Lynn Margulis
In memoria e con gratitudine

Luciana Percovich


È la cooperazione, sostiene Margulis, che ha permesso più volte nel corso dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta la sopravvivenza, attraverso lo sviluppo di nuovi organismi, o di nuove funzioni degli organismi, al mutare delle condizioni ambientali …

Ho da sempre apprezzato il lavoro di Lynn Margulis.
Così ne parlo nel capitolo 5, Mama Africa, di Colei che dà la vita. Colei che dà la forma. Miti di creazione femminili, Venexia, 2009.

……………………………………………………………..
Ho ricordato all’inizio del capitolo il nome con cui la scienza chiama Nonna Libia, e cioè Eva mitocondriale. La “madre comune di tutte le popolazioni attuali”, secondo questa lettura dell’evoluzione umana, avrebbe generato l’antenata mitica dell’Homo Sapiens Sapiens a partire da 150.000 anni fa, allorché si verificò una mutazione nel mitocondrio di una cellula femminile: “… in una singola donna è avvenuta la mutazione di un singolo nucleotide, per cui una sua figlia è risultata diversa dagli altri”.1 Femminile perché il mitocondrio, che è una particella dotata di cromosomi propri, diversi da quelli della cellula da cui è ospitato, passa soltanto di madre in figlia; i mitocondri trasmessi ai figli maschi derivano solo dalla madre e si fermano lì; il DNA del mitocondrio di due fratelli è identico anche se hanno un padre diverso.
            La funzione del mitocondrio è quella di “svolgere un’attività respiratoria intensa ed è paragonabile a una piccola centrale che trasmette energia alla cellula”. Ogni cellula dotata di nucleo ospita i mitocondri che, “un miliardo di anni fa o più, erano batteri che esistevano liberi, e che poi si sono adattati a vivere all’interno delle cellule, come simbionti: una cellula non può più, di solito, fare a meno dei mitocondri e i mitocondri non possono fare a meno della cellula”.2
            L’esistenza dei mitocondri a livello cellulare introduce un concetto nuovo, ma solo nel senso che è assai poco praticato dalle teorie dominanti sull’evoluzione, quello della cooperazione tra organismi. Lynn Margulis é la biologa americana, decisa sostenitrice della visione del pianeta e di tutto l’universo come di un unico organismo vivente, che negli anni Ottanta del secolo scorso ha scritto, tenuto conferenze, girato per il mondo per cercare di introdurre questo concetto e “correggere” così le teorie evolutive. È la cooperazione, sostiene Margulis, che ha permesso più volte nel corso dell’evoluzione della vita sul nostro pianeta la sopravvivenza, attraverso lo sviluppo di nuovi organismi, o di nuove funzioni degli organismi, al mutare delle condizioni ambientali: forse non è così noto a tutti che la più grande rivoluzione avvenuta sulla terra fu quella della formazione dell’atmosfera, che provocò l’estinzione di tutte le forme di vita anaerobiche fino a quel punto dominanti. Per avere un’idea un po’ più realistica su come la creazione sia continuata, prosegue Margulis, occorre riconoscere che la cooperazione ha svolto un ruolo molto maggiore di quanto non venga ammesso, giocando fianco a fianco della competizione e della selezione naturale. Cooperazione e “economia del dono”, aggiungerei, al posto di competizione e “economia di scambio”:3 principi che troviamo, non con questi nomi ovviamente, ma nella loro sostanza, rappresentati nelle mitologie e agiti nelle società matrifocali, come di base lo è tutta l’Africa aborigena.
              Il pensiero di Margulis, come quello di Genevieve Vaughan in campo economico, vuole introdurre un deciso cambiamento di metafore nel linguaggio della scienza, metafore che da qualche secolo hanno una funzione e un effetto paragonabili alle storie di creazione di cui ci stiamo occupando. Secondo la sua visione controcorrente e “eretica”, le forme di vita più complesse riuscirono a evolversi grazie al fatto che, nel corso di mezzo miliardo di anni, alcune collettività di batteri si raggrupparono insieme in rapporti cooperativi, o simbiotici, fino a formare organismi più complessi, sommando le singole specializzazioni dei singoli organismi. La vita attuale è il risultato di quella cooperazione e della competizione. E i processi simbiotici fanno parte del nostro corpo, anche se non lo sappiamo: regolano funzioni essenziali come la respirazione o il funzionamento del cervello in “tutte le creature che vivono sulla terra, dalle alghe marine ai ricci di mare, dai leoni marini agli uomini”.
              In Microcosmo, Lynn Margulis ricostruisce la storia della materia vivente sulla terra a partire dai microbi procariotici, semplici e unicellulari, ai batteri eucariotici, ossia dotati di nucleo, pluricellulari e complessi, individuando i processi simbiotici che hanno operato gli scambi di informazione necessari per sopravvivere ai mutamenti ambientali da loro stessi provocati, o per lo meno mediati. “È l’associazione reciprocamente vantaggiosa, che porta all’unione di due distinti organismi, il cuore del processo che ha reso possibile la nascita delle cellule che costituiscono le piante e gli animali.”4
            La divisione più significativa in biologia non è perciò tra piante e animali, bensì tra organismi come i batteri che non hanno un nucleo cellulare (i procarioti), e gli organismi costituiti da cellule, in cui i cromosomi sono circondati da una membrana nucleare (gli eucarioti). Le cellule procariotiche, le uniche unità individuali in biologia, sono i mattoni da costruzione degli organismi evoluti, originati da comunità simbionti di batteri. Le cellule eucariotiche, detto in altre parole, sono delle comunità edificate sulle vestigia dei batteri che, nel passato remoto, hanno imparato a vivere armonicamente dentro al confine della membrana cellulare. Sono state queste fusioni a dare origine agli organismi pluricellulari, più “adatti” a evolversi di quanto non lo fossero i loro donatori ancestrali. Attraverso un processo molto simile, tutta la materia vivente trae origine dal deposito superficiale di detriti organici lasciati dietro di sé da chi è già “morto” – l’humus, da cui la parola “umano”, il sottile strato di “biomassa” posto tra noi e le rocce e il cuore di lava incandescente del pianeta. Le sostanze che ci tengono vivi provengono dal compost lasciato da piante, animali e umani vissuti prima di noi, in cui giace la loro memoria genetica che viene costantemente ricombinata, “rigenerata dalla Dea”.
              L’humus è dunque anche un deposito di memoria cellulare, un immenso archivio capace di trasformarsi in coscienza; la sekpoli è come “il filo di saggezza creativa” che continua a connettere la creatrice Donna Ragno (vedi capitolo seguente) alla dimensione umana di chi sa restare con i canali aperti per ricevere l’informazione indispensabile per “intonarsi” alla vita ciclica del cosmo.
              Dai primi batteri ai batteri attuali, miriadi di organismi formatisi per simbiosi sono vissuti e sono morti. Ma il comune denominatore microbico rimane essenzialmente immutato. Il nostro DNA deriva, lungo una sequenza ininterrotta, dalle stesse molecole che erano presenti nelle cellule primordiali, formatesi ai bordi dei primi oceani caldi e poco profondi. I nostri corpi, come quelli di tutti gli esseri viventi, conservano in sé l’ambiente di una terra passata. Coesistiamo con i batteri di oggi e ospitiamo in noi vestigia di altri batteri, inclusi simbioticamente nelle nostre cellule. In questo modo, il microcosmo vive in noi e noi in esso. 5

