Se il potere diventa femmineo

di Lea Melandri



Quando scrivevamo, nei documenti del movimento delle donne, che era necessario analizzare i “nessi” tra sessualità e politica, non pensavamo tanto alla vita privata di uomini che rivestono importanti cariche istituzionali, quanto al fatto inequivocabile che il potere è sempre stato in mano maschile e che la sessualità gioca un ruolo di primo piano, sia nella sfera personale che in quella pubblica.
Ma non c’è dubbio che, quando le vicende personali riguardano un capo di governo e il palcoscenico in cui si accampano è aperto agli occhi del mondo, l’interesse cambia.
Non si tratta più solo del piacere di spiare i segreti di una singola vita, ma dell’occasione inaspettata di toccare con mano tutto ciò che si muove nascostamente dietro i rituali della politica, le fantasie, i desideri, i tic, le paure con cui ogni individuo si trova ad agire nello spazio pubblico, pur tentando di rimuoverli, spostarli altrove, contenerli entro il perimetro circoscritto di una casa.
La valanga che si è via via ingrossata fino a minacciare il governo di Silvio Berlusconi è partita da un interno di famiglia, dallo sguardo lucido e determinato di una donna collocata sul confine impercettibile che sta tra il ruolo di moglie e di first lady, una soglia da cui è possibile cogliere intrecci, annodamenti insospettati per chi concepisce separazioni nette tra politica e affetti, tra compiti istituzionali e consuetudini domestiche.


Per quanto possa sembrare paradossale, il consenso di cui gode Berlusconi si appoggia in gran parte sul piano inclinato della sua scarsa credibilità istituzionale, su quello che è riuscito a conservare di comune e quotidiano rispetto alla massa anonima dei cittadini, limitandosi a supportarlo di un potere economico e di prestigio sociale ineguagliabili.
Il tratto esibito di ‘seduttore sedotto’ –dalla propria immagine, dal riflesso che ne rimandano i volti plaudenti dei suoi estimatori- lo avvicina alla figura, accattivante per entrambi i sessi, di una mascolinità che non sdegna inclinazioni femminee, che alla prova muscolare preferisce l’abbellimento, alla voce imperiosa la battuta di spirito e l’allusione maliziosa, o il gesto impertinente dell’eterno fanciullo.
La patologia, a cui ha accennato velatamente Veronica Lario  -“un uomo che non sta bene”- è, sotto un certo aspetto, la ‘normalità’ che dà forma ai sogni della maggior parte degli uomini, virili per obbligo e sotterraneamente invidiosi delle attrattive consegnate alla donna, compiaciuti del prestigio che dà, presso i propri simili, la quantità di conquiste femminili, ma anche sensibili alla seduzione che il gineceo riflette sul suo custode e amatore. “ Con homme à femmes –scrive Pierangiolo Berrettoni nel suo libro Il maschio al bivio (Bollati Boringhieri 2007)- intendo riferirmi a un particolare tipo psicologico e comportamentale, caratterizzato da un’attrazione esclusiva, totalizzante e ossessiva verso le donne, forse verso la Donna e il cosiddetto eterno femminino. Una forma di ‘amore’, in fondo, anche se un amore profondamente diverso da quello romantico, indirizzato verso un  particolare oggetto individuale, mentre questa variante di amore è indirizzata piuttosto verso una classe, forse addirittura una categoria, un’immagine mentale: quella della donna, appunto”.


Più che a Eracle, l’eroe della forza virile e delle ‘fatiche’ -incarnazione dell’ordine logico, ma anche sociale ed etico, che separa l’uomo dalla donna, la fierezza del guerriero, la rispettabilità del cittadino, dall’abbandono edonistico-, Berlusconi assomiglia ad Adone, “il dio della congiunzione, perché tutto quello che ha a che fare con la seduzione e la seduttività spinge verso la congiunzione degli esseri”.
A scompigliare gli ordinati rituali della pòlis, a muovere l’indignazione ora moralistica ora politicamente interessata degli avversari, non è solo l’uso spregiudicato di leggi a proprio favore, l’abuso di potere, il disprezzo del parlamento e dei giudici, ma, sia pure in modo più sotterraneo, l’affiorare di una costellazione di tratti maschili disarmati e disarmanti: l’illusionismo magico del sofista, il delirio di onnipotenza del bambino, per il quale il linguaggio è una forza capace di catturare le persone, la parola che affascina e inganna, svia e fuorvia, portando l’altro dove vuole.
La seduzione è il contrario della razionalità e della rispettabilità, che la politica tradizionale chiede a chi riveste ruoli istituzionali di rilievo. Combatterla invocando verità, rigore morale, separazione tra vita personale e impegno pubblico, non può che sortire l’effetto opposto: svelare la potenza del sottosuolo inquieto e mai domato della politica, o, per usare una suggestiva immagine di Alberto Asor Rosa, “il mare ribollente, infido, ribelle…il mondo delle cose che non siamo stati capaci fino a questo punto di dire”.
E fra i ‘non detti’ più pesanti ci sono sicuramente le molte facce della violenza che ha segnato storicamente il rapporto tra i sessi, le conseguenze nefaste di una civiltà che ha preteso di emancipare il maschile dal limite imposto dalla radici biologiche di ogni vivente, corredandolo di una ‘superiorità’ imposta con la forza all’altra metà della specie umana.
Di questa vicenda, essenziale per capire lo sviluppo delle civiltà finora conosciute, le analisi oggi non mancano, così come sono sotto gli occhi di tutti i cambiamenti avvenuti nel rapporto tra uomini e donne.
Ma è proprio questa consapevolezza nuova, le libertà che ha prodotto rispetto ai vincoli famigliari e comunitari, il ribaltamento di categorie concettuali e codici morali, a essere tenuta ai margini del dibattito pubblico, considerata sprezzantemente il residuo fastidioso di frange femministe fuori moda.

Berlusconi ha fornito al binomio sessualità e politica il ‘nesso’ più facile e superficiale, così scontato da risultare ingenuo, frutto dell’impulso irresistibile di chi si sente investito di un potere illimitato: compensare le donne che gli hanno concesso il piacere della loro aggraziata presenza con l’offerta di candidature, concedere al corpo femminile, alle sue attrattive, un passaporto inusuale di cittadinanza e rispettabilità.
Nell’ignoranza, reale o voluta, di un pensiero e di una pratica, come quella del femminismo, che ha portato allo scoperto le profonde implicazioni politiche sepolte nel rapporto tra uomini e donne, tra individuo e collettività, biologia e storia, ogni sforzo di districare la poltiglia vischiosa in cui sta sprofondando la sfera pubblica, non può che portare alla biforcazione più nota e prevedibile: ridurre il tratto ‘personale’ del potere a gossip, intrattenimento voyeuristico, spettacolo, o aggrapparsi alla tradizionale, rassicurante ma ormai impraticabile separazione tra corpo e polis, vizi privati e pubbliche virtù.

 

 

pubblicato su L'altro del 23 giugno 2009

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