segnaliamo dall'Unità del 5 dicembre 2003

Fecondazione, prevale la linea oscurantista
di Luana Benini


Margherete Koll

La legge sulla procreazione assistita ha spaccato l’Ulivo e soprattutto la Margherita. Ha spaccato anche il centro destra, ma in misura minore. Anche giovedì sono stati bocciati emendamenti del centrosinistra perché una parte dell’Ulivo ha votato insieme al Polo. Il solco che si è scavato al Senato però non è fra laici e cattolici. Perché non tutti i cattolici si sono schierati per una blindatura della legge. Al di là della sdrammatizzazione che ne fa il segretario diessino Piero Fassino («È un tema così delicato, è legittimo che ci siano posizioni e opinioni diverse») i rapporti fra Ds e Margherita, in questo frangente, a Palazzo Madama, non sono dei migliori. E c’è anche chi chiama in causa la natura e l’ispirazione della lista unitaria dell’Ulivo che fra i suoi valori fondativi dovrebbe avere almeno quello della laicità dello Stato.

L’EMBRIONE DISCORDE I Ds, compresi i cattolici della Quercia, sono compatti a chiedere almeno di modificare le parti più «oscurantiste» della legge. Ad esempio quelle che vietano la procreazione eterologa alle coppie che non possono assolutamente avere bambini, o sono afflitte da malattie genetiche; ad esempio quelle che impongono alle donne l’impianto di tre embrioni o quelle che proibiscono di verificare se un embrione è portatore di malattie ereditarie, così che la donna deve farsi impiantare l’embrione malato, salvo poi poter abortire...ma l’elenco è lungo. Lo Sdi naviga in piena sintonia con la Quercia. Valdo Spini ieri ha lanciato un chiaro allarme: «Ci vuole coerenza nel centrosinistra. Non si può pensare di costituire una lista unitaria nell’ambito dell’Ulivo all’insegna dell’Europa e poi votare una legge proibizionista che ci colloca fuori delle normative esistenti a livello europeo». Insomma, i cattolici possono fare ciò che vogliono per quanto li riguarda, ma non possono «proibire a tutti i cittadini italiani ciò che è permesso per motivi scientifici e medici validi a livello europeo». Contro la legge, i Verdi e il Pdci (che in questo dibattito portano loro specifiche richieste, come l’accesso alla fecondazione assistita anche da parte delle coppie gay). Alleanza popolare-Udeur è invece schiacciata a difesa della legge e vota con il Polo.

PETALO E PETALO La Margherita è divisa in due. Ma la demarcazione non è netta fra laici e cattolici. Alcuni cattolici della Margherita come Marina Magistrelli e Albertina Soliani, ieri hanno partecipato, insieme ai Ds, a una conferenza stampa per lanciare un appello a tutta la coalizione: impegniamoci a migliorare il testo visto che comunque deve tornare alla Camera per una modifica formale che riguarda gli stanziamenti. Il laico Natale D’Amico ha ricordato ai colleghi cattolici della Margherita lo scoglio dell’accesso alla procreazione per portatori di malattie genetiche: «Se la legge resterà invariata ci sarà una forte discriminazione sociale: chi ha malattie genetiche, ma è ricco, potrà andare all’estero, come nella cattolicissima Spagna, per impiantare embrioni sani avendo così figli non malati...». D’accordo con D’Amico, i cattolici Cinzia Dato, Alessandro Battisti, Tiziano Treu, Luigi Zanda... Ma il gruppone ex Ppi della Margherita, che si appresta a votare con il Polo l’insieme della legge, è molto più consistente. «Qui non ci sono laici o cattolici che innalzano bandiere diverse - ha detto ieri in aula Patrizia Toia ricevendo gli applausi dell’Udc e di Fi - Qui ci sono opinioni diverse».

LA LEGGE DEL GRUPPO Quello che al capogruppo ds Gavino Angius è rimasto più indigesto è che il gruppo della Margherita al Senato abbia dato indicazione di votare a favore della legge (salva naturalmente la libertà di coscienza). Una decisione presa a maggioranza. Che fra l’altro ha creato molto disagio fra i laici del gruppo (Nando Dalla Chiesa, ad esempio, che ritiene la legge inaccettabile). Anche se Magistrelli ha messo le mani avanti per dire che proprio la «pluralità delle culture» è «la ricchezza» della Margherita, la maretta resta. Mentre Francesco Rutelli se n’è tenuto alla larga. Un’altra cosa che ha fatto andare Angius su tutte le furie è l’ingerenza politica del governo che alla Camera si era astenuto dal giudizio mentre al Senato si è schierato apertamente a sostegno di questa legge. Una scelta politica tesa in qualche modo a vincolare a un patto di maggioranza.

BURQUA NEL POLO Ma anche nel centro destra ci sono lacerazioni. Se è vero che Chiara Moroni, Nuovo Psi, ieri ha tuonato che «la legge mette a repentaglio la salute delle donne, ne calpesta la dignità». E il sottosegretario agli Affari Esteri, Margherita Boniver, non ha esitato a definirla «legge burqa», «razzista», An, Fi, Udc e la Lega (meno Rossana Boldi, violentemente redarguita da Alessandro Cé) hanno fatto blocco. A capeggiare l’esiguo drappello di senatori laici della Cdl che si oppongono alla legge, il senatore Antonio Del Pennino, repubblicano passato al misto: «Il titolo di questo ddl dovrebbe essere “Percorso a ostacoli verso la procreazione assistita”». Anche Alessandra Mussolini che alla Camera aveva fatto il diavolo a quattro cercando inutilmente di convincere Fini e Buttiglione che obbligare una donna a farsi impiantare un embrione malformato era una vera porcheria, ieri è tornata all’attacco: «Lo Stato è laico e tale deve rimanere. Ho sentito il senatore D’Onofrio (Udc, ndr) sostenere che questo è un regalo che vogliamo fare al Santo Padre per Natale. Io gli rispondo che invece è un danno grave per le donne». Regalo di Natale o patto di ferro tra centro destra e Vaticano come sostiene il diessino Giorgio Tonini dei cristiano-sociali?