hanno le radici nel pensiero religioso e nel pensiero razionale: il male è insito nell’uomo e nel rapporto uomo-donna, la non ragione è follia, quindi la necessità del controllo, di regole che limitano i danni.

Apro la “Repubblica” (8 novembre 2005) e ritrovo la firma di Eugenio Scalfari: “I nemici della democrazia” introduzione a “Imparare la democrazia” di Gustavo Zagrebelsky. Questo il pensiero di Zagrebelsky, che Scalfari condivide: esaltazione della democrazia che si basa su doveri e diritti, sul rispetto della dignità di tutti gli esseri umani, sul rifiuto del dogmatismo, ma realtà democratica non stabile, con un equilibrio precario, col rischio di precipitare facilmente nella autocrazia, nella teocrazia, nella demagogia minacciata dalla massa che si fa folla. Non sarà il solito discorso che gli esseri umani sarebbero per loro natura esclusivamente per la distruzione?

Le cause della precarietà e della debolezza del modello democratico vanno cercate altrove. Vanno cercate in cause storiche ed ideologiche. Il prevalere ed il predominio per secoli sugli uomini del pensiero religioso, del pensiero razionale che dimezzano la realtà umana negando dunque l’essere dell’uomo, che condannano e reprimono impedendo ogni trasformazione dell’uomo, porta inevitabilmente per gli esseri umani ad una perdita o carenza di identità intesa come libertà di pensiero, creatività e possibilità di trasformazione nei rapporti interumani, come fusione di vissuto di realtà materiale e vissuto di realtà psichica; su quali basi può poggiare la democrazia?

E liberiamoci una volta per tutte dell’idea delirante del male innato nell’uomo perfino nei bambini oppure diciamo chiaramente da che parte si sta. Gli uomini nascono sani e poi si possono ammalare, intendo la malattia del pensiero, degli affetti e si possono curare. Non è una mia scoperta, è divenuta una mia profonda convinzione dopo aver conosciuto un pensiero nuovo, una nuova teoria sulla realtà materiale e sulla realtà psichica umana, frutto di importanti scoperte dello psichiatra Massimo Fagioli e sono convinta che la cura della realtà psichica ammalata è possibile quando si basa su un lavoro specifico teorico e pratico, ossia su una teoria coerente e chiara e su una prassi di rapporto che mira al rifiuto di tutto ciò che è negativo, non veramente umano.

Ritorno alla domanda posta dal giornale e alle molte risposte. Noto la reazione di incredulità da parte di alcuni, la difficoltà ad orientarsi, la vaghezza del linguaggio. Questa superficialità, questa incredulità e paradossalmente l’enorme spazio che il giornale ha dedicato al problema dimostrano che la Sinistra non ha fatto una ricerca sulla sessualità, sulla donna, sui rapporti interumani al di là del comportamento cosciente, ha fatto proprio su questi aspetti della realtà umana un pensiero vecchio, imposto come assoluto, intoccabile, sia esso credo religioso, sia un credo razionale, imposto da padri, questi sì, “maschi” violenti.

Dunque un vuoto di idee, come lamentò in un suo articolo Ritanna Armeni. Molti rami secchi, bisogno di linfa nuova. Provo a riflettere su quello che mi sembra più importante. Si parla di violenza fisica, naturalmente da condannare, ci sono leggi per questo, c’è poi la condanna da parte delle coscienze degli uomini accettabile solo se c’è il rifiuto della violenza sugli esseri umani in tutte le sue forme, rifiuto della guerra, non essere amici o transitori sostenitori di chi la fa. Ma c’è un’altra violenza che non parte dal braccio ma dalla mente, distrugge l’identità, attacca il pensiero ed è degli uomini ed anche delle donne; privilegia i rapporti umani che non riguardano la realtà materiale ma la realtà degli affetti e della mente.

