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E' possibile su temi così fondanti delle scelte morali e religiose agire un'etica condivisa? E' compito dello Stato decidere chi può e chi non può accedere alle tecniche procreative? Il desiderio di maternità deve conoscere una coscienza del limite o deve essere considerato sempre una libera scelta delle donne a cui si ha il dovere di rispondere? E' possibile prescindere dalle conseguenze simboliche indotte dalle scoperte scientifiche e tecnologiche come la distinzione tra genitori biologici e giuridici e la ridiscussione della funzione materna? Dubitiamo che la legge sia lo strumento adeguato a rispondere a queste domande. Questo è tanto più vero ora che la legge in discussione è fortemente segnata dall'obiettivo di ristabilire un ordine sociale fondato sulla famiglia tradizionale e di imporre un'etica sull'embrione piuttosto che sulle tecniche procreative. Se però si vuole usare lo strumento della legge non si può prescindere dalla laicità dello Stato, e dal suo dovere di riconoscere la responsabilità e la libertà di coscienza dei propri cittadini. Perciò la legge dovrebbe porsi alcuni limiti e obiettivi: 1) regolamentare l'attività dei centri per la procreazione assistita, in un giusto equilibrio tra pubblico e privato, in modo da garantire l'appropriatezza delle strutture e dei protocolli terapeutici e da salvaguardare la salute delle donne e del nascituro. 2) Vietare la commercializzazione degli embrioni ed evitare la speculazione di mercato nell'attività dei centri. 3) Tutelare giuridicamente i figli nati grazie alle tecniche riproduttive. Si può obiettare che questi obiettivi sono minimali, a noi sembrano gli unici sui quali uno Stato sia tenuto a legiferare. Il resto appartiene alla crescita civile e culturale di un Paese, all'approfondimento tra donne di diverse concezioni etiche e religiose, al riconoscimento di un'assunzione soggettiva di responsabilità. Forse è proprio quest'ultima che si vuole negare alle donne, considerandole soggetti passivi a cui imporre principi discussi da altri. Noi non accettiamo questa imposizione: vogliamo decidere di noi, del nostro corpo, dei nostri desideri. A tutte quelle che sono interessate a difendere questo spazio di libertà chiediamo di sottoscrivere questo appello, diffonderlo, organizzare incontri e partecipare alla catena umana davanti alla Camera dei Deputati il giorno di inizio del voto. Le adesioni vanno inviate a questo indirizzo: nuovi-diritti@mail.cgil.it |