MI PIACE LAVORARE
Mobbing

di Sara Sesti

 

 

Il cinema italiano si occupa raramente del lavoro. La regista Francesca Comencini ha scritto e diretto questo film sul fenomeno del mobbing aziendale, aderendo a un'iniziativa della Cgil che invita anche gli intellettuali ad occuparsi dell'emarginazione spesso praticata sul posto di lavoro, un fenomeno che coinvolge tra le ottocentomila ed il milione e mezzo di lavoratori.

La parola inglese deriva dal verbo to mob, che significa assalire, malmenare. Ma per molti uomini, e soprattutto per moltissime donne, questo termine equivale a persecuzioni psicologiche, molestie morali, violenze gratuite il cui fine è spezzare la personalità del lavoratore, escluderlo, espellerlo, metterlo in condizioni di andarsene.

Il film racconta la storia di Anna (la brava Nicoletta Braschi), segretaria di terzo livello, sola, divorziata, con una figlia (Camille Dugay Comencini). Anna si occupa di contabilità, lo fa con competenza e lavorare le piace anche se il suo reddito non le permette di concedersi più dell'indispensabile. Da un giorno all'altro, però, la sua vita in uffico cambia: nessuno si siede più con lei al tavolo della mensa, nessuno la invita a prendere il solito caffè, la sua scrivania è occupata da altri e i suoi compiti diventano umilianti. Piccole, invisibili, ripetute vessazioni sfociano in un estenuante calvario che le fa percorre all'incontrario la piccola carriera faticosamente conquistata. Dopo una fusione, la filosofia aziendale assoluta è quella della flessibilità: i lavoratori devono essere disponibili 24 ore su 24. A causa delle condizioni familiari, per legge Anna non può essere spostata, quindi si tenta di tutto per obbligarla alle dimissioni...

La solitudine, la perdita di autostima, la depressione si risolvono alla fine grazie all'amore per la figlia Morgana e all'intervento di una rappresentante sindacale che le fa ottenere giustizia. Ma allo spettatore resta l'amara sensazione che nella vita reale la questione potrebbe avere esiti ben diversi...