Successo ma non basta
di Bianca M. Pomeranzi


Roma, 8 marzo 2008

Accade, a volte, devo dire molto raramente, che le manifestazioni colgano un sentire comune. Quella di sabato 11 ottobre lo ha fatto. Ce lo hanno dimostrato quelli e quelle che sono venuti in una misura superiore alle aspettative e questo hanno dovuto registrare anche gli organi di informazione, se pure, alcuni, riottosamente e con una qualche malevola intenzione, pronti come erano a parlare del bagno di folla da Di Pietro e della misera fine della sinistra. Tutta. Abbiamo, per poche ore, stupito anche loro.

Tuttavia, la soddisfazione per una prova di esistenza si accompagna alla consapevolezza che occorre fare ancora molto di più e anche con modalità diverse. Non potrebbe essere altrimenti, nell'incombere di una crisi mondiale che segna, con esiti difficili da decifrare la fine di una fase del capitalismo globalizzato e in presenza di un governo e di una classe dirigente, decisa a governare non i problemi veri, ma il consenso che li tiene al potere e soprattutto determinata a portare avanti un'offensiva sistematica "da destra" al complesso di relazioni giuridiche, economiche e sociali che hanno caratterizzato la democrazia italiana.

Misurata dentro questo orizzonte infatti, la manifestazione di sabato è poca cosa, ma può comunque rappresentare un segnale positivo, a patto che vi sia la consapevolezza, da parte di tutte e di tutti, senza distinzione di provenienza tra partiti e società civile organizzata, che occorre assumere la responsabilità di lavorare per costruire credibilità e creare condivisione per la "passione" politica che ci anima, anche in un momento come questo in cui i dispositivi di potere che governano le singole vite accrescono la frammentazione e creano tante "sfere pubbliche" incapaci di comunicare tra di loro. Credo infatti che anche questo sia uno dei difficili compiti di cui la sinistra si deve fare carico per tornare a essere presente nel dibattito politico.

Nel corso dell'ultima estate, molte e molti di noi, soprattutto quelli non legati a partiti si sono sentiti interrogati dalla sconfitta elettorale e hanno dedicato energie alla discussione sugli obiettivi e le pratiche di una sinistra capace di contrastare il dilagare della destra al governo e le politiche confindustriali. "L'opposizione è nelle nostre mani: un'altra politica per un'altra Italia" , titolo dell' appello della manifestazione, è espressione di quel lavoro e della volontà di creare spazi per una partecipazione allargata e consapevole al farsi della politica. Nonostante le molte difficoltà e i numerosi dissensi, credo che quell'appello abbia costituito un momento di connessione tra una parte dei movimenti e tra i gruppi dirigenti dei partiti.
Senza dubbio l'appello ha avuto un riscontro nella "generosità" con cui i promotori hanno superato alcune difficoltà organizzative. A quella generosità si deve una buona parte del successo registrato. Rimane tuttavia il problema di come proseguire e come modificare quello che ha funzionato meno sabato scorso.

Per quanto mi riguarda e per quello che posso fare, insieme al Movimento politico per la sinistra con cui ho lavorato per costruire la manifestazione, ritengo necessario proseguire nel tentativo di far dialogare punti di vista critici e soggettività differenti alla costruzione di un programma di opposizione condiviso.
Ritengo infatti, che nonostante il lavoro fatto in termini teorici, specialmente dal gruppo che ha prodotto il documento di "pensare a sinistra" presentato a Firenze nel luglio scorso, si riesca ancora poco a dimostrare la volontà di un serio cambiamento rispetto alla natura "patriarcale" della sinistra che, anche nel linguaggio, non sa riconoscere la differenza tra uomini e donne, basti citare il pervicace insistere sul "maestro" unico in un paese in cui circa il 90% del personale insegnante delle elementari è costituito da donne.

Proprio nel costruire la manifestazione ho riscontrato come sia difficile sfuggire al meccanismo di "coazione a ripetere " della pratica politica. Mi fa, comunque, piacere che il dilagare di bandiere rosse che sembra scontentare alcuni sia la risposta a un appello che nomina tra i punti fondamentali dell'opposizione: la pace, l'ambiente, la lotta al razzismo, la lotta alla violenza contro le donne, la pari dignità e l'uguaglianza per le richieste di soggetti gay lesbiche trans e queer, la democrazia e la difesa della libertà di informare. Forse è poco, ma dopo una stagione difficile di congressi dei partiti della sinistra ex arcobaleno, non era del tutto scontato.

Certamente è difficile trasformare dalle semplici parole in spostamenti simbolici, soprattutto in assenza di una pratica politica diffusa. Lo abbiamo visto anche tra di noi femministe, presenti, ma non visibili collettivamente, così come sono state poco visibili le altre soggettività chiamate in causa dall'appello.
Questo è indubbiamente un danno per la sinistra tutta. Infatti, saper mostrare e dimostrare la capacità di cambiamento in primo luogo di noi stessi e di noi stesse, ma anche delle nostre pratiche è, a mio parere una soglia ineludibile per il prossimo futuro.

Sono ormai più di due anni che, soprattutto grazie al lavoro svolto da Liberazione, cerchiamo di dare corpo e voce alla necessità di alimentare il dialogo tra le molte anime della sinistra in modo da trovare forme di connessione che rendano più incisivo il nostro agire politico.
Mi sembra dunque, necessario continuare in quella direzione, anche e soprattutto dopo una manifestazione che ci ha regalato un attimo di respiro e che ci impegna a farci carico di essere "opposizione" insieme .


questo articolo è apparso su Liberazione del 14 ottobre 2008

home