"Questo appello della CGIL nazionale mi pare una delle cose più equilibrate e condivisibili che ho letto sul tema. Ve lo inoltro perchè lo possiate leggere e sottoscrivere". Maddalena Gasperini

Proposte di limiti e obiettivi alla legge per la procreazione assistita



In Parlamento si riapre in questi giorni la discussione sulla legge per la procreazione assistita che aveva suscitato, nella passata legislatura, molte polemiche tra le donne ma anche tra gli studiosi e gli esperti di tecniche procreative. Noi crediamo che non sia possibile rinchiudere questa discussione nelle aule del Parlamento perché essa mette in gioco vissuti e desideri profondi delle persone su un tema inevitabilmente collegato alle domande sulla vita e sulla morte. Rimaniamo convinte che esiste una titolarità femminile sulle questioni della nascita e della riproduzione dal momento che tutte e tutti siamo nati da donne e che questa è l'unica frontiera che ancora non è stata varcata dalle tecnologie riproduttive. Perciò vogliamo ridare la parola alle donne e stimolare un dibattito nel Paese che non metta tra parentesi le domande che una simile proposta di legge suscita.



E' possibile su temi così fondanti delle scelte morali e religiose agire un'etica condivisa?
E' compito dello Stato decidere chi può e chi non può accedere alle tecniche procreative?
Il desiderio di maternità deve conoscere una coscienza del limite o deve essere considerato sempre una libera scelta delle donne a cui si ha il dovere di rispondere?
E' possibile prescindere dalle conseguenze simboliche indotte dalle scoperte scientifiche e tecnologiche come la distinzione tra genitori biologici e giuridici e la ridiscussione della funzione materna?
Dubitiamo che la legge sia lo strumento adeguato a rispondere a queste domande. Questo è tanto più vero ora che la legge in discussione è fortemente segnata dall'obiettivo di ristabilire un ordine sociale fondato sulla famiglia tradizionale e di imporre un'etica sull'embrione piuttosto che sulle tecniche procreative.
Se però si vuole usare lo strumento della legge non si può prescindere dalla laicità dello Stato, e dal suo dovere di riconoscere la responsabilità e la libertà di coscienza dei propri cittadini.

Perciò la legge dovrebbe porsi alcuni limiti e obiettivi:
1) regolamentare l'attività dei centri per la procreazione assistita, in un giusto equilibrio tra pubblico e privato, in modo da garantire l'appropriatezza delle strutture e dei protocolli terapeutici e da salvaguardare la salute delle donne e del nascituro.
2) Vietare la commercializzazione degli embrioni ed evitare la speculazione di mercato nell'attività dei centri.
3) Tutelare giuridicamente i figli nati grazie alle tecniche riproduttive.

Si può obiettare che questi obiettivi sono minimali, a noi sembrano gli unici sui quali uno Stato sia tenuto a legiferare. Il resto appartiene alla crescita civile e culturale di un Paese, all'approfondimento tra donne di diverse concezioni etiche e religiose, al riconoscimento di un'assunzione soggettiva di responsabilità. Forse è proprio quest'ultima che si vuole negare alle donne, considerandole soggetti passivi a cui imporre principi discussi da altri.
Noi non accettiamo questa imposizione: vogliamo decidere di noi, del nostro corpo, dei nostri desideri.
A tutte quelle che sono interessate a difendere questo spazio di libertà chiediamo di sottoscrivere questo appello, diffonderlo, organizzare incontri e partecipare alla catena umana davanti alla Camera dei Deputati il giorno di inizio del voto.



Le adesioni vanno inviate a questo indirizzo: nuovi-diritti@mail.cgil.it