La visione di Margulis sull’importanza delle forze collaborative e coesive in campo biologico, se applicata ai miti di creazione, ci fa intravedere una nuova possibilità di lettura delle rappresentazioni mitologiche assunte via via dalle diverse forze in azione nel cosmo chiaramente percepite fin dai tempi remoti, come molti dei miti finora considerati testimoniano: ci troviamo cioè sempre davanti a una forza coesiva, basata su una polarità centripeta che ricombinandosi, arrotolandosi su se stessa (come l’Eurinome del mito pelasgico, Capitolo 7), genera vita che poi nutre e sviluppa; a una forza sintonizzata sulla polarità divergente, centrifuga, basata sulla separazione, che brucia, differenzia, specializza; a una terza forza, quella dell’equilibrio, “l’intelligenza della Natura”, capace di tenere “creativamente insieme” la altre due, che “si prende cura” del continuo farsi della creazione, sia nel campo fisico che in quello delle energie più sottili (come qui adombrato nel mito di Muso Koroni, Nyalé, Faro e Ndomayiri).

Quando le forze coesive e cooperative si indeboliscono, perché si cerca di escluderle o di sfruttarle per scopi particolari e secondari, fino a spegnerle nel tentativo di espellerle dal gioco, come è successo nel ciclo inaugurato dal patriarcato, la forza dell’equilibrio perde la sua potenza e inizia lo slittamento in un altro campo o ordine della manifestazione, quello del caos, perché tutto possa ricominciare da capo. L’insegnamento del Tao, che invita a seguire la Via della Natura, insieme alla postura indicata da Ala, la presenza e lo sguardo amorevole dal centro che mantiene desta la consapevolezza delle interconnessioni, rimandano alla necessità che anche la componente umana di Gaia si mantenga sulla frequenza di un equilibrio dinamico e cooperi per armonizzare le forze divergenti del cosmo. Quando si segue la Via della Natura, Colei che dà la vita prende anche le sembianze di Colei che dà la forma, che ci lascia le regole da seguire per continuare la creazione. Ciascuna e ciascuno può imparare a sintonizzarsi sulla danza di questa musica cosmica, qui suonata sull’incudine del fabbro da Ndomayiri, spirito dell’albero e della terra, responsabile della misura e della stabilità.

 

NOTE

 

1 Cavalli Sforza Luca e Francesco, Chi siamo. La storia della diversità umana, Mondadori, Milano 1993, p. 104.

2 Margulis Lynn, Sagan Dorion, Microcosmo. Dagli organismi primordiali all’uomo: un’evoluzione di quattro miliardi di anni, Mondadori, Milano 1989, Capitolo 8, pp. 131-142.

3 Vaughan Genevieve, Per-donare. Una critica femminista dello scambio, Meltemi, Roma 2005; (a cura di), “The Gift. A Feminist Analysis”, in Athanor, anno XV, n. 8, Meltemi, Roma 2004.

4 Margulis e Sagan, op. cit., Capitolo 3, pp. 26-27.

5 Margulis e Sagan, cit., p. 10.

 

20-01-2013

home