MILLION DOLLAR BABY

di Gemma Ded Magistris

 

C'è ancora qualcosa che valga la pena dire sull'ennesimo capolavoro di Clint Eastwood? Certo è molto arduo per la complessità del film e perché, forse per la prima volta nella sua lunghissima carriera, il regista ha ricevuto dai media attenzioni adeguate all'importanza ed all'originalità del suo lavoro (e complimenti all'Academy che, per una volta, ha messo in secondo piano gli interessi delle major premiando un film "indipendente" sotto tutti i punti di vista).

Forse ciò che non è stato sufficientemente sottolineato è che "Million dollar baby" è un film fortemente politico perché tutti gli eventi che ci vengono raccontati presuppongono delle scelte umane e, come tali, giuste, sbagliate, azzardate, dettate dalla rabbia o, talvolta, troppo meditate.

E' un film politico perché ci racconta la testarda ricerca di una occasione perseguita da Maggie (Hilary Swank), una ragazza che viene da uno dei tanti posti sperduti di quell'America profonda dove quando nasci hai l'unica consapevolezza di "essere spazzatura", ma lo è anche nella figura di Frankie Dunn (Clint Eastwood), un allenatore di boxe troppo segnato dai suoi errori (primo fra tutti quello innominabile che lo ha separato dalla figlia) per poter rischiare di commetterne ancora.

In entrambi è presente una ostinata volontà di vivere con gli altri, di con-vivere ottenendone un rispetto che appare impossibile nelle piccole cose (il sacerdote che ridicolizza i dubbi di Frankie) come nelle grandi (il colpo a tradimento che Maggie riceve nel suo ultimo tragico match).

Le scelte di Maggie e Frankie sono radicali come radicali sono i loro bisogni. Non si tratta, come viene affermato da Goffredo Fofi ("Darwinismo scientifico & darwinismo sociale" da "Film TV" anno 13, n.13, Aprile 2005), di bisogni conformistici ed ancor meno economici (Eastwood, per evitare questo terribile fraintendimento ce lo sottolinea almeno tre volte coinvolgendo gli attori principali: Eddie (Morgan Freeman), l'aiutante di Frankie, ha i calzini bucati ma non è minimamente interessato ad un aumento di stipendio, Maggie, pur avendone ormai ampiamente le possibilità, non possiede nemmeno un videoregistratore, Frankie stesso è totalmente appagato da una torta al limone purché la crema sia "fatta in casa").

Quando Maggie afferma di avere girato il mondo, di avere avuto l'entusiasmo degli spettatori, vediamo una donna che ha fatto i conti con il suo essere, ha interrogato il suo voler essere e su questo bisogno si è mobilitata. Anche la sua terribile richiesta finale, paradossalmente, è una caparbia e radicalissima affermazione di sé.

Inoltre, nel film si racconta la costruzione di una relazione, così profonda ma inevitabilmente così transitoria, costruita lentamente e non senza timori dai due protagonisti afflitti da una solitudine materiale ed esistenziale infinita.

L'accadimento di eventi imponderabili, a dispetto di ogni precauzione (quel "non abbassare mai la guardia" ripetuto infinite volte), faranno riemergere nel modo più crudele le rispettive solitudini e, contemporaneamente, sveleranno la necessità di agire (non possiamo lasciare che se ne occupi Dio) perché la nostra esistenza non sia vana.

7-04-05