Le radici della prostituzione

di Agnese Seranis


Artemisia Gentileschi

 

(Il cacciatore disse) : "È lui, o Shamkhat, denuda il tuo seno,/allarga le tue gambe perché egli possa penetrarti./Non lo respingere, abbraccialo forte,/egli ti vedrà e si avvicinerà a te./Sciogli le tue vesti affinché egli possa giacere sopra di te;/ dona a lui , l'uomo primordiale, l'arte della donna."
I versi precedenti sono tratti da La saga di Gilgamesh, opera giuntaci frammentaria e anonima, scritta nel periodo della civiltà sumerica approssimativamente nel 2000 a.C. e dunque circa 4000 anni fa. Shamkhat è una prostituta che viene inviata - per disegno degli Dei - ad addomesticare Enkidu, l'uomo selvaggio, destinato ad essere prima rivale e poi amico di Gilgamesh.
Il fatto che in un'opera poetica, databile circa a 4000 anni fa, si parli di una prostituta significa che le donne pubbliche erano già presenti in quell'organizzazione sociale; forse, da molto tempo prima, anche se non è facile azzardare la data d'inizio di questa attività.
Tamara Di Davide, invece, non si tira indietro di fronte a questa difficoltà e, nel suo libro, ci propone una lettura della Storia Umana ritornando indietro sino a circa …diecimila anni fa, quando l'uomo ebbe la consapevolezza del suo indispensabile ruolo nel generare , e iniziò a sentirsi "Dio"… Le donne, di conseguenza, nel corso del tempo sono state sopraffatte… dalla violenza della cultura maschile fino all'annullamento di sé, del proprio corpo e/o della propria anima…
Nel libro Le radici della prostituzione siamo così condotte attraverso i secoli, le istituzioni sociali e religiose sino ai giorni nostri. Con strumenti diversi, di repressione esplicita o in modo surrettizio, la donna è stata/si è sottoposta all'uomo, afferma Tamara Di Davide. E il dominio esercitato dalla cultura maschile ha trovato la sua metafora più chiara nella prostituzione femminile.

L'autrice diventa , capitolo dopo capitolo, sempre più esplicita nel disegnare un'organizzazione sociale in cui solo apparentemente individua, con lo scorrere del tempo, un'evoluzione dei ruoli che hanno giocato/giocano uomini e donne. Di fatto l'uomo è sempre stato/è lo stupratore mentre le donne sono sempre state/sono le vittime di questo stupro, quand'anche siano mogli o prostitute per libera scelta, perché: la donna non ama l'uomo, non lo ama perché l'uomo è indegno d'amore.
L'uomo, afferma l'autrice, ha costantemente agito per dividere le donne, offrendo privilegi alle belle e alle ricche e schiacciando le brutte e le povere. E ha operato, insieme, un'altra suddivisione, trasversale alla prima, in modo da opporre le donne-mogli alle donne-prostitute. Tutte, comunque, preposte ai suoi bisogni: di accudimento, di soddisfacimento dei propri appetiti sessuali e per l'assicurazione di una sicura discendenza.

La lettura del libro suscita, così a me è accaduto, una certa irritazione per il linguaggio assertivo di ogni tesi dell'autrice e perché la donna, che emerge nei suoi diversi ruoli, è rappresentata principalmente come vittima, incapace di sottrarsi alla tentazione dello scambio corpo-soldi o corpo-sicurezza sociale con la controparte maschile; incapace, infantilmente, di assumersi la responsabilità delle proprie scelte.
Io non sono d'accordo su molti punti del libro.
Non credo che si possa affermare che la donna non ama l'uomo: esiste la passione amorosa, anche quella squisitamente fisica; la relazione uomo-donna, fortunatamente, si stabilisce anche a seguito di un reciproco desiderio. E, dunque, non si può affermare che l'uomo è sempre uno stupratore. E, in relazione alla prostituzione, le donne che la praticano come scelta sembrano, dalle pubblicazioni in merito, completamente consapevoli dell'attività che esercitano. E, dunque?

