Intervento allo Sconvegno : quali soggettività femministe
oggi

Ma alle donne piace il potere?

di Agnese Seranis


In un intervento si poneva la domanda : Ma a noi il potere interessa? La domanda sembrava retorica e no la risposta data per scontata. Da vecchia femminista quale sono non è questa la prima occasione in cui mi domando quel noi a chi si riferisce e se la domanda sul potere, così posta, non sia troppo superficiale e la risposta inadeguata.


L'universo femminile a cui apparteniamo, oggi, è molto più variegato di come appariva negli anni '70 e molte donne hanno reagito ad una offerta di emancipazione da parte della società aderendovi totalmente. Si è, così, dato spazio e si è conferito ad alcune donne anche ruoli di altissima responsabilità nel mondo politico o nel mondo economico. Mi riferisco, come esempi limiti, al principale consigliere per la sicurezza nazionale degli USA, Condoleezza Rice, o all'incaricata - di cui non ricordo il nome - di scrivere i discorsi di G. Bush, il presidente della Prima Potenza Mondiale o all'amministratrice delegata della multinazionale HP-Compaq o… dobbiamo ricordare Margaret Thatcher o Madeleine Albright?

Gli uomini, dunque, hanno attratto dalla loro parte donne sicuramente di grande intelligenza e ambizione. La percentuale delle donne di potere è bassa ma è sufficiente per affermare che, sì, anche alle donne interessa e piace il potere. Dobbiamo disconoscerle come appartenenti al nostro stesso sesso?

Vi è un altro potere, il cui esercizio non è così visibile come quello politico ma surretiziamente, a mio avviso, persino più determinante - e quindi pericoloso - per l'evoluzione della forma che si darà, domani, la società umana. A questo potere le donne sembrano associate da una complicità di cui non riesco a valutare la reale consapevolezza ché è un percorso che include la possibilità di una disgregazione non solo psicologica ma anche fisica della nostra identità femminile.

Nel numero 434 di Internazionale del 26 aprile 2002 è apparso l'articolo 'Addio al ciclo' scritto da Sylvia Pagan Westphal. Il titolo anticipa ciò che si trova all'interno dell'articolo, ossia vengono riportati i risultati di ricerche biomediche che si ripromettono di offrire alle donne delle pillole per intervenire sull'equilibro ormonale che presiede il ciclo mestruale così da poterlo sospendere per periodi indeterminati. A queste ricerche hanno partecipato e partecipano scienziate che si dicono certe che le donne saranno felici di poterne usufruire così da non dover essere impedite, a causa di questo disagio mensile, nella loro corsa al successo.

Su quasi tutti i giornali appaiono, di tanto in tanto, notizie relative agli studi e alle sperimentazioni del ginecologo-scienziato Severino Antinori per ottenere la clonazione di un essere umano, dal cui successo, io suppongo, si attende un Nobel. Per tali sperimentazioni Antinori abbisogna di donne disposte a offrire ovociti o il proprio utero: pare che non abbia alcun problema a reperirne!

La clonazione è l'ultimo visibile atto di un percorso di studi e ricerche per gestire l'intero processo riproduttivo così da renderlo possibilmente, domani, totalmente esterno al corpo della donna. In questo settore di ricerche avanzate pare che siano presenti molte scienziate che condividono entusiasticamente gli obiettivi che la scienza si è data. Mi chiedo se queste scienziate abbiano riflettuto a sufficienza sulle conseguenze che il raggiungimento di questi obiettivi avrà sulle appartenenti al loro stesso sesso.

'Noi' siamo d'accordo con 'Loro'? E 'noi' dobbiamo ignorarle, considerando 'loro' una minoranza irrilevante o, semplicemente, rinnegandole come appartenenti al nostro stesso sesso?

Certo questi temi, così complessi, del potere o delle complicità che, comunque, significano anche assunzione di responsabilità, richiederebbero più di un foglio A4 ma io voglio solo gettare un sasso per incrinare la tranquilla acquiescenza dell'adesione femminile al mondo maschile o di indurre un ripensamento su una scelta di autoemarginazione individuale o di suscitare la voglia di interrogarci e di creare delle occasioni per confrontarci con 'loro', prima che il futuro delle nostre figlie sia ineluttabilmente determinato mentre noi ci compiaciamo delle nostre vite alternative.


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