Chiamiamola violenza psichica, la reale dialettica tra gli esseri umani è la dialettica psichica ossia quella degli affetti, degli sguardi, dei gesti, del pensiero; se si ignora ciò necessariamente, parlando di rapporti interumani e specialmente del rapporto uomo-donna si parla di violenza fisica o di confronto come dominio o passività.

Io, come donna, evidentemente non sono stata uccisa fisicamente però ho conosciuto la violenza psichica sotto forma di ideologia annullante, di anaffettività razionale, e mi ha procurato ferite molto simili a quelle che si curano con pomate e cerotti.

Ho imparato che con la conoscenza di questa realtà, con la difesa della propria identità faticosamente costruita salvando gli affetti, scegliendo solo rapporti umani, ci si salva non solo dall’essere vittime, ma dal diventare complici.

La donna da sempre è considerata dalla Bibbia, dal logos occidentale e dall’attuale cultura dominante inferiore all’uomo per l’intelligenza e per il sapere e guardata con sospetto come immagine dell’irrazionale, il possibile contrario del pensiero razionale. L’identità sempre negata è stata quella femminile.

Molti cambiamenti nella società per le donne ci sono stati, inutile elencarli, conquiste nell’ambito dei “diritti civili”, il lavoro, per molte l’autonomia economica, eppure progresso e conquiste della donna rimangono legate alla realtà materiale, che è pure importante affrontare per eliminare ingiustizie e arretratezza, ma non fanno l’identità femminile e di conseguenza non cambiano nel profondo il rapporto uomodonna.

Alcune leggi sono state cambiate a favore delle donne, ma ripeto una ricerca, oltre la realtà materiale umana, oltre il pensiero ed il comportamento cosciente degli esseri umani, una ricerca sulla realtà mentale umana la Sinistra non l’ha fatta. E non mi dite che la negazione dell’esistenza della malattia mentale codificata da Basaglia e dai nuovi filosofi francesi Deleuze e Guattari è stato un contributo a questa conoscenza.

Per un sapere sul pensiero senza coscienza bisogna entrare in conflitto non solo con la religione, ma anche con il pensiero razionale che ha sempre demonizzato l’irrazionale fino a pensarlo come se non fosse realtà umana, non fosse pensiero. Eppure questo pensiero senza coscienza è attivo anche quando siamo e ci comportiamo secondo ragione.

La Sinistra ha esitato troppo nel dare spazio ad una ricerca, ad un pensiero nuovo sulla sessualità, sul rapporto uomo-donna. Né è pensiero nuovo la separatezza proposta dal femminismo, che fa perdere l’identità alle donne, né la libertà, la fantasia nello stereotipo del Sessantotto, della cosiddetta scoperta del desiderio e della libertà sessuale, in realtà senza desiderio e quindi negazione della libertà delle donne. Se la donna per il pensiero razionale, per il pensiero religioso, fuori dall’identità sociale, dalla realtà materiale è vista come elemento disturbante di un ordine sociale organizzato secondo ragione e secondo “verità rivelate”, non può non essere pensata nel rapporto con l’uomo come essere da controllare, da dominare; ogni presa di distanza dalla ragione ha voluto sempre significare follia, distruzione.

Il pensiero razionale è valido e necessario per la realtà materiale, scoprire il pensiero senza coscienza - e sono due realtà che fanno l’essere umano - è quella strada per la conoscenza del bambino nel primo anno di vita, che non ha il linguaggio verbale, non conosce il significato dei suoni che sente, ha una visione indefinita della realtà che lo circonda, ma crea liberamente immagini che sono conoscenza, rapporto con la realtà umana.

La sessualità non è violenza, il rapporto con la donna per un uomo è realizzazione, dovrebbe essere realizzazione della propria identità senza annullare l’identità dell’altra perché vi sia una reciproca trasformazione e una reciproca realizzazione. Dovrebbe essere un rapporto tanto libero che il rinunciare a se stessi, alla propria intelligenza, al proprio ruolo sociale non si accompagni al timore di perdere la propria specifica identità umana.

 

questo articolo è apparso su Liberazione del 22  novembre 2005