All'incontro di Modena del 1998, Pia Covre e Carla Corso del Comitato diritti civili per le prostitute hanno ribadito che molte donne scelgono liberamente il mestiere che loro stesse hanno esercitato per decine d'anni. Pia Covre, nel suo intervento, dice esplicitamente: …quando io facevo la prostituta mi sono divertita, mi è molto piaciuto; se dovessi tornare indietro lo rifarei e lo rifarei anche cominciando prima…
Ed è del 4/2/2003 un articolo della Stampa, dal titolo Io voglio vendermi, in cui viene affermato il diritto, in regime di democrazia, di scegliere il sesso come professione.
Il 5/3/2003 su La Stampa è apparso un altro articolo relativo alla chiusura di un alloggio a Torino in cui si esercitava una prostituzione di alto livello; la tenutaria confessa al giornalista, nel corso dell'intervista, che rimpiange quel tempo perché:… qui ho passato momenti indimenticabili della mia vita.
Allora, oggi, mi sembra alquanto discutibile l'affermazione che la prostituzione sia un generale esercizio di violenza, "di stupro", da parte degli uomini! Detto questo, certo, restano aperte molte problematiche relative alla sessualità - o dobbiamo usare il plurale, le sessualità?- che si giocano nel rapporto uomo-donna, uomo-uomo, donna-donna. Sarà significativo che non esista - che io sappia- una prostituzione omosessuale al femminile?

Il femminismo degli anni '70, scrive ancora Tamara Di Davide, ha cercato sì di attaccare lo stereotipo moglie-madre , ma ha anche attaccato lo stereotipo donna-oggetto di piacere. Cosa è successo negli anni ottanta?Io non credo che il femminismo si sia diviso, chi a favore chi contro la prostituzione e la pornografia. Credo che il femminismo sia stato venduto! E più avanti: Il femminismo non ha avuto, secondo me, né lo spessore morale, né la consapevolezza storica dell'oppressione femminile per vigilare che non fosse venduto, visto che questo è il minimo che gli potesse capitare dati i facoltosi acquirenti…(??:il punto di domanda è mio!).

Non voglio neppure iniziare a contrastare queste opinioni così nette, che stigmatizzano perentoriamente un movimento che, pur nei suoi chiaroscuri e nelle sue contraddittorietà, ha suscitato in tante donne il desiderio di un percorso per ritrovare autenticamente se stesse.
Per ritornare, ora, più specificatamente al tema del libro, una sezione di questo è dedicato al programma del Comitato etico Donne in lotta contro la prostituzione, fondato da Tamara Di Davide, che si articola in tre punti di cui il primo chiede la ridefinizione giuridica della prostituzione come "uno stupro a pagamento" ; vi è, inoltre, una proposta di lotta alla prostituzione il cui primo atto è la richiesta di una legge che persegua il "cliente" stupratore.

Come l'autrice del libro, anch'io amerei veder sparire il cosiddetto più antico mestiere, tuttavia non credo che l'obiettivo si possa raggiungere con mezzi coercitivi ma, piuttosto, con una graduale presa di coscienza delle donne che ne hanno fatta una scelta di vita, perché ritengo [in una precedente recensione ho più in dettaglio espresso le mie ragioni] che tale scelta sia segno di una illusoria libertà.
Sebbene, per quanto detto precedentemente, non condivida molta parte delle affermazioni del libro, tuttavia, ritengo che il libro di Tamara Di Davide sia meritevole per aver posto il fenomeno della prostituzione femminile e del suo superamento come centrale al fine di una trasformazione dei rapporti uomo-donna e, dunque, della necessità di una riflessione più approfondita, di quanto non si sia fatto sino ad ora, sulla prostituzione femminile: argomento così spinoso per le coscienze, degli uomini e delle donne, che si preferisce rimuovere. E mi riferisco alla prostituzione esercitata per scelta. Di fatto, anche nel Convegno tenutosi a Modena nel 1998, si è discusso della prostituzione coatta, della tratta delle giovani, in particolare minorenni, ecc. Si è discusso ampiamente dell'attività delle organizzazioni delle Unità di strada per un'educazione sanitaria delle prostitute e di un suo possibile miglioramento. Ma il tema della prostituzione femminile per scelta è rimasto ai margini.

È facile parlare della prostituzione coatta perché si tratta di un chiaro reato contro la persona, quale un omicidio.È, invece, molto più difficile, soprattutto per noi donne, affrontare il tema della prostituzione per scelta perché invoca un lavoro di scandaglio di zone d'ombra dell'identità della donna che, forse, temiamo di illuminare. Mi sono imbattuta io stessa in questo timore quando, alcuni mesi fa, Il paese delle donne ha ritenuto impubblicabile la recensione, in nota, di due libri che, attraverso la testimonianza di prostitute, trattavano di questo fenomeno.

Tamara Di Davide
Le radici della Prostituzione
Macro Edizioni, 2002