di Paola Splendore
La recente raccolta di Einaudi propone sette racconti scelti da Anna Nadotti e affidati all’ottima resa delle due traduttrici. Se, come afferma Nadotti nella postfazione, non è stata impresa da poco scegliere i testi, ancora più arduo sarà stato rendere il particolare mélange linguistico in cui scrive Devi, un bengali ‘contaminato’ da termini hindi, inglesi, e soprattutto da locuzioni dei vari dialetti tribali. Una lingua viva, aspra, veloce, qua e là attraversata dalle osservazioni ironiche della voce narrante, una lingua che ha contribuito in maniera decisiva al successo dell’autrice. Con
La preda siamo lontani dai temi e dagli ambienti cui ci ha abituati la
narrativa indiana contemporanea in lingua inglese, spesso concepita per il
pubblico occidentale, basata su intrecci matrimoniali fatti in serie,
storie di condomini brulicanti e litigiosi e ritratti di donne inquiete
delle grandi città. Qui siamo nelle regioni più interne dell’India
orientale, nel fitto della giungla e della foresta, dove vivono, con
leggi, costumi e lingue proprie, le popolazioni discendenti dei primi
abitanti dell’India, che oggi rappresentano un sesto della popolazione
totale del subcontinente. E’ a loro che Devi ha dedicato tutta la sua
opera di scrittrice e attivista politica, opera e impegno per cui ha
ricevuto, oltre a vari riconoscimenti letterari, l’equivalente indiano del
premio Nobel per la pace, il Magsaypay. Sono i personaggi femminili quelli che colpiscono più profondamente, figure di grande forza, capaci di passioni e di autodeterminazione, e a cui Mahasweta Devi dà maggiore spazio e simpatia, a partire da Draupadi, protagonista del primo racconto, forse la più famosa delle sue eroine, anche grazie alla traduzione inglese di Gayatry Spivak, altra importante intellettuale bengalese. Nella storia, ambientata all’epoca delle lotte naxalite per la rivendicazione di un pezzo di terra, Draupadi è una donna della tribù santal ritenuta una pericolosa terrorista che, dopo essere stata catturata e violentata, in un gesto estremo di oltraggio all’autorità, si presenta nuda davanti al capo della polizia che ha consentito lo scempio del suo corpo, svilendo la sua autorità e virilità. Mary, la fiera meticcia protagonista del racconto che dà il titolo alla raccolta, uccide a colpi di machete un commerciante di legno che la importuna con le sue profferte. Facendogli credere di accettarle, Mary lo adesca nel folto della foresta trasformando così il predatore in preda, ‘la bestia più grossa’.
MAHASWETA DEVI, La preda,
tratto dalla segnalazione pubblicata su L'INDICE DEI LIBRI DEL MESE , n. 5, giugno 2